La pubalgia è una patologia la cui epidemiologia resta poco chiara, soprattutto in ragione della
complessità di tipo anatomico della regione pubica e del frequente sovrapporsi, al quadro clinico,
di altri tipi di patologia (Bouvard e coll., 2004). Anche il termine stesso di pubalgia si presenta,
secondo alcuni Autori, come ambiguo, o per lo meno riduttivo e comunque non consono alla
complessità della patologia in questione (Vidalin e coll., 2004). A dispetto di questa "disomogeneità concettuale", sia in termini diagnostici, sia per ciò che riguarda i possibili interventi
terapeutici, la pubalgia è divenuta, da patologia tipica dei soli atleti di alto profilo agonistico, un
problema sempre più diffuso ad ogni livello sportivo, tanto da interessare attualmente soprattutto
gli atleti di livello intermedio, in ragione delle condizioni di pratica spesso non idonee ad una sua
prevenzione (Puig e coll., 2004). La prima diagnosi di pubalgia si deve a Spinelli e risale a più di settanta anni fa (Spinelli, 1932), da allora non ha mai smesso di suscitare polemiche interpretative
e concettuali (Irschad e coll., 2001). Da quanto reperibile in bibliografia, in Europa le attività
sportive maggiormente a rischio sarebbero rappresentate in primo luogo dal football e, ad un
livello minore, dall' hockey, dal rugby e dalla corsa di fondo (Arezky e coll., 1991; Berger, 2000;
Durey e Rodineau, 1976; Durey, 1987; Ekstrand e Hilding, 1999: Gibbon, 1999; Gilmore, 1998, Le
Gall, 1993; Volpi, 1992; Gal, 2000) . Tuttavia, occorre sottolineare che nessuno dei lavori citati,
rapporta l'incidenza della patologia al numero dei tesserati nelle varie discipline sportive in
questione, e che, soprattutto, la maggior parte di questi studi sarebbe scartata se si seguissero i
criteri minimi di una meta analisi (Orchard e coll., 2000). In ogni caso nell'ambito del calcio
esistono senza dubbio molti gesti tecnici che possono favorire l'insorgenza della patologia: salti,
dribbling, movimenti di cutting in generale, contrasti in fase di gioco effettuati in scivolata (e quindi
con gamba abdotta e muscolatura abduttoria in tensione), costituiscono indubbiamente dei fattori
che causano forti sollecitazioni a livello della sinfisi pubica, innescando un meccanismo di tipo
sinergico e combinato tra muscolatura abduttoria ed addominale (Benazzo e coll., 1999). Oltre a
ciò, il gesto stesso del calciare e la corsa effettuata su terreni che possono risultare in un certo
qual modo sconnessi, costituiscono ulteriori fattori di intensa ed abnorme sollecitazione funzionale
della sinfisi pubica (Benazzo e coll., 1999; Scott e Renström, 1999). Sempre a questo proposito è
importante ricordare la teoria formulata e proposta da Maigne (1981), basata sullo squilibrio
funzionale nel quale si trova ad operare meccanicamente la colonna del calciatore costretto, dalle
esigenze biomeccaniche di gioco, ad un costante atteggiamento iperlordotico. Questa particolare
situazione provoca, a livello della cerniera dorso-lombare, un conflitto tra le articolazioni vertebrali
ed il piccolo ed il grande nervo addomino-genitale, responsabile, quest'ultimo, dell'innervazione
sensitiva della regione inguinale. (Fonte: Gian Nicola Biscotti, http://www.sportmedicina.com/). - articolo letto 1759 volte