Uno degli allenatori che si è guadagnato il rispetto degli addetti ai lavori negli ultimi anni è sicuramente Maurizio Sarri, nato a Napoli nel 1959, ma toscano a tutti gli effetti.
Nell’arco di 5 stagioni calcistiche l’ex funzionario di banca della provincia aretina ha realizzato il suo sogno: diventare un allenatore professionista, mettendo da parte i conti correnti e i bonifici degli altri, e cimentandosi con altri tipi di numeri.
A proposito di numeri, ve ne sono alcuni che gli rimangono addosso come una seconda pelle.
Uno dei suoi soprannomi, infatti, è Mister “33 schemi”, ovvero il numero di stratagemmi, ad occhio e croce, che sarebbe in grado di applicare su palle inattive.
Ma è anche l’uomo di un particolare modulo 4-4-2, basato sulla spinta degli esterni, con difesa alta, due mediani di contenimento a fare da diga al centro e in avanti una punta e una mezzapunta.
Sebbene nel calcio sia difficile inventare qualcosa, si può dire che questa variante del modulo all’inglese è stata ben interpretata dal tecnico toscano.
Sarri inizia la sua avventura calcistica nello Stia (Ar), in seconda categoria. Scala, a suon di vittorie e di promozioni sul campo, le varie categorie dilettantistiche, arrivando in Eccellenza, in serie D, e, nell’anno 2003/2004 alla Sangiovannese. Quell’anno centra l’obiettivo dichiarato del presidente Arduino Caprini e raggiunge uno splendido secondo posto che vale la C1. Due anni dopo lo richiede il Pescara, ripescato per l’ennesima volta in serie B. Nonostante una situazione societaria difficile e una preparazione atletica iniziata tardi, Sarri, alla fine del campionato, si toglie la soddisfazione di centrare l’undicesimo posto esaltando diversi giocatori outsiders scartati e dati in prestito da altri club di serie B. Gli anni successivi sono meno ricchi di soddisfazioni. Degna di nota però è la doppia partita di coppa Italia con il Milan: Sarri, alla guida dell’Arezzo, vede sfuggire la qualificazione per colpa di un errore arbitrale che annulla un gol regolare della sua squadra in finale di partita. Sergente di ferro preciso e testardo, mostra queste sue caratteristiche nel bene e nel male. Sono doti che gli hanno consentito di andare lontano, ma che gli hanno anche fatto perdere alcune partite: quando il suo gioco non funziona, Sarri raramente cambia l’assetto della squadra.
Il modulo 4-4-2 alla Sarri
Il 4-4-2 può essere applicato in diversi modi, e può prestarsi ad atteggiamenti tattici e a schemi molteplici.
Il gioco alla Sarri, innanzitutto, cura meticolosamente la preparazione atletica. Gli esterni di centrocampo devono correre tanto, distruggere e costruire il gioco, saper fare contenimento ma anche spingersi avanti. Sono, in definitiva, le pedine chiave di questo modulo.
I due giocatori al centro sono sue mediani puri di rottura, devono essere il lucchetto di fronte alla difesa: recuperare i palloni e lanciare il pallone subito alle punte o alle ali.
Si tratta, tutto sommato, di un modo di giocare semplice, che passa attraverso due scelte:
1) Lancio lungo del mediano verso la punta, che devia lateralmente di testa il pallone in favore di un compagno, il quale a sua volta deve essere pronto a concludere in porta.
2) Affondo di uno dei due esterni, che crossa al centro o conclude, talvolta, in porta. E’ un modulo che da modo spesso agli esterni a segnare: ne sa qualcosa Daniele Croce, autore di un campionato col Pescara, quello del 2004/2005, giocato a livelli stellari.
Il lato debole di questo gioco è che trascura la fase di possesso della palla. E’ necessario, a volte, quando si sta vincendo e bisogna mantenere il risultato, rimanere in possesso del pallone e farlo girare, avanzando più con degli affondi palla al piede che con lanci lunghi. - articolo letto 6336 volte