95° Tour de France – La consacrazione di Carlos Sastre
Il corridore spagnolo precede sul podio l’australiano Evans -la cui “tattica dell’Acqua cheta” non paga- e la rivelazione austriaca Kohl. Ennesimo disastro per l’Italia, con Riccò –precipitato nel baratro del doping- e Cunego a farsene portavoce.
1. SASTRE Carlos TEAM CSC SAXO BANK
2. EVANS Cadel SILENCE - LOTTO + 01' 05"
3. KOHL Bernhard GEROLSTEINER + 01' 20"
4. MENCHOV Denis RABOBANK + 02' 00"
5. VANDEVELDE Christian GARMIN CHIPOTLE + 03' 12"
6. SCHLECK Frank TEAM CSC SAXO BANK + 04' 28"
7. SANCHEZ Samuel EUSKALTEL - EUSKADI + 06' 32"
8. KIRCHEN Kim TEAM COLUMBIA + 07' 02"
9. VALVERDE Alejandro CAISSE D’EPARGNE + 07' 26"
10. VALJAVEC Tadej AG2R-LA MONDIALE + 09' 12"
L’ultimo scalatore puro (nonché l’unico italiano negli ultimi 43 anni) ad impadronirsi del Tour era stato Marco Pantani. Il pirata con un’impresa epica sul Galibier era riuscito ad eludere il gap che soffriva nei confronti di Ullrich nelle prove contro il tempo. Dopo 10 anni un’impresa simile, nella forma ma non nei contenuti, l’ha fabbricata lui, Carlos Sastre, corridore spagnolo della CSC da anni nella breccia ma alla ricerca della consacrazione da fuoriclasse del pedale. Per sconfiggere la concorrenza di Evans, specialista delle cronometro e nel contempo abile a non perdere terreno in salita specie quando non viene sollecitato da attacchi di una certa consistenza, non bastava difendersi sulle montagne ma doveva attaccare e possibilmente rifilare all’australiano un bel po’ di secondi. Dopo un Tour che si apprestava ad incoronare un non irresistibile Evans, ecco avvenire sull’Alpe d’Huez quello che ormai non t’aspetti più di tanto: l’attacco di uno dei protagonisti assoluti della Generale. Che Evans andasse in crisi senza qualcuno che ne agevolasse in qualche modo la resa non era quasi più preventivabile. E chi voleva scalzarlo dai favori del pronostico avrebbe dovuto compiere la classica impresa da scalatore. Ci ha provato e riuscito alla grande il già citato Sastre, l’unico a scuotere dal torpore un Tour sin troppo scontato, senza colpi di scena od azioni di rilievo. Pertanto l’impresa di Sastre mette a nudo l’inadeguatezza del l’australiano e company a reggere il confronto con i veri scalatori. Il Tour questa volta non può decidersi a cronometro come era nelle intenzioni di Evans. Ci ha pensato Sastre, raggiungendo la definitiva consacrazione, a far cambiare registro ad una corsa che negli ultimi anni non regalava più suggestioni forti se non in qualche sporadica circostanza, magari più per l’assenza di un leader che per la presenza di campioni che non fossero tali solamente a cronometro, specialità lungi dal dispensare emozioni, inversamente alle montagne, esse sì ineguagliabili nell’elargire eroiche pagine di ciclismo. La vittoria di Sastre, 3^ consecutiva per uno spagnolo, pone l’accento su una nuova realtà dello sport Mondiale, la Spagna appunto, una Nazione sino ad un decennio fa avulsa dal Grande Sport ed adesso una autentica potenza in ogni disciplina che si rispetti, dal calcio –dove si sono appena fregiati del titolo continentale rompendo un tabù lungo decenni- alla Formula 1, dal Basket al Tennis. E naturalmente al ciclismo dove sta spopolando sia nelle corse di un giorno che in quelle a tappe, dalla Milano Sanremo al Tour, passando per il Giro d’Italia e la Vuelta. Chi vorrà raggiungere gli onori della storia d’ora in poi si troverà spesso e …non volentieri a dover fare i conti anche o soprattutto con la nuova Nazione emergente dello sport, la Spagna.
Sul gradino più basso del podio di questa edizione della Gran Boucle vi sale l’austriaco Bernardh Kohl, un semi sconosciuto ai più, ma che in questa edizione della Corsa Gialla ha dimostrato di avere classe da vendere, sicuramente uno con cui dover fare i conti nei prossimi anni. Và male a Franck Shleck che non è riuscito a dare seguito ai suoi sforzi profusi per salire perlomeno sul podio rovinando tutto nell’ultima disastrosa cronometro. Per quanto concerne i colori italiani sarebbe meglio stendere un velo pietoso, tuttavia i nostri doveri di cronaca ci impongono qualche disquisizione in merito. Naturalmente l’emblema della nostra disfatta non può che essere Riccardo Riccò, paradossalmente colui che ci avrebbe dovuto riportare ai fasti di un tempo e che invece non ha fatto altro che –dopo averci opportunamente illuso- farci piombare nel baratro in una maniera imperdonabile. La sua positività all’Epo ha scosso l’intero movimento italiano, deturpandone l’immagine. Confidavamo in lui per metterci alle spalle le delusioni racimolate negli ultimi Tour: è stato proprio lui invece a farci rivedere gli spettri di Pantani, Frigo e Basso. Quanto agli altri corridori eravamo fiduciosi in Cunego ma il vincitore dell’Amstel Gold Race 2008 ha rasentato il fondo: dalla possibile consacrazione alla concreta possibilità di aver soltanto deluso le aspettative forgiando un iperbato dissacrante per se stesso e l’Italsport tutto. Così l’appuntamento con la gloria è per noi rigorosamente rinviato, per una situazione che ha ormai del grottesco. - articolo letto 207 volte