La pulce e la formica (atomica). Alla fine ci sarà pure una morale in questa storiella olimpica fatta di soprannomi minuscoli ed esplosivi, di centimetri trasparenti e di giochi di prestigio. Leo Messi e Sebastian Giovinco, 21 anni a testa, hanno fatto un gol per ciascuno prima ancora della cerimonia d'apertura dei Giochi di Pechino. E hanno sgretolato nella semplicità di un tocco al pallone quell'accozzaglia di regole non scritte, leggine e sentenze, luoghi comuni e pregiudizi che vestono i panni del cattivo della favola. Una presa in giro bella e buona la prima giornata del calcio olimpico. All'altezza, appunto, delle bassezze del destino. L'argentino si è impuntato di brutto per partecipare alle Olimpiadi, strattonato dalla Nazionale e dal Barcellona che gli paga lo stipendio. Alla fine ha vinto lui e basta. «Io sto qua». E segno, ha aggiunto senza parlare contro la Costa d'Avorio: gol e assist. Ma lui a 21 anni è già una star. Titolare del Barca, mica riserva della Juve. In Italia, si sa, fai la gavetta e puoi essere «atomico» quanto vuoi, ma se sei giovane e piccolo resti formica e basta. Per cui Giovinco, che con il suo metro e 64 è solo 5 centimetri più basso della pulce, è costretto a mettersi simbolicamente una spanna in testa quando esulta. Come fai a parlare di «fuori quota» con uno così. Quota è un concetto di rimbalzo: lui è basso ma in alto ci manda l'Italia. Ora si gode le eco dei paragoni: «Assomiglia a Baggio e Antognoni», solo l'ultima. E nonostante una sana professione di modestia e retorica per l'Italia è ancora una promessa formicolante. Ma un destro che tira di sinistro nel sette honduregno come avesse una fionda nel piede e poi dice «devo ancora migliorare nelle conclusioni», è uno che ha capito come funziona: lavoro e poche chiacchiere. E gol (6), e pagelle altissime per un campionato intero all'Empoli. Per tornare nella sua Juve a cercarsi uno spiraglio. Non che le vicende della pulce siano state tanto più facili di quelle della formica. Anzi... Già talentuoso «nino» dei Newell's Old Boys, a Messi viene diagnosticato un deficit di «Gh», l'ormone della crescita tanto abusato per doping. Il Barcellona si offre di pagarne le cure mediche e riesce a mettere sotto contratto il nuovo Maradona. Ecco il suo paragone, ingombrante sì, ma coperto, nelle pressioni e nelle aspettative, dalla presenza di Ronaldinho. Lì in Spagna usano fregarsene della carta d'identità. Se giochi bene, giochi. Giovinco è cresciuto - si fa per dire - tra i «pulcini» bianconeri. Dieci anni per sfondare. In un parallelo di classe a distanza: «Alla playstation scelgo sempre il Barcellona- diceva lui un anno fa- perchè c'è Messi, e anche perchè non c'è ancora nessuna squadra con dentro Giovinco. Il giorno che ci sarà giocherò solo con questa». Ora c'è, e si chiama di nuovo Juve. Con la Champions e una concorrenza di muscoli tosti come il granito. Nedved è il suo coperchio. Pesante, anche se hanno aggiornato le rose dei videogame. Ma i club, ora, sono lontani mezzo mondo da Pechino. L'Olimpiade è cosa loro. Argentina, Italia e pure il Brasile. Di Messi, Giovinco, e pure Pato. La pulce, la formica e il papero. La morale della favola è in una medaglia d'oro: un sogno con le «mezze misure». - articolo letto 400 volte