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2008-09-29

Bettini appende la bici al chiodo. Rivivendo i titoli che lo hanno reso Leggenda...


L’Italia torna, con Paolo Bettini, sul tetto del Mondo con l'apoteosi del “grillo”. A vincere è stato anche il ciclismo, troppo spesso, negli ultimi anni, “offuscato” da affermazioni di corridori estranei al proscenio che conta.…
Dopo tante cantonate, decretate da necessità che di certo non hanno prodotto qualità al movimento nostrano, tutti noi avevamo maturato un certo pessimismo in materia “Mondiale di ciclismo”.
E come darci torto?
Nell’ultimo decennio avevamo alzato la bandiera tricolore sul pennone più alto solamente in un’occasione grazie al Mostro Sacro Cipollini, il quale nel ’02 interruppe un digiuno esasperante per i nostri colori tradizionalmente ben ricompensati dalla prova su strada professionisti.
Quest’astinenza prolungata andava quasi contro le logiche della legge del più forte, visto che spesso e volentieri ad imporsi nella gara più importante dell’anno non erano dei nomi rinomati e blasonati, anzi in certi casi addirittura ad iscrivere il proprio nome nell’albo d’oro erano corridori sconosciuti, e neanche dopo l’affermazione che sarebbe dovuta coincidere con il principio della gloria, costoro riuscivano a ritagliarsi uno spazio nella storia del ciclismo in maniera da spiegare in un certo qual modo un simile riconoscimento, anche se a ben pensarci è più platonico che reale, contrariamente al Tour che sulla carta non è un Mondiale ma in pratica si erge ad un esame di Laurea di massima ambizione per Mostri Sacri degni di tale appellativo.
E di certo vittorie racimolate dai vari Kamenzind, Astarloa, Vainsteins o piazzamenti da medaglia rispondenti ai nomi di Geslin, Robin, Hauptman non hanno fatto onore ad una competizione di tale caratura. E al semplice convincimento che i percorsi non erano proprio da Mondiale è subentrata la certezza “matematica”: a parte qualche eccezione (come quest’anno, a Salisburgo) a distribuire la gloria assoluta, tale da far entrare il corridore vincente nel Regno dei campioni leggendari, sono stati, specie nell’ultimo decennio, tracciati a dir poco elementari.
Forse troppo per pretendere l’omaggio della Regina del ciclismo, l’Italia che per uno scherzo del destino, tale da giustificare persino questa mia ironica affermazione, non ha racimolato che briciole, lasciate in primis dalla Spagna, semi incontrastata nell’ultimo lustro. Quest’anno che il percorso prescelto presentava qualche saliscente… “di grido” a noi degno, ecco che ad accaparrarsi la corona è stato uno dei più forti passisti veloci d’ogni era: Paolo Bettini.
Il fuoriclasse toscano, dal soprannome -grillo- che è tutto un programma, ha vinto, nel corso della sua gloriosa carriera degna di un campione con C maiuscola, praticamente tutto: dall’Olimpiade alla Sanremo, dalla Liegi Bastone Liegi al Lombardia. A parte la Roubaix e qualche altra classica del Nord il Titolo Mondiale era l’ultimo alloro che era in difetto nel suo carniere dorato.
Sul traguardo il capitano della squadra azzurra (c.t. ancora Ballerini, al suo 2° titolo planetario, oltre all’Olimpiade ateniese) ha preceduto, dopo una fughina a 3 principiata a ½ km circa dall’epilogo, il solito sempreverde Zabel e colui che alla vigilia era dato favorito su tutti, Valverde (Spagna), con una progressione finale da brivido, in linea con la nostra consuetudine che ci deve vedere compiutamente soffrire prima di ottenere qualcosa di estremamente lusinghiero.
Così l’Italsport 2006, al titolo intercontinentale calcistico e, in ambito donne, tennistico, incorpora anche quello ciclistico, per un tris d’assi che potrebbe presto divenire poker se prevalessimo anche nella F1, dove la Ferrari è in piena lotta per i titoli Piloti e Costruttori…
Il successo n° 17 al Mondiale ci ripaga di tante delusioni, rimediate storicamente e anche nell’anno in corso, dove prima di questo tripudio d’onore eravamo riusciti ad imporci “esclusivamente” nella Milano-Sanremo (Pozzato), racimolando amarezze su amarezze, specie a causa del caso di sospetto doping inerente il nostro faro principe Basso, sul quale ripiegavamo ogni speranza di podio al Tour, ed all’infortunio di Petacchi che lo ha di fatto privato di una stagione di possibili successi apprezzabili. Speriamo che il prossimo anno non abbia ad identificarsi per noi unicamente in 2/3 gare, seppur d’ampia risonanza. L’Italia, quest’Italia, è all'altezza di procacciarsi ben più trionfi.
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