L’ultima curva prima del rettilineo finale. La resa dei conti di uno dei campionati più difficili e sofferti della storia del Bologna. Tanti pensieri e possibilità, l’ennesimo esodo dei tifosi più innamorati del mondo. La prova d’appello decisiva davvero, per una squadra che lentamente sta agonizzando e non si illude che da altre sponde arrivi un aiuto insperato. Perché poi, il Bologna sinceramente non sa se se lo è meritato sul serio. Anzi, in realtà no, ma rimane lì appeso a un flebile filo che i 5000 o forse più del Bentegodi tengono stretto e fanno più grosso, perché loro non vogliono tornarci, all’Inferno. Incredibile quello che succede a Bologna, dove la gente è sbottata di rabbia e di insofferenza più volte, e poi, capito che questo è il poco che il Bologna è in grado di dare, si è stretta attorno ai giocatori con un affetto mai visto, la paura non è diventata disperazione o frustrazione ma immenso amore, sempre di più, un amore che si alimenta di delusioni e di bocconi amari, incredibile la dinamica del tifo per il Bologna. Sempre più vicini ad una squadra che è alla frutta letteralmente, a spasso come anziani ai giardinetti in superiorità di un uomo per 50’ col Lecce, viva solo per miracolo, perché uno dei suoi uomini più insignificanti, uno dei maggiori colpevoli di questa classifica, ha tramutato in oro una mezza pallaccia capitata lì quasi per caso. Incredibile, assurdo. Il Bologna è all’ammazzacaffè ma al contempo è vivo. È vivo. Perché ci sono migliaia di cuori rossoblù che palpitano e spingono gente che non si regge nemmeno più sulle gambe fino alla fine, fino alla morte, verso quel traguardo che probabilmente non arriverà ma che sarebbe il premio più bello per il sentimento che la tifoseria più bella d’Italia tributa ai suoi colori, quasi sempre non corrisposto. Il Chievo ha certamente proposto il pareggiaccio al Bologna, ma che ce ne facciamo? Il punto che a loro garantisce la A matematica potrebbe essere una certa incudine per noi, perché diciamolo sinceramente…alla buonafede del Genoa non crede proprio nessuno. Poi chissà… ma se giochiamo per vincere è probabile prenderle, perché i veronesi stanno mille volte meglio fisicamente e tecnicamente. Il calcio però è pazzesco, se segni li mandi in crisi, affiorano le paure, il Chievo può innervosirsi e tutte le certezze crollano, ci vuole niente. Se perdono si ritrovano nel pantano più fitto, ma davvero. Clamoroso ma vero: il Bologna ce la può fare, ha l’obbligo di crederci e di provarci, saremo in migliaia a spingere quel pallone verso la porta di Sorrentino e a rintuzzare le scorribande di Pellissier. E se il tabellone scriverà Milito ci si sentirà fino a Venezia. Ci vuole orgoglio e fortuna, quella voglia di lottare e di soffrire che solo a sprazzi si è vista, quell’amore che il popolo rossoblù ha dentro e che vorrebbe vedere negli 11 leoni, perché non si può fare 100 anni a Gallipoli, a Cesena, in quei postacci lì. Dobbiamo provare a vincere, dopo 4 mesi di astinenza da successi esterni. Mai abbiamo vinto quest’anno per 2 volte di seguito, adesso sarebbe ancora più bello. Ci vuole non un miracolo, ma una serie di miracoli. Ma nessuno se li meriterebbe di più della gente di Bologna, abbiamo voglia di sorridere e di abbracciarci, non ci meritiamo quella melma dalla quale con troppa fatica siamo riemersi un anno fa. Già, un anno esatto fa, nella storica Mantova, in una delle pagine più fantastiche dello spirito del Bfc e dei suoi fedeli. Non ci interessa il precedente di Mandelli, che per quanto inquietante nella sua puntualità, quasi nessuno dei giocatori che scenderanno in campo ha vissuto 4 anni addietro. A differenza nostra. Fantasma da sfatare, l’ennesimo tabù da cancellare. Sempre più stretti attorno al nostro Bologna, al quale chiediamo davvero di darci la possibilità di riempire lo stadio col Catania. Poi ci pensiamo noi a salvarvi. - articolo letto 328 volte