Amarcord: profumi e sapori del calcio di una volta
Nemmeno il miglior regista cinematografico, forse, potrebbe fedelmente e realisticamente produrre una rappresentazione riguardante: "una domenica per il pallone". Una domenica di altri tempi, un giorno atteso con trepidazione per un'intera settimana in cui si discorreva di un evento che ci avrebbe proiettato in una dimensione astrale ovvero in un alone fluidico, non visibile, capace di dar vita ad un fenomeno particolare: la contraddittoria unione tra una consapevole ansia, dovuta all'attesa di un evento, ed un serafico benessere.
Già al risveglio, la domenica mattina, si percepiva la sensazione di dover vivere un giorno particolare, diverso dagli altri, e che iniziava con la colazione, magari al bar, in compagnia di quegli amici la cui presenza era imprescindibile dalla partecipazione all'evento sportivo programmato con essi. Si, imprescindibile, perché recarsi allo stadio senza Tonino piuttosto che Franco voleva significare assistere ad una partita da soli, senza una parte di noi stessi che ci aveva accompagnato, costantemente, per lunghi anni, in questa fede calcistica difficilmente comprensibile a coloro che preferiscono altri spettacoli alla esibizione di ventidue atleti su di un rettangolo di gioco.
E che dire di quelle passeggiate mattutine effettuate in attesa dell'avvicinarsi dell'ora del match? Anche la città appariva in una dimensione diversa dagli altri giorni. Il passeggiare gioioso dei bambini con i loro genitori, le grida dei venditori ambulanti, la sosta agli chalet per consumare un aperitivo: sembrava che il tutto fosse, nel nostro immaginario, la consapevole e condivisa partecipazione ad un evento calcistico a cui noi tenevamo molto.
Dopo aver consumato il più fugace dei pasti, ci si avvicinava alla zona ove era ubicato lo stadio e lì, finalmente, trovavamo quell'atmosfera che la nostra irriducibile immaginazione credeva fosse possibile vederla in ogni angolo della città. Venditori di bandiere, gagliardetti e trombette ci davano il benvenuto in quella area che per noi rappresentava il tempio della nostra fede calcistica. Si aspettava di incrociare qualche tifoso della squadra avversaria, proprio per rendere più reale quell'evento e per condividere con essi la spasmodica attesa. Qualche sfottò o sventolio di bandiere era la cornice essenziale in una simile giornata. I vigili urbani erano intenti a dirigere il notevole traffico automobilistico e di poliziotti nemmeno l'ombra: stavano effettuando il loro lavoro al servizio dei cittadini per scopi di essenziale utilità alla collettività.
Dopo aver bevuto, in fretta, un caffè ci si avviava allo stadio con la consapevolezza di giungere in tempo per l'inizio dell'incontro. La fila agli ingressi era non vigilata ma disciplinata. Finalmente sugli spalti, quel bel prato verde stimolava le nostre fantasie e già immaginavamo le azioni che avrebbero potuto svolgersi sul rettangolo di gioco. L'ingresso delle squadre in campo rappresentava il termine di una lunghissima attesa e l'inizio delle nostre speranze per assistere, eventualmente, alla vittoria della nostra squadra del cuore. Qualche fischio agli avversari aveva più il significato di timore per le sorti della nostra equipe che di totale mancanza di rispetto nei confronti degli avversari.
Quante famiglie allo stadio e quanti bambini, bardati con sciarpe e cappellini, assistevano forse, per la prima volta, a quella manifestazione di sport, folklore e di sano tifo. Il dopopartita poi era caratterizzato, indipendentemente dal risultato della partita, dai continui commenti sulle fasi di gioco espresse dalle due squadre. In questo modo e di corsa, ci si avviava verso casa per assistere alle trasmissioni televisive calcistiche riguardanti le sintesi delle partite ed il secondo tempo del match più importante della giornata che, se coincideva con la partita, da noi vista, ci faceva rivivere le fasi salienti di una giornata per noi fantastica.
La cena, infine, assumeva un gusto del tutto particolare in caso di vittoria della nostra squadra: sapore e gusto di una "domenica per il pallone". La domenica successiva le partite venivano ascoltate per radio e la trasmissione "Tutto il calcio minuto per minuto" rappresentava il surrogato della precedente domenica. "...Scusa Ameri, scusa Ameri, qui è l'Olimpico..." interveniva, in trasmissione, la voce del compianto Sandro Ciotti, una voce calda, roca e penetrante che descriveva non solo un goal oppure un'azione di gioco importante ma un contesto, una situazione uno stato d'animo dei giocatori o degli spettatori con una sagacia degna di un fine e sensibile cantastorie di altri tempi.
Terminava qui la giornata di un appassionato spettatore sportivo e questa era la degna conclusione di un momento di relax, di gioiosa festa, di folklore, di consapevolezza di aver trascorso dei sani momenti di vera passione sportiva che servivano ad attenuare problemi e tensioni quotidiane.
Altri tempi, si dirà, ma visto che la "storia" è un insieme di corsi e ricorsi, auguriamoci di aver esauriti i "corsi" e di vivere un'era di "ricorsi". - articolo letto 276 volte