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2009-10-14

Hidetoshi Nakata - Quando il talento parla giapponese.


Quando il talento parla giapponese - Fino a un paio d’anni fa si allenava, giocava a calcio e vinceva. Oggi gira il mondo, va in Laos, Cambogia, Vietnam, Indonesia, Medio Oriente e Sud America. Se capita dorme con i rifugiati della guerra irachena. Non succede spesso di vedere un talento giapponese sui campi di calcio italiani. E ancora meno succede di vedere sui campi di calcio italiani un talento giapponese con la storia di “Hide”. Perché dici Nakata e ti viene subito in mente uno stuolo di giornalisti giapponesi venuti apposta in Italia dall’Oriente solo per lui. Ti vengono in mente il clamore mediatico, il look sempre curato e alla moda, il capello tinto di biondo. Facile che sia così quando, dopo quattro anni nella massima serie giapponese, il calcio che conta si accorge di te. Facile che sia così quando poi ti presenti al calcio che conta con una doppietta rifilata alla Juve, mica ai primi che capitano. E’ il Perugia, per primo, ad accorgersi di lui, poi la Roma che lo farà diventare campione d’Italia, il Parma con cui vincerà la Coppa nazionale, il Bologna, la Fiorentina e infine il Bolton. Sotto le due torri è rimasto appena uno scorcio di stagione, arrivando con il mercato di riparazione del 2004. Quando basta, comunque, per ritagliarsi uno spazio importante nel cuore dei tifosi bolognesi e per far dire che grazie al suo arrivo il campionato del BFC ha fatto un salto di qualità. I successivi trasferimenti a Firenze prima e in premier league poi, altro non sono che l’inizio della fine della carriera. Ma quello sui campi di calcio è solo un lato della medaglia, solo uno dei capitoli della sua storia. Il capitolo successivo, quello che potrebbe senza problemi intitolarsi “la svolta”, inizia a 30 anni ancora da compiere. Niente più calcio, o meglio niente più calcio professionistico, perché comunque certi amori è difficile lasciarli. La preferenza va agli studi di giurisprudenza e alla voglia di viaggiare per scoprire il mondo. Ogni voce di un suo ritorno sui campi ha trovato pronta smentita. Ma Nakata, la sua storia deve ancora finire di scriverla. Ovunque è andato è riuscito a farsi amare. Ovunque sta andando riesce a conquistare. Non può essere un caso: uno come “Hide” non capita tutti i giorni.
Dati biografici: Hidetoshi Nakata è nato il 22 gennaio 1977 a Yamanashi. Altezza: 175 cm. Peso: 72 kg. La carriera: 1994/95: Bellmare Hiratzuka (JL, 26 presenze, 8 reti); 1995/96: Bellmare Hiratzuka (JL, 26 presenze, 2 reti); 1996/97: Bellmare Hiratzuka (JL 21 presenze, 3 reti); 1997/98: Bellmare Hiratzuka (JL 11 presenze, 3 reti); 1998/99: Perugia (serie A, 32 presenze, 13 reti; 1999/2000: Perugia (serie A, 15 presenze, 2 reti), 1999/2000: Roma (serie A, 15 presenze, 3 reti); 2000/01: Roma (serie A, 30 presenze, 5 reti); 2001- 2004: Parma (serie A, 67 presenze, 5 reti); 2003/04: Bologna (serie A, 17 presenze, 2 reti); 2004/05: Fiorentina (serie A, 26 presenze, 0 reti); 2005/06: Bolton Wanderers (premier league, 16 presenze, 1 rete) Le partite: Con la maglia del Bologna Nakata ha totalizzato 17 presenze, tutte in campionato. I gol: Due le reti messe a segno da Nakata con la maglia rossoblu, entrambe in campionato. La prima l’8 febbraio 2004 ad Udine contro i bianconeri (successo del BFC per 3-1) e la seconda il 10 aprile 2004 su calcio di rigore contro l’Ancona (3-2 per i marchigiani il risultato finale). I rinoscimenti: Per due volte, nel 1997 e nel 1998, è stato eletto calciatore asiatico dell’anno. Il 12 ottobre 2005 il presidente italiano gli ha conferito l’onorificenza di cavaliere dell’ordine della stella della solidarietà italiana. Nakata e la Nazionale: La prima convocazione in Nazionale arriva con l’under 20, con cui disputerà le Olimpiadi del 1996. L’anno successivo l’esordio con la Nazionale maggiore. Agli archivi le qualificazioni ai Mondiali 2008 giocate da protagonista (su tutte la tripletta contro l’Iran), le Olimpiadi del 2000 e i campionati del mondo del 2002. Complessivamente, 77 le partite giocate in Nazionale e 11 le reti messe a segno. In campo: La “zona Nakata” è il centrocampo, meglio se a ridosso delle due punte. E’ qui che, da trequartista con spiccate doti offensive, si mette in mostra per la sua agilità, il discreto tiro, la capacità di entrare nel vivo del gioco, la disinvoltura, la bravura nel lanciare i compagni, il suo modo di giocare semplice ed efficace. In poche parole: intelligenza tattica, qualità e ordine. Non un goleador implacabile, ma l’altruismo gli consente all’occorrenza di essere un prezioso uomo assist. Fa testo la patente che gli arriva da Mazzone: “È come al campetto di periferia dove tutti danno la palla al più bravo. È doveroso giocare attraverso di lui”. L’arrivo in rossoblu: “Vengo a giocare a Bologna perché c’è Carlo Mazzone, un tecnico con cui ho avuto sempre ottimi rapporti. Quando ci siamo sentiti, mi ha detto che avrei potuto giocare come piace a me. Mi parlava spesso in romanesco, simpaticissimo. E preparava le partite molto sull’atletica”. Dice di sé: “Sono un ragazzo semplice e voglio che la gente mi veda come un tipo normale, non come un calciatore famoso. Quando la gente mi riconosce spiego che sono un semplice cittadino, alla ricerca di nuovi orizzonti”. Dicono di lui: Famoso come calciatore, ma anche per l’attenzione al look. Al punto che Andrea Teverani, fotografo di GQ ha scritto di lui che “E’ perfetto e un vero indossatore. Ed è totalmente ossessionato dal fashion”. Secondo Italo Zucchetti, designer di Calvin Klein, “Hidetoshi gioca con il fashion come tutti noi, ma in maniera più cool e più sofisticata di chiunque altro”.
L’addio al calcio e l’annuncio - Trent’anni ancora da compiere quando, il 3 luglio 2006, annuncia con una lettera l’addio al calcio. Una lettera in cui ricorda i primi tiri ad un pallone e dice che “il calcio mi ha dato tantissime cose: gioie intense, tristezza, amici e prove da superare come uomo”. Quindi le spiegazioni: “Da sei mesi avevo deciso di ritirarmi, dopo il Mondiale di Germania. Non c’è stato nessun episodio o motivo particolare che mi ha portato a prendere questa decisione. Semplicemente sentivo che era arrivato il momento di staccarmi da questo viaggio chiamato “calcio professionistico” e volevo cominciare un altro viaggio che mi porti a scoprire un nuovo mondo”. E infine la voce delle emozioni: “Ci sono sempre stati tifosi in tutti gli stadi del mondo a tifare per me con tutte le loro forze. Ho sentito la gente gridare il nome “Nakata” nei campi di tutto il globo. E’ grazie al supporto di tutte queste persone che ho potuto continuare questo lungo viaggio durato più di un decennio”. “Ho sempre camminato a testa alta. Questo diventerà la base di tutta la mia vita e mi darà fiducia nei miei mezzi. Ma se sono riuscito ad avere la forza per fare questo, lo devo alla vostra voce, che mi ha accompagnato sempre ed ovunque. E custodendo preziosamente questa vostra voce nel cuore, continuerò orgogliosamente a vivere da oggi in avanti. Con questa consapevolezza, d’ora in poi potrò superare qualsiasi difficoltà. Il nuovo viaggio comincia adesso. Non calcherò più un campo come giocatore, ma non abbandonerò mai il calcio. E durante questo viaggio sicuramente calcerò ancora il pallone con qualcuno in un campetto o in qualche parco come forma di comunicazione con la stessa passione che avevo da bambino. A tutti i compagni e giocatori con cui ho condiviso i campi da calcio, a tutte le persone che mi sono state vicine e a tutti voi che fino all’ultimo mi avete sostenuto con grande affetto, dal profondo del mio cuore: grazie!”. La partita d’addio: Una parata di stelle e 63mila persone per l’amichevole del 7 giugno scorso. Non è una partita come le altre, è l’addio al calcio di Nakata. Al Nissan stadium di Yokohama c’erano Seedorf e Davids, Lama e Manzis, oltre a Mourinho a guidare la formazione delle World stars. Italiana, e vecchia conoscenza del calcio giapponese, la voce del commentatore in tv: Totò Schillaci. Per la cronaca la partita è terminata 2-2, ma il risultato era certamente la cosa che contava di meno. Alla scoperta del mondo: Dopo l’addio al calcio è iniziata per Hide una nuova vita: tanti i viaggi in giro per il mondo, molte le mete toccate. “Quando ero calciatore ho viaggiato molto, ma ho visto solo hotel, stadi aeroporti. Avevo voglia di partire da solo alla scoperta di Paesi e popoli che mi affascinano. Ho voglia di vedere da me il mondo, non attraverso i giornali e la tv”. Tra le destinazioni, anche quelle in cui i conflitti sono all’ordine del giorno. “La gente ha paura di questi posti perché non sa che oltre alla guerra c’è gente stupenda. Se si viaggiasse di più ci sarebbero meno pregiudizi idioti”. Il calcio non si dimentica: “Ho sempre la stessa passione da quando ho dieci anni. Per me è altrettanto piacevole giocare a piedi nudi per strada o in uno stadio mitico. E poi giocare una partitella è comunque sempre il modo migliore per farsi degli amici, viaggiare, scoprire il mondo vero. Il calcio è uno sport incredibile, praticato ovunque, amato in ogni Paese che ho visitato”.
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