De Zerbi: “Sono manciniano, che emozione il Sassuolo all’Europeo”

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Le parole del nuovo allenatore dello Shakhtar Donetsk nel corso di un’intervista rilasciata a La Gazzetta dello Sport.

DONETSK – Roberto De Zerbi, allenatore dello Shakhtar Donetsk, ha rilasciato un’intervista a La Gazzetta dello Sport. Queste le sue parole a cominciare dal Sassuolo all’Europeo: “Mi sono emozionato come un genitore, ma erano e sono dei giocatori forti, io ho soltanto cercato di trasmetter loro la mentalità dell’allenarsi sempre al 110 per cento, dell’essere protagonisti e non comprimari. E così è stato: quando Locatelli e Berardi sono entrati nella finale contro l’Inghilterra, l’hanno fatto col piglio giusto. Orgoglioso di loro. Berardi aveva soltanto bisogno di rimettersi in carreggiata. Su Locatelli e Raspadori mi viene da sorridere quando sento gli unanimi commenti positivi su entrambi, perché tempo fa molti si chiedevano se Locatelli fosse più o meno umile o con i piedi per terra, quando Manuel è un ragazzo d’oro. E per Raspadori si tirava fuori il metro per misurare quanto fosse alto”.

Su Mancini: “Io sono un manciniano sfegatato. Quando ero giocatore, dopo Maradona il dieci che “amavo” di più era Roberto. Sono rimasto manciniano anche da allenatore. Sono pochi gli ex numeri 10 diventati allenatori”.

Sulla Serie A: “Conte si è fermato, però sono arrivati Mourinho, Sarri, Allegri e Spalletti. Un campionato bello e difficile. Juve e Inter sono sempre là davanti a tutti. Il Milan ha perso due giocatori importanti però si sta muovendo con intelligenza, e Pioli è una garanzia. Il Torino ritornerà sui livelli che gli competono perché Juric è un allenatore forte. L’Atalanta continuerà sulla strada intrapresa. Il Sassuolo ha tutto per fare ancora bene. La Fiorentina ha preso Italiano e dopo due stagioni i viola hanno una gran voglia di rifarsi. La Samp ha chiuso l’ultimo campionato al nono posto e con D’Aversa continuerà a essere una squadra solida, difficile da battere. Il Cagliari non ha una rosa da retrocessione. Sarà un campionato livellato e bello”.

Sulla Champions League: “Spero il Manchester City. Tempo fa alla Gazzetta ho detto che preferirei perdere la Champions con Guardiola anziché vincerla con un altro allenatore. Era una provocazione perché volevo sottolineare una cosa, questa: quando Guardiola vince la Premier League con 7-8 partite di anticipo, e con il miglior attacco e la miglior difesa, è un genio perché gioca senza centravanti; se però perde la finale di Champions senza centravanti, diventa un asino. Trovo poco coerenti queste valutazioni e tifo perché Pep vinca la Champions, così quelli che l’hanno criticato non avranno più argomenti”.

Sul Pallone D’Oro e Jorginho: “Se guardiamo ai trofei dico Jorginho, che ha vinto Champions ed Europeo. Messi rimane Messi e fino a quando giocherà, sarà tra i papabili. In passato il Pallone d’oro l’ha alzato un difensore come Cannavaro e allora, per lo spirito che ha messo all’Europeo, lo meriterebbe Chiellini. Vero, è un centrocampista che fa giocare la squadra sia toccando la palla sia no e questo fa capire l’intelligenza che ha. Quando ero al Sassuolo dicevo a Maxime Lopez di osservarlo, perché Jorginho vede il calcio un’ora prima degli altri. Non è appariscente perché non fa il cambio di gioco di 80 metri, però assieme a Donnarumma, Bonucci e Chiellini è stato uno degli indispensabili dell’Italia all’Europeo”.