Lazio: i segnali positivi dal Tardini

Togliamo Parma-Lazio dal contesto del cammino compiuto fin qui dai biancocelesti. Facciamo finta per un attimo che questo pareggio sia arrivato dopo una serie di vittorie, con una classifica più clemente. Parleremmo di una buona partita della Lazio, di una vittoria che sarebbe stata meritata, sprecata per un’ingenuo errore difensivo su calcio da fermo. Con in più la convinzione del fatto che pareggiare a Parma non sia qualcosa di totalmente negativo.

É chiaro perciò che il senso di scoramento e rassegnazione, lasciato nell’ambiente laziale dal risultato di ieri, è figlio dei risultati precedenti. Vive di buio riflesso per il mediocre campionato interpretato dalla formazione di Petkovic. Ma i segnali positivi, soprattutto nel primo tempo, si sono visti. Se non altro per la continuità con cui la Lazio attaccava i gialloblù, per la mole di gioco espresso. La mole, attenzione, non la qualità: quella si è vista solo a sprazzi, figli più di giocate individuali che di manovre collettive.

Solo in due occasioni, quest’anno, gli allenatori avversari hanno fatto capire di essere contenti del punto strappato: Vincenzo Montella dopo Lazio-Fiorentina e ieri Roberto Donadoni. La prova offerta dai biancocelesti – nel primo tempo, ma anche per buona parte del secondo – ha vissuto insomma più di luci che di ombre. Ma si può arrivare a dire che la Lazio sia in ripresa? Che continuando su questa strada, Petkovic e i suoi possono uscire dalle sabbie mobili di un misero ottavo posto? Su questo punto bisogna andarci con i piedi di piombo.

Sicuramente, se Keita dovesse proseguire su questi standard, il tecnico di Sarajevo avrebbe trovato il suo salvatore della patria (panchina). In una squadra che non conosce mezzo schema di attacco, l’estro geniale dell’ex Barca illumina con le sue giocate, con la sua imprevedibilità e con la sua straordinaria velocità di ragionamento. Riporre tutte le speranze in un solo giocatore – che di tutto ha bisogno meno che caricarsi sulle spalle un’intero gruppo – può essere però un boomerang. Chi cerca sempre di prendere per mano i compagni è Candreva, che insieme a un più che sufficiente Pereirinha ha preso il controllo dell’intera fascia destra. Il numero 87 ha però spesso esagerato in questa sua volontà di essere trascinatore, cercando maggiormente la giocata individuale che il fraseggio. L’azione del gol lo testimonia perfettamente: l’esterno azzurro sradica il pallone sulla destra, s’invola impetuoso verso l’area parmense, ma se il pallone arriva a Keita è solo perché Antonio sbaglia (fortunatamente) il dribbling.

Per parlare di una Lazio in ripresa, inoltre, è necessario che Klose trovi il gol con maggiore frequenza e che Hernanes ritorni a essere Hernanes. Ieri il Profeta è stato leggermente più in partita del solito, ma niente di più. Petkovic lo ha richiamato in panchina nella ripresa, come ha fatto tante volte Reja ma come (quasi) mai aveva fatto lo stesso Vlado lo scorso anno. La scelta di inserire al suo posto Biglia ha stupito un po’ tutti, non è certo l’argentino colui dal quale ci si aspetta che possa risolvere una partita in pochi minuti. L’azione che, nel finale, ha portato Candreva al tiro (con successiva espulsione di Rosi) ha visto però come protagonista proprio l’ex Anderlecht: l’uno-due tra lui e il numero 87 dimostra che la Lazio dovrebbe insistere di più nel giocare palla a terra. I segnali di ripresa, poi, non sono giunti appieno dalla difesa. L’errore di marcatura di Novaretti in occasione del gol di Lucarelli è simbolico dei limiti strutturali dell’attuale reparto arretrato. Quello che ne viene fuori, insomma, è il quadro di una squadra che rischierà sempre di raccogliere meno di quanto prodotto, seppure a fatica e senza particolare brillantezza. Per dare giudizi definitivi, dicono dirigenza e tecnico, bisogna attendere che la rosa torni al completo. Ma avverrà mai che Petkovic avrà a disposizione tutti gli effettivi? E basteranno i rientri di Biava e Lulic per rilanciare la Lazio?

[Stefano Fiori – Fonte: www.lalaziosiamonoi.it]

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