Milan, aria fritta

Una strana sensazione. Come respirare aria di bocciatura già il primo giorno di scuola. Nel martedì di Max Allegri, delle poche novità, del college rossonero che riapre i battenti, è Silvio Berlusconi a salire in cattedra, tronfio come da copione, un po’ presidente, un po’ professore, un po’ istrione, deliziando la platea con slogan politico-calcistici e rispolverando, come il più classico degli antipasti – quello che dovrebbe smorzare la fame ma in realtà, ormai nauseati, si fatica a digerire – l’elenco delle conquiste rossonere degl’ultimi vent’anni. Come respirare aria fritta, da singolare primo giorno di scuola, e rimanervi soffocati. Attoniti e fin troppo disgustati.

Una nausea che da parecchie stagioni accomuna l’intero popolo rossonero. Il milanista è stanco di digerire accozzaglie di parole stipate a tavolino, vocaboli morti e continuamente riesumati in pletorici quanto, appunto, stomachevoli slogan. La chiarezza e il buon senso hanno fatto fagotto da tempo, abbandonando Milanello in una nuvolosa notte di mezza estate. Correva l’anno 2006. Da allora si naviga a vista, prigionieri della nebbia, dei dubbi e delle troppe incertezze. Ma ciò che è peggio è che in questo mare magno di connivenze, l’apparenza insiste nell’ingannarci, figlia di un disegno di Silvio (e di-vino) e dei troppi burattini disseminati in società. Silvio decide, sceglie, comanda, giostra e…nasconde.

Silvio possiede l’astuta abilità, da politico navigato, di eclissare l’evidenza. Lo fa appoggiandosi prima di tutto a quegli stessi slogan nauseabondi stilati con il prezioso contributo del vate Galliani. Diciamola tutta: se oltre a distribuire maggior chiarezza tra il popolo milanista (o, se preferite, realismo) si limitasse ad affrontare il problema del proprio conflitto di ruolo, da un lato patron rossonero e dall’altro presidente del consiglio, forse riuscirebbe a meritarsi la comprensione di gran parte della tifoseria. D’altronde è assodato, se non altro per la cronaca, che i grandi colpi di mercato firmati S.B. han fatto capolino in Via Turati quando lo stesso Berlusconi vestiva il ruolo di oppositore, o semplice comparsa, e non primo protagonista della politica italiana. Silvio oggi ha l’arduo compito di far coesistere due realtà in parte molto distanti, quella di un paese sedato dalla ruvida crisi economica e la realtà di un mondo sprofondato da troppi decenni, lentamente, nei propri sperperi. Un mondo, quest’ultimo, che si è visto anch’esso costretto a cozzare l’iceberg della crisi mondiale, rischiando seriamente il definitivo collasso. Questo conflitto di ruoli, radice del problema, Berlusconi preferisce celarlo in secondo piano, confutando lo stato depressivo di squadra e tifoseria, lucidando, o per meglio dire salvando fino all’impossibile l’immagine del suo Milan, “il club più titolato al mondo”, un’immagine che infondo è specchio della propria. Come suggeriva un certo Gabriele D’Annunzio, se Silvio non parlasse troppo, sarebbe forse un normale cretino…invece vuole strafare! Fuorviando, illudendo e…nauseando.

“Abbiamo una rosa assolutamente adeguata che può competere con chiunque – ha dichiarato dal pulpito di Milanello -. Sfido chiunque a dirmi il nome di una squadra che ha una sommatoria di classe a centrocampo simile a quella che abbiamo noi con Ronaldinho, Pirlo, Seedorf e Pato”. Eccoci!, noi siamo qua!, pronti a raccogliere il guanto della sfida. (…) A livello tecnico, l’unico tema sensato che i giornalisti presenti al raduno avrebbero dovuto sollevare dalla platea della sala conferenze, riguarda l’attuale valore del centrocampo rossonero. E’ lì che innegabilmente ruotano i limiti tattici del nostro Milan. Come si può valutare “assolutamente adeguata” una rosa che conta nelle proprie fila sul contributo di soli cinque puri centrocampisti? Anche il più inesperto calciofilo riuscirebbe a riconoscere le due evidenti lacune del pacchetto mediano a disposizione di Allegri. La prima, come detto, è una carenza di tipo quantitativo: impensabile affrontare un’intera stagione, tra campionato e coppe, con cinque uomini di centrocampo per tre ruoli titolari (minimo) a partita. La seconda è strettamente legata alla prima, una carenza di tipo “anagrafico”: Clarence Seedorf conta 34 anni (imbarazzante il passo felpato ripreso dalle telecamere nel giorno del raduno), capitan Ambrosini 33, Rino Gattuso 32 e Andrea Pirlo 31. Assurdo pensare che i quattro possano oliare gli ingranaggi del motore rossonero per nove interminabili mesi. Anche perché al quartetto bucaniere di mille conquiste inizia a scarseggiare il lubrificante, l’agilità di un tempo.

Chiamatela evidenza, frutto della mala gestione societaria delle ultime stagioni. Colpa di quella stessa società che ha preferito puntare troppo, esagerando, su insensati rinnovi e superflui centrali difensivi, sette!, (escluso dalla critica, evidentemente, il colpaccio Thiago Silva, n.d.) e meno, molto meno, su quei ruoli effettivamente scoperti. Un’evidenza, nel primo giorno di scuola del “nuovo” Milan, che nessun giornalista ha pubblicamente denunciato. Arresi forse. Qualcuno di sicuro nauseato. Certi, probabilmente, che Silvio il giostraio avrebbe negato anche questa.

[Luca Rosia – Fonte: www.ilveromilanista.it]

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