AIA e il caso arbitri: Zappi chiude alle voci sul modello inglese

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Il presidente AIA smentisce l’ipotesi di separazione degli arbitri dall’associazione: nessun modello inglese, riforme solo dall’interno

cartellino rosso arbitroROMA – Negli ultimi giorni il mondo arbitrale italiano è stato scosso da una voce che ha subito acceso il dibattito: la possibilità di separare gli arbitri dall’Associazione Italiana Arbitri, adottando un sistema simile a quello inglese della PGMOL, l’organismo indipendente che gestisce la classe arbitrale in Premier League. Un’ipotesi che, per molti, avrebbe significato un cambio storico nella governance del calcio italiano.

La risposta non si è fatta attendere. A spegnere i rumors è stato direttamente il presidente dell’AIA, Antonio Zappi, che in un’intervista alla Gazzetta dello Sport ha voluto chiarire la posizione dell’associazione: «Non esiste alcun progetto che preveda l’uscita degli arbitri dall’AIA. La nostra struttura resta quella attuale e continueremo a lavorare in questa direzione».

Un’affermazione netta, che mette fine alle speculazioni e restituisce certezze in un momento delicato per il sistema arbitrale, spesso al centro di critiche e pressioni mediatiche. La suggestione del “modello inglese” aveva trovato spazio soprattutto per via delle continue discussioni sull’indipendenza e sulla trasparenza delle designazioni, due temi che restano sensibili nel panorama calcistico italiano.

Zappi ha invece ribadito l’importanza di preservare l’identità e l’autonomia dell’AIA, sottolineando come le riforme vadano cercate all’interno della struttura esistente, con l’obiettivo di migliorarne l’efficienza e la credibilità. In altre parole: nessuna rivoluzione dall’esterno, ma un percorso di crescita che parte dall’interno.

Il caso, seppur rapidamente ridimensionato, è il segnale di un tema che resta sul tavolo. In un calcio che cambia velocemente, anche il mondo arbitrale dovrà interrogarsi su come garantire standard sempre più elevati di preparazione, tecnologia e trasparenza. Per il momento, però, la linea è tracciata: gli arbitri restano dentro l’AIA, senza modelli stranieri a ispirarne la gestione