Bari: Com’è difficile dirsi addio…

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Sei giornate di campionato, sei repliche dello stesso film. Il Bari che perde a Brescia, forse, la partita più importante della stagione, quasi quasi non fa notizia. Come non fanno notizia il lungo ma sterile possesso palla dei biancorossi, l’ormai cronica astinenza al gol e, ciliegina sulla torta, l’immobilismo della società, che non è in grado di prendere decisioni drastiche.

Peggior attacco del campionato, seconda peggior difesa del torneo, minor numero di vittorie raccolte in stagione, record di sconfitte nella storia della Serie A fino a questo punto della stagione. Se mai ci fosse qualche altro record negativo da battere, il Bari di quest’anno certamente riuscirebbe nell’impresa.

Eppure, c’è ancora chi parla di obiettivo salvezza possibile, di partite dominate ma perse. Parliamo ovviamente dell’allenatore Giampiero Ventura, che quest’anno rischia di innaugurare una saga cinematografica molto più redditizia di quella del suo “collega” Oronzo Canà, allenatore nel pallone. Per il titolo, ci sarebbe l’imbarazzo della scelta: “Il mister perdente e sorridente” è tra quelli che potrebbero funzionare.

Onestamente, con tutta la buona volontà possibile, non se ne può proprio più. Non se ne può più di una squadra incapace di gettare il cuore oltre l’ostacolo, troppo rigida negli schemi e vincolata ai fraseggi balbettanti. Non se ne può più di attaccanti che non vedono la porta, nemmeno con telescopi e cannocchiali. Non se ne può più di calciatori “spompati”, in grado di reggere per un tempo o giù di li.

Ma soprattutto, non se ne può più di conferenze stampa post-partita che raccontano verità distorte, di proverbiali “macigni sulla testa” e di retoriche sul chi siamo e da dove veniamo. Adesso conta soprattutto dove stiamo tornando, e (cosa per niente trascurabile) come lo stiamo facendo. La stagione è andata irrimediabilmente persa, ma la dignità va salvata. E non ci riferiamo a quella dei calciatori: loro, in fondo, sono solo dei “mercenari” che giocano per soldi e che, da giugno in poi, avranno la possibilità, cambiando maglia, di dimenticare in fretta questa stagione allucinante.

Quando parliamo di dignità, ci riferiamo a quella di un popolo. Ci riferiamo a quel popolo di tifosi biancorossi che, anche ieri al “Rigamonti”, ha urlato a squarciagola e sostenuto i calciatori fino al 95′; che da settembre ad oggi, non ha fatto altro che ingoiare bocconi amari, serviti sottoforma di sconfitte più o meno meritate, più o meno beffarde; che pensava di essersi riappropriato, dopo otto anni di “ibernazione” in cadetteria, del suo giocattolo più caro e prezioso, e che ora lo vede scivolare via, nuovamente ed inesorabilmente.

Cosa fare, dunque? La risposta ci sembra fin troppo scontata: le strade del Bari e di Giampiero Ventura devono immediatamente separarsi. Il presidente Matarrese (al quale, prossimamente, dedicheremo un capitolo a parte…), parlando dell’allenatore ligure, disse che sarebbe rimasto al suo posto anche se le avesse perse tutte. L’ex-“mister libidine” sembra averlo preso in parola e sembra ormai aver intrapreso la strada delle venti sconfitte consecutive (tante sarebbero alla fine, se perdesse le restanti quattordici gare che restano da giocare).

Alzi la mano, chi pensa che ciò non possa realizzarsi: a noi invece pare davvero possibile. E’ fin troppo palese che la squadra non giri più, che i meccanismi siano arrugginiti, che i calciatori non “sentano” più il tecnico. Non è una questione di modulo, di 4-2-4, 4-3-2-1, 4-3-3 o 5-5-5, per rifarsi al mitico Canà. E’ una questione di testa, forse anche di cuore. La sensazione, vista dall’esterno, è che più di un “senatore” di Ventura ne abbia le scatole piene.

E allora, anche se è difficile dirsi addio, qualcuno il primo passo lo deve pur fare. E visto che il presidente, per affetto o per denaro (in caso di esonero, Ventura continuerebbe a percepire lo stipendio fino a fine contratto), non lo farà mai, allora vuol dire che questo deve toccare proprio a lui, al signor Giampiero Ventura da Genova. Per i prossimi tre mesi e mezzo circa di campionato, bisognerà provare ad offrire ai tifosi uno spettacolo differente e, soprattutto, bisognerà evitare che la stagione 2010-2011 venga ricordata, negli almanacchi, come la peggiore stagione della ultracentenaria storia del Bari.

Coraggio allora, mister: dia un’ultima dimostrazione della sua signorilità, faccia le valige e acceleri il processo di ricostruzione. Certamente, con questo gesto, Bari conserverà nel tempo un ricordo migliore di lei. In caso contrario, finirà per essere ricordato più per la pessima stagione di quest’anno, che per quanto di buono fatto in quella passata. E noi crediamo che non sia proprio il caso.

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