Lazio, analisi tattica: troppi rischi con la difesa a tre

Ci sono partite che Vladimir Petkovic vince grazie alle sue scelte: riprendere il dvd di Lazio-Atalanta o semplicemente ricordare quanto successo a Mönchengladbach. Ci sono altre partite, invece, che proprio sulle decisioni del tecnico laziale basano (buona) parte della sconfitta. Il turnover massiccio della quarta giornata contro il Genoa alla rinuncia al mediano contro Napoli e Catania. Fino ad arrivare, appunto, alla difesa a tre di ieri sera. L’intento è assolutamente lontano dal voler ridimensionare l’operato di Petkovic: i benefici tattici, di mentalità, di stile anche apportati dal mister di Sarajevo sono indiscutibili e intoccabili.

Ci si limita solo a constatare che – come tutti gli allenatori del resto – sbagliare le scelte iniziali non lascia esente il tecnico biancoceleste. Che poi non siamo noi, umili articolisti, a riconoscere gli errori di ieri: sostituendo al 31° minuto del primo tempo (31° minuto del primo tempo) Michael Ciani con Bruno Pereirinha e passando alla difesa a quattro, è stato lo stesso Petkovic ad ammettere implicitamente le sue responsabilità. In maniera esplicita, invece, lo ha fatto nelle interviste post-partita: “Mi assumo tutte le colpe, per certi versi sono stato obbligato a schierare il 3-4-3: pensavo di vedere una squadra più produttiva, ma abbiamo subito gol e sono cambiate le carte in tavola“. Assumersi le proprie colpe – in tempi in cui tale atto sembra essere passato di moda – merita sempre una levata di cappello. Obbligo di 3-4-3, quindi. Da dove nasce questa esigenza? Dalla contrattura al collo – più volgarmente, torcicollo – di Stefan Radu. Si è trattato davvero di esigenza?

Schierare una difesa a tre con Dias e Ciani – ossia, due giganti dominanti -, contro un attacco di brevilinei rapidissimi, era realmente imprenscindibile? Oppure si è trattato di voler “vedere una squadra più produttiva” con il 3-4-3 (o 3-4-1-2, in base a come si collocava Candreva in campo)? Più scelta autonoma che necessità, il responso sembra proprio essere questo. Il rischio, però, è appunto che il ciclone Emeghara si abbatta su un Ciani frastornato oppure che Dias si ritrovi a contrastare Rubin sulla fascia sinistra (in occasione della rete di Rosina). Se poi ci aggiungi due esterni – Konko e Lulic – che hanno offerto davvero poco in fase difensiva e l’assenza di schermo davanti alla difesa da parte dei centrocampisti, prendere due reti a Siena dopo pochi minuti non è allora così assurdo. Per quanto riguarda la cintola in su, allora ok, le scelte erano quasi obbligate: assente Ledesma, Petkovic si è trovato quasi costretto a chiamare in cabina di regia Hernanes.

L’alternativa era schierare Lorik Cana o Eddy Onazi come baluardo davanti alla difesa, ma in ogni caso sempre il solo Hernanes avrebbe avuto il compito di orchestrare la manovra. Che poi il brasiliano manca di una caratteristica fondamentale per poter giocare da regista: la velocità nel passaggio. Una volta in possesso del pallone, il numero 8 scruta il campo, avanza, prova il dribbling e, solo in quel momento, cerca il fraseggio. Il regista autentico è quello che smista la palla non appena la tocca con lo scarpino. E’ per questo che Hernanes è un top player da intermedio, mentre appare limitato da centrale puro. Con tutto, poi, che ieri è stato uno dei meno disastrosi. Questo la dice lunga sulla prestazione della Lazio, in quel campo stregato dove gioca il Siena.

[Stefano Fiori – Fonte: www.lalaziosiamonoi.it]

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