ROMA – Il futuro della Lazio passa da uno stadio che è già leggenda. Claudio Lotito ha deciso di puntare con forza sulla riqualificazione del Flaminio, scegliendo la via di un aumento di capitale per garantire le risorse necessarie a trasformare il vecchio impianto in una casa moderna, funzionale e interamente biancoceleste. Dopo anni di ipotesi e tentativi rimasti sospesi, la svolta è arrivata: il progetto non è più soltanto un sogno, ma una possibilità concreta che comincia a prendere forma.
Il Flaminio, progettato da Pier Luigi Nervi e inaugurato nel 1959, è da tempo un simbolo dimenticato della capitale. Abbandonato all’incuria e lontano dai riflettori, ora si prepara a una seconda vita. L’idea della Lazio è chiara: riportare l’impianto a una capienza di circa 45.000 posti, adattandolo alle esigenze del calcio moderno e alle ambizioni del club. Non sarà soltanto uno stadio, ma un polo capace di generare ricavi costanti, con aree hospitality, spazi commerciali, ristorazione, un museo dedicato alla storia biancoceleste e una struttura aperta alla città anche oltre le partite.
Lotito, però, sa bene che la burocrazia avrà un ruolo decisivo. Prima che le ruspe possano entrare in azione, servirà il via libera della conferenza dei servizi, chiamata a valutare il progetto sotto ogni aspetto urbanistico e architettonico. Se non ci saranno intoppi, i lavori potrebbero iniziare tra la fine del 2026 e l’inizio del 2027, con una durata stimata di tre anni e l’obiettivo di consegnare il nuovo Flaminio entro il 2030.
Oltre al valore simbolico, la scelta ha un peso strategico enorme. La Lazio potrebbe finalmente contare su uno stadio a gestione esclusiva, capace di incrementare i ricavi da biglietteria e ospitalità, attirare sponsor attraverso i naming rights e trasformarsi in un centro vitale anche nei giorni senza calcio. Un salto di qualità che allineerebbe il club al modello seguito da tante società europee che hanno costruito parte del loro successo proprio attorno a un impianto di proprietà.
Per i tifosi, l’idea di abbandonare l’immensità dell’Olimpico per ritrovare un’arena più intima e interamente tinta di biancoceleste rappresenta molto più di una scelta logistica: è il sogno di un’identità piena e riconoscibile. Il Flaminio, che per decenni ha incarnato la storia sportiva di Roma, potrebbe tornare a vivere come cuore pulsante della Lazio, diventando un ponte tra memoria e futuro. E stavolta, a differenza del passato, le condizioni per trasformare il sogno in realtà sembrano esserci tutte.