Curiosità e statistiche

Quando la difesa diventa arte e sanzione

Nel calcio italiano, la difesa non è mai stata solo una questione di tattica. È un’arte fatta di anticipi, contrasti, sacrificio e, talvolta, di eccessi. Se l’attaccante incanta, il difensore combatte. E in questa lotta perenne tra eleganza e ruvidità, alcuni nomi hanno scolpito la loro reputazione non solo per le chiusure decisive, ma anche per il numero impressionante di cartellini rossi collezionati.

Tra i più espulsi della storia recente della Serie A, spicca un nome che è diventato leggenda per la sua “cattiveria agonistica”: Paolo Montero. L’uruguaiano della Juventus non solo ha accumulato 16 espulsioni, ma ben 13 di queste sono arrivate per rosso diretto. Un record assoluto che racconta di un difensore che non ha mai fatto sconti, incarnando il prototipo del marcatore vecchio stampo.

Ma Montero non è stato l’unico a lasciare il campo anzitempo con frequenza. Giampiero Pinzi, bandiera dell’Udinese, ha collezionato 12 espulsioni e detiene anche il primato di ammonizioni in Serie A: ben 140. Un dato che parla di costanza, ma anche di un ruolo vissuto sempre al limite.

Accanto a lui, troviamo nomi come Giulio Falcone, Luigi Di Biagio, Cristian Ledesma e Sulley Muntari, tutti con 12 cartellini rossi. Muntari, in particolare, ha avuto un rapporto quasi “personale” con il Catania: tre espulsioni contro i siciliani, una delle quali dopo appena 40 secondi dal suo ingresso in campo. Un record nella memoria collettiva.

Scendendo a quota 11 espulsioni, il panorama si fa ancora più variegato. Fernando Couto, con le maglie di Lazio e Parma, ha incarnato il difensore duro e implacabile. Giuseppe Biava, Daniele Conti, Felipe, Massimo Ambrosini, Giorgio Ferrini e persino Giuseppe Bergomi, “Lo Zio” dell’Inter, hanno tutti raggiunto la doppia cifra di rossi.

Ognuno con una storia diversa, ma accomunati da una grinta che spesso ha superato il confine della regolarità.

Questi giocatori non sono stati semplicemente “fallosi”. Sono stati protagonisti di un calcio dove il contatto era parte integrante dello spettacolo, dove il difensore non era solo un ostacolo, ma un guerriero. E se è vero che il cartellino rosso è una macchia sul curriculum, è altrettanto vero che spesso è il segno di una dedizione totale alla causa.

In un’epoca in cui il VAR ha ridisegnato i confini della tolleranza, guardare indietro a questi interpreti della difesa è come sfogliare un album di battaglie epiche. Perché il calcio, dopotutto, non è solo poesia. È anche sangue, sudore e qualche espulsione di troppo.

A cura di Francesco Forziati

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