Roma, Mourinho: “C’è gente che vuole lavorare e migliorare”

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Le parole dell’allenatore portoghese della Roma nel corso di un’intervista rilasciata ai canali ufficiali del club capitolino.

ROMA – José Mourinho, allenatore della Roma, ha rilasciato un’intervista ai canali ufficiali del club capitolino. Queste le sue parole: “Tanto lavoro. Sono molto contento. Sono state settimane di tanto lavoro, però fa piacere quando tu hai tanta gente che vuole lavorare, che vuole migliorare, che ha grande motivazione, che ha una voglia di fare bene. Non parlo semplicemente dei giocatori, ma parlo di tutti quelli che hanno fatto parte di questo precampionato. Le temperature, come tutti sappiamo, erano difficili, le condizioni per lavorare erano difficili per migliorare fisicamente, migliorare tatticamente e imparare a giocare come squadra. Allo stesso tempo parliamo anche di organizzazione dei diversi dipartimenti interni del club, intorno alla squadra, senza dimenticare un mercato super difficile, tanto lavoro per il direttore, per gli scout e la proprietà. Tanto lavoro, però adesso arriva il momento che piace a tutti, perché anche se io sono uno a cui non piace la parola amichevole – le partite sono partite- abbiamo cercato di prendere questo come una motivazione per tutti. La verità è che a punti si gioca domenica contro la Fiorentina ed è anche più difficile giocare ad eliminazione giovedì in Turchia. Questa è la pressione positiva che voglio io e che vogliono i giocatori, e anche i tifosi si divertono molto di più con le partite vere”.

Sul lavoro del gruppo: “Mi piace tanto. Non posso dire molto di più. Mi piace tanto. Penso che l’organizzazione del lavoro sia piaciuta a tutti, abbiamo lavorato ad alta intensità, perché è questa la nostra filosofia, è così che capiamo il lavoro. Alla fine giochi come ti alleni, e ti alleni come giochi. Vogliamo giocare con intensità ovviamente, abbiamo fatto questo ogni giorno. Però c’è anche un lavoro più invisibile, più difficile da capire per voi fuori, che è stato un lavoro di palestra, di prevenzione, di recupero. Abbiamo avuto sempre delle grandi preoccupazioni nel cercare una direzione con belle sensazioni e abbiamo tanta gente che sta lavorando insieme ai giocatori all’interno, ai preparatori atletici, al dipartimento medico, con cui abbiamo un rapporto molto buono a livello di programmazione degli allenamenti. Penso che anche i giocatori sentano questo, il lavoro è duro, però allo stesso tempo sentono questa organizzazione dietro di loro. Credo che abbiano questa sensazione, possiamo arrivare fino in fondo e lavorare veramente intensamente perché tutto è sotto controllo”.

Sul ritiro in Portogallo: “Questi 15 giorni sono stati buoni per iniziare ad avere un primo contatto, io per conoscere loro e loro per conoscere me. Siamo stati insieme per qualche giorno, non solamente allenandoci, siamo rimasti qui a cena e a dormire per qualche giorno, esattamente per accelerare quel processo. Il Portogallo è stato fondamentale. Non perché è la mia casa, ma perché siamo stati insieme 24 ore su 24, praticamente due settimane e lì si capisce tanto. Lì siamo usciti come squadra dal punto di vista tecnico-tattico meglio, principalmente come gruppo abbiamo avuto una conoscenza più profonda e questo è fondamentale, perché alla fine questa è la famiglia. Se arriviamo alla fine del campionato capiremo che siamo stati più tempo con questa famiglia che con quella di casa, di sangue e dobbiamo sentirci così. La squadra è veramente unita”.

Sul lavoro dello staff: “Da solo è difficile. Mi piace la gente che ha delle capacità e motivazioni grandi per lavorare insieme. Siamo arrivati, come dico adesso, nel calcio sembra che ogni allenatore arrivi in un pullman pieno di collaboratori, noi siamo arrivati in una piccola auto perché siamo pochi, ma adesso siamo tanti. Abbiamo preso gente della casa, gente con capacità, gente con voglia di imparare e di imparare a lavorare con me, che è una cosa diversa. Abbiamo dato opportunità anche a gente giovane dell’Accademia, al preparatore atletico che è venuto dalla Primavera per la prima squadra. Questo è il nostro modo di lavorare, non mi piace dire che ho bisogno di 10, 12, 15 persone, ma mi serve uno per ogni dipartimento che mi può aiutare a implementare una filosofia di lavoro. Poi serve gente con capacità, che merita un’opportunità. Ora sono felice, oggi non posso dire “Il mio staff di 5 collaboratori”, ma oggi esiste uno staff con 20 collaboratori. Sentiamo questa unità come squadra, è importante per noi come staff tecnico ma anche per un club, perché un giorno sarà la Roma senza José e quando questo giorno arriverà vogliamo lasciare quello che facciamo sempre in ogni club, che è una struttura sempre super organizzata. Speriamo che la Roma senza José non arrivi presto, speriamo che sia tra tanti anni”.

Sulle amichevoli: “Amichevoli per te, non per noi. Non abbiamo fatto delle amichevoli. Abbiamo iniziato qui in Italia con qualche squadra di una serie diversa dalla nostra, Serie B, C, ed è stato più la continuità con le sedute di allenamento. In Portogallo abbiamo giocato contro squadre di Champions League come Porto e Siviglia, due squadre di un livello altissimo. Quelle due partite sono state importanti dal punto di vista dell’organizzazione difensiva, siamo andati molto bene, abbiamo preso gol al 90’ contro il Porto. La squadra è stata organizzata, ha seguito i principi su cui abbiamo lavorato. Con la palla c’è ancora tanto da migliorare, voglio più controllo del gioco e voglio più intensità nelle transizioni, anche dal punto di vista posizionale ci stiamo preparando in modo diverso rispetto a come facevano negli anni prima, serve ovviamente tempo. Ma siamo migliorati tanto dal punto di vista emozionale, emotivo, competitivo, di squadra mi è piaciuto tanto. Porto e Siviglia sono squadre aggressive, difficili per giocarci contro. Mi è piaciuta tanto la piccola rissa contro il Porto nel senso del controllo emozionale, niente di particolare che possa andare dal giallo al rosso, è stata semplicemente una partita competitiva molto buona. Il Betis è un’altra storia, che penso abbia tanti responsabili per come la partita è finita. Secondo me il primo responsabile è l’arbitro, il secondo responsabile sono io. Non posso essere io a provocare quello che è successo dopo. La squadra mi ha seguito nella mia reazione emotiva e abbiamo finito con 3-4 cartellini rossi. Responsabilità mia, ma mi piacerebbe anche che l’arbitro si chiedesse cosa ha combinato in un’amichevole che era stata buona per farla finire così. Ma io mi prendo le mie responsabilità in questo. La squadra era veramente stanca, tre ore e mezza di pullman dal Portogallo fino a Siviglia, un caldo incredibile anche se si giocava di sera. Non posso dimenticare, perché è la verità, la situazione Dzeko, che ha lasciato tutti in quei ultimi giorni. Era strana, si capiva che sarebbe andato via, però si respiravano dei dubbi: lui va via, arriva qualcuno, non arriva, ho sentito i giocatori preoccupati per questa situazione. Siamo stati competitivi, è stato bravo Shomurodov, che era arrivato due giorni prima e subito ha fatto capire che abbiamo un giocatore. È stato buono per noi, dopo abbiamo avuto un giorno di riposo e dopo il ritorno abbiamo analizzato quello che è successo durante la gara, il positivo e il negativo. In quel momento lì sono stato come sono io e ho detto di essere responsabile per il mancato controllo emozionale”.

Su Abraham: “Prima di tutto devo dire grande direttore e grandissima proprietà. Sono stati bravissimi. La realtà è che abbiamo iniziato il precampionato pensando di avere Dzeko ed è stata una sorpresa per tutti quello che è successo. In un mercato incredibilmente difficile e in una situazione economica difficile, vorrei dire per tutti, ma per quasi tutti i club, avere la disponibilità, l’ambizione e il rispetto per le emozioni dei tifosi, che hanno perso Dzeko ma hanno preso Abraham, è stato quello che voi italiani definite un colpo di mercato. Anche se lui non fosse arrivato, io ho sempre avuto la sensazione positiva che la mia proprietà e il mio direttore hanno fatto tutto il possibile per avere una reazione fortissima ad un giocatore come Dzeko che è partito. Di Tammy preferisco dire di aspettare per vedere. Lo dico con tutta la fiducia. Lo conosco, non ha mai giocato per me quando ero al Chelsea perché aveva 15-16 anni, ma lo conosco molto bene come persona e mentalità, come il modo di sentire la decisione, sempre difficile per un inglese, di lasciare la Premier e questo mi dice tanto. Quando lasci la Premier la lasci perché hai ambizione, perché vuoi tornare in nazionale, perché vuoi giocare il mondiale, vincere fuori dall’Inghilterra. Non tanti giocatori inglesi hanno avuto bellissime carriere fuori. Lui viene per queste ambizioni, poi per le sue qualità aspettiamo. Tammy con Eldor e con Borja, abbiamo un gruppo di attaccanti che mi lascia veramente felice. Non abbiamo quell’esperienza di giocatori di 33-35 anni, quando guardi alla Juve con Cristiano, al Milan con Giroud e Ibra, a Muriel e Zapata, noi non abbiamo questo, ma il potenziale che abbiamo con questi ragazzi, non potrei essere più felice”.

Su Rui Patricio e Shomurodov: “Il mercato è diventato diverso dal mercato a cui pensavo io inizialmente e che avevo spiegato ai boss e al direttore, nel pensare al primo periodo della mia Roma. Abbiamo perso Spinazzola per tanto tempo e abbiamo perso Džeko. Il mercato è diventato diverso, pensavamo a un attaccante e non a due e non pensavamo a un terzino sinistro. È diventato più difficile, è diventato in una direzione in cui non eravamo programmati. Penso che il club sia stato bravissimo. Sarà la prima e spero l’ultima volta che lo dico: mi mancherà qualcosa che avevo pensato quando avevo analizzato la squadra, ma devo solo ringraziare per il mercato. Una reazione fantastica prendere Vina. Rui è Rui, ha giocato oltre 100 partite in nazionale 4-5 anni in Premier. Rui è stabilità, Vina è bravissimo, Eldor lo abbiamo preso perché ci serviva più mobilità e velocità. Siamo supercontenti con lui. Una reazione incredibile, per qualcuno inaspettata, perché la difficoltà in questo mercato è altissima, ma se qualcuno aveva bisogno di una reazione per capire quello che la proprietà vuole fare, in questi minimo tre anni che dobbiamo fare insieme, ecco la reazione. Non siamo la rosa più forte del mondo e lo sappiamo, ma nessuno ci può proibire di pensare di vincere la prossima partita. Questa è la mentalità, e nessuno può impedirci di pensare di vincere la partita. Sicuramente perderemo e pareggeremo, ma vogliamo sempre avere la sensazione di vincere”.