Samp, 32 punti: la paura

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In quasi 3 anni di partecipazione a questo editoriale per la prima volta mi ritrovo a dovermi dire deluso. Mai come domenica a Verona ho visto una squadra impaurita, senza idee e senza un minimo di coraggio.

Ero convinto che il match contro il Chievo sarebbe stato quello della svolta; le due settimane di pausa avrebbero dovuto permettere un maggior amalgamento del gruppo, una miglior coesione e sopratutto una maggior capacità di gioco. Il supporto dei tifosi (al Bentegodi sembrava di essere di casa) doveva essere la chiave tanto acclamata dai giocatori stessi per sbloccare le gambe e la testa e provare a portare a casa qualche punto. A dire il vero un punto da Verona ce lo siamo portato via, ma come?

Cosa ha differenzaito la partita contro il Chievo rispetto a quelle contro Catania e Parma? A mio modesto parere solamente il fatto che il Chievo non ha fatto gol. In realtà né i siciliani né i ducali avevano impensierito più di tanto la porta di Curci, così come anche i clivensi. Tuttavia nelle due precedenti partite gli avversari avevano trovato l’occasione per portarsi in vantaggio e prendersi col minimo sforzo (1-0) il massimo dei punti. A Verona (per fortuna) ciò non è avvenuto, ma questo non mi lascia per nulla soddisfatto. Numeri alla mano (e sappiamo che purtroppo nel calcio sono i numeri a contare) siamo da retrocessione.

Non segnamo in trasferta dal 21 novembre 2010 quando fu Pazzini a regalarci la vittoria contro il Lecce, tutto ciò un girone fa. Nelle ultime 5 partite siamo l’unica squadra di tutta la massima serie a non aver vinto ed ad aver segnato 2 miseri gol (nel 2-3 col Cesena). Questo trend negativo fa davvero paura. Fa paura a noi tifosi, ma dalla partita di Verona mi è parso di capire che fa paura sopratutto ai giocatori. Mai penso d’aver visto così tanti passaggi indietro, verso i difensori centrali o addirittura verso il portiere, chiaro segno dell’incapacità di costruire un’azione degna di questo nome. Domenica qualcosa di sufficiente (e non buono) si è visto con Pozzi in campo. Il numero 9 doriano infatti si è impegnato ad andare su tutti i rilanci della retroguardia fermando la palla spalle alla porta e facendo salire la squadra. Questo ha permesso al centrocampo di poter impostare il gioco dalla metà campo e non dalla nostra tre quarti. Inoltre la difesa ha avuto il tempo di rifiatare.

Tuttavia Pozzi non era nelle condizioni fisiche per giocare tutti i 90 minuti e così all’intervallo Biabiany ha preso il suo posto. Ora, posto che non ho le competenze per valutare se il francese valga o non valga  i 7 famosi milioni, ma capisco abbastanza di calcio per affermare che non può fare la prima punta alla “Pozzi”. Eppure, cambiato il giocatore lì davanti (Maccarone non pervenuto) e il gioco della Samp non cambia; palla alla difesa che rilancia lungo, Biabiany fa quello che può (male) e ci si ritrova a non creare più nessunissimo problema al Chievo (non che i gialloblu ne abbiano creati poi tanti a noi). Qual’è la causa di questo non-cambiamento d’assetto tattico?

A mio parere la paura; i centrocampisti che dovrebbero impostare hanno paura di scendere a prendere palla, le ali hanno paura di saltare l’uomo, i difensori di fare quell’errore che significherebbe sconfitta. La consapevolezza di aver grossissime difficoltà a segnare porta tutta la squadra ad essere più accorta in fase possesso, impedendo così quel minimo di rischio necessario se si vuol cercare di vincere la partita. Siamo a quota 32, anche pareggiando tutte le partite si arriverebbe a 39: la quota salvezza è a 40, quindi qualcosa bisogna cambiare.

Concludo dicendo che domenica a Verona eravamo più di 4 mila tifosi doriani. Come si dice in questi casi: “Meritiamo di più!”

[Giacomo Zanon – Fonte: www.sampdorianews.net]