Il calcio italiano ha scoperto una nuova frontiera: quella della voce degli arbitri. Già, perché dalla stagione 2025/26 i direttori di gara non si limitano più a fischiare, ammonire o correre dietro al pallone: adesso devono anche annunciare al microfono le decisioni prese dopo il VAR. Una rivoluzione che all’inizio sembrava solo un dettaglio tecnico, ma che in pochi giorni si è trasformata in un piccolo caso nazionale.
Il debutto è stato memorabile: Como–Lazio, prima giornata. L’arbitro Manganiello annulla un gol e lo comunica con un tono così solenne da sembrare il protagonista di un film epico. Il risultato? Meme, ironie e una domanda che in pochi si erano posti: chi insegna agli arbitri a parlare in pubblico?
La risposta è arrivata subito dall’AIA. Gianluca Rocchi, designatore di Serie A, ha deciso di correre ai ripari cercando una figura nuova, quasi rivoluzionaria per il mondo arbitrale: un coach di comunicazione. Non un preparatore atletico, non un esperto di regolamenti, ma qualcuno che insegni a modulare la voce, gestire le emozioni e soprattutto a non sembrare attori improvvisati in un colossal hollywoodiano.
Nei raduni precampionato sono già partite le simulazioni: arbitri al monitor, revisione VAR, microfono acceso e annuncio allo stadio. Una sorta di corso di public speaking in salsa calcistica, con tanto di prove pratiche davanti ai colleghi. In platea, oltre a Rocchi, c’erano anche il presidente AIA Antonio Zappi e Massimiliano Irrati, che di VAR se ne intende parecchio visto il ruolo di coordinatore FIFA.
C’è però un problema che rischia di far discutere: il costo. Portare un professionista a seguire stabilmente gli arbitri significherebbe investire oltre 150 mila euro a stagione. Una cifra non banale, soprattutto in un periodo in cui i fondi per la categoria sono stati ridotti e le sezioni locali hanno visto tagli significativi.
Resta il fatto che la direzione sembra tracciata. Perché il calcio moderno non è solo tecnica, tattica e preparazione atletica, ma anche comunicazione. E se gli arbitri sono destinati a diventare le nuove “voci ufficiali” delle decisioni più delicate, allora tanto vale insegnargli a farlo con autorevolezza, chiarezza e perché no un po’ di stile.
Chissà, magari tra qualche anno parleremo degli arbitri non solo per i rigori assegnati o i cartellini estratti, ma anche per il loro tono, qualcosa che continua a modificare radicalmente il calcio italiano e la voce di un arbitro mai ascoltata sino ad oggi.
A cura di Francesco Forziati