Capello e il primo campionato vero dopo Calciopoli. Del Piero e il contratto del 5 maggio

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“Questo è stato un Campionato vero: dopo il periodo di Calciopoli questa è la prima volta in cui tutte le squadre si sono rinforzate per essere veramente competitive.

Ecco perché questo è uno scudetto che vale parecchio”. L’intervista prosegue e poi si torna sul punto: “Ripeto: per la prima volta dallo scandalo di Calciopoli c’è stato un campionato vero. E questo l’anno prossimo ci renderà competitivi in Europa”. Il Campionato vero e il Ripeto portano la firma di Fabio Capello. Non il primo che passa per strada e, tanto per gradire, nemmeno un personaggio particolarmente tenero con il Milan, con la squadra cioè in questo momento maggiormente indiziata di vincerlo questo “primo campionato vero dopo Calciopoli”. Da allenatore della Roma prima e della Juventus poi, lo stesso Capello ha spesso polemizzato e indirizzato frecciate nei confronti di parte della dirigenza del Club rossonero (eccezion fatta per il presidente Berlusconi), nei confronti di Ancelotti e in qualche caso di alcuni giocatori. Nessun problema, diceva quello che pensava.

Proprio come l’altro giorno sul Corriere della Sera quando, per l’appunto, ha detto quello che pensa. Parere pesante e scomodo per la classe mediatica dominante, quello di Don Fabio. La memoria del bisiaco vincente rammenta, a tutti, che la storia dei primi quattro anni post-Calciopoli risente in maniera dannatamente decisiva delle scorie dell’estate 2006. Calciopoli ha donato all’Inter una rendita di posizione gigantesca e prodotto un calcio in cui solo l’Inter stava bene e che le altre si arrangiassero. Con i costi del calcio di oggi, ricostruire e ripartire è tremendamente difficile, i pericoli e gli errori sono sempre dietro l’angolo e rimanere tremendamente indietro a livello di programmazione per un anno genera esponenzialmente molto più di una stagione di ritardo rispetto alle competitrici. Inter e Roma nell’estate 2006 rimasero serene e tranquille e non a caso per quattro anni il calcio italiano è stato solo Inter-Roma, in Campionato, in Coppa Italia e in Supercoppa di Lega. A seconda dei colori con cui si vede il calcio, questi possono essere teoremi ragionevoli o meno. Meglio affidarsi ai numeri. Tutte le squadre si sono rinforzate, dice Capello. La domanda è una e solo una: è vero o no? Certo che è vero. Tra le prime cinque squadre in classifica del Campionato in corso ben quattro squadre hanno migliorato il loro rendimento rispetto alla scorsa stagione: il Milan ha 13 punti in più, il Napoli più 15, la Lazio più 20 e l’Udinese più 16. L’unica fra le prime cinque che non è progredita è l’Inter. Ma attenzione, i nerazzurri hanno solo 4 punti in meno rispetto all’anno scorso. Quattro punti, non quaranta. Fin troppo facile dedurre che con le forze nuove del campionato, la celebrata Inter della scorsa stagione non basta più.

Erano in molti a ritenere che la trattativa a cielo aperto fra la Juventus e Alessandro Del Piero non fosse cosa buona e giusta per il simbolo bianconero e per la storia del Club italiano più vincente in Italia. Messaggi di qua, silenzi di là, incertezze, piccoli passi. I famosi molti se lo chiedevano e se lo richiedevano, ma, dopo quasi vent’anni di Juve non riescono proprio a stringersi la mano? Giovedì abbiamo scoperto che in realtà era tutto programmato e tutto preparato. Il presidente Agnelli ha colto la palla al balzo e ha trasformato la firma del prolungamento di Del Piero in un messaggio ai naviganti. Quando ha firmato Alex? Il 5 Maggio. Dove ha firmato Alex? Nel nuovo stadio bianconero sorto sul terreno dello stadio in cui giocava la Juventus all’epoca del 5 Maggio. Il messaggio è chiaro e duplice: guanto di sfida, ennesimo, ma pur sempre guanto all’Inter, e nessun passo indietro, anzi il contrario, in quanto ad orgoglio di appartenenza sull’orgoglio juventino di quegli anni. Il Club bianconero sente suoi tutti i trofei conquistati, quelli contestati (gli interisti hanno più di una volta esposto teorie revisioniste sul Campionato 2001-2002) come quelli revocati e ritiene un fatto assolutamente naturale, quasi dinastico, tornare a vincere. Ecco come la firma di un contratto è divenuta una festa celebrativa. In attesa, naturalmente, del commento del presidente Moratti…

L’incorreggibile Walter non si smentisce. Alla fine del sogno scudetto, nessun tifoso napoletano sentiva la necessità del pizzicotto. Sarebbe bastata una bella tisana rilassante, senz’altro piacevole, proprio come piacevole, anzi di più, era stato il sogno fino al gol di Inler del 17 Aprile ultimo scorso. E invece no, il bravissimo allenatore del Napoli si conferma per quello che è. Un ottimo professionista e un personaggio discutibile. Prima nega all’Udinese il merito e l’onore delle armi per la partita disputata al San Paolo (dove, dovrà ammetterlo Mazzarri un giorno o l’altro, il Napoli trova difficoltà quando deve fare la partita, come è successo con il Chievo, con la Fiorentina, con il Brescia e come stava per succedere con il Lecce), poi si lamenta per l’impegno da Coppa dei Campioni del Palermo, e dulcis in fundo rumina e mugugna sulle domande sul suo futuro. Sia chiaro, Napoli non merita di essere abbandonata così, sul più bello. Non deve essere facile lavorare con il presidente De Laurentiis e di questo ne va dato atto all’incorreggibile Walter, ma il calcio non è un circolo ristretto di professionisti. E’ un fatto d’amore, di popolo. Soprattutto a Napoli. Per questo Mazzarri avrebbe dovuto e dovrebbe evitare la prospettiva di diventare il core ingrato del 2011. Prima guardi negli occhi e tieni per mano i tuoi tifosi dove siete andati insieme, il San Paolo non è un fattore solo quando fa comodo, e cioè in Champions League, poi fai il professionista e valuti. Il calcio non è una scorciatoia. Non si può scegliere sempre la via più facile, come lo scorso Agosto quando di fronte all’unico, l’unico!, nodo della rosa del Napoli, e cioè la convivenza fra quattro big davanti come Cavani, Quagliarella, Hamsik e Lavezzi, la vita è diventata facile con la partenza della punta di Castellammare. A proposito, Quagliarella non è evaporato. Gioca a Torino, nella Juventus…

Se ci fosse stato Mou, avremmo vinto tutto. Se non ci fosse stata la settimana maledetta, avremmo vinto tutto. Dalle parti di Appiano, l’impianto di fabbricazione dei “se” lavora senza soste, turni di notte e straordinari compresi. Però, in fondo, la settimana maledetta è affascinante come idea. Come tutte le ipotesi in chiaroscuro, con delle zone d’ombra che accrescono il mistero: non è chiaro infatti se ad essere maledetta o maledette siano la settimana o le settimane. A ben guardare infatti sembrerebbero più d’una. Intanto le due settimane di preparazione del derby del 2 Aprile, vissute sul cavallo bianco con poca grinta, poca attenzione sulle amichevoli transoceaniche e troppa euforia. Poi, certo, la settimana di Milan 3-0 e Schalke 2-5. Ma, attenzione, c’è né stata un’altra ancora, quella di Schalke 2-1 e di Parma 2-0, la vera partita in cui l’Inter dà la sensazione di mollare in Campionato. Una partita, quella del Tardini, preceduta da quella di Gelsenkirchen che doveva essere la partita del crederci e della rimonta. Insomma, settimana o settimane? Vogliamo tagliare la testa al toro e considerare solo la settimana dalla vigilia di Natale fino a Capodanno come quella incriminata? E’ una proposta e la sottoponiamo umilmente al capostruttura della catena di montaggio dei “se”. Fra un turno di produzione e l’altro, se ne può parlare.

[Mauro Suma – Fonte: www.tuttomercatoweb.com]