Ecco Didac Vilà, meglio di Victor Ruiz? Thiago Silva è Rijkaard o Desailly?

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Dìdac Vilà è atterrato ieri a Milano. Le tv non abbondano di hi-lights su di lui. Meglio quindi descriverlo, con le notizie che arrivano direttamente da ambiente Espanyol. Intanto il quarto rinforzo di Gennaio del Milan risponde all’identikit tracciato giovedì a Adriano Galliani a Milanello: può giocare la Champions League e proviene da campionato estero. Andiamo oltre. Vilà è un esterno rigorosamente sinistro, più difensivo che offensivo. E’ un giocatore che corre e lavora molto per la squadra, vanta una notevole resistenza sui novanta minuti. E’ alto ma appare piuttosto magro: nonostante questo ha forza d’urto utile per i contrasti, regge anche spalla a spalla. L’ambiente della squadra non catalana di Barcellona lo descrive così: non un fenomeno, attualmente un buon giocatore, ancora più buono in prospettiva.

Nelle preferenze, e questo ci ha francamente stupito, dei tifosi di marca Espanyol è più quotato lui rispetto al nuovo acquisto del Napoli Victor Ruiz. Sarebbe una sconfessione della legge di mercato, come nel caso più ridondante e prestigioso di Ibra-Eto’o. In questo caso il mercato ha fatto la sua scelta: nettamente più forte Ibra, valutato nell’estate 2009 Eto’o più 50 milioni. Successivamente i presidi paramilitari attivi, con i soliti colori, sulla rete hanno deciso, in maniera non sempre tollerante e civile, che non è così, e cioè che sia più forte Eto’o, nonostante il confronto incrociato Milan-Cesena e Udinese-Inter non l’abbia ulteriormente confermato. Può essere. Sembra in ogni caso più o meno così anche sul fronte Victor Ruiz-Didac Vilà. La quotazione di mercato e l’attenzione mediatica sono state più alte per il neo-partenopeo, mentre il sentimento dei tifosi sembra privilegiare Vilà. Sarà come sempre il campo a dirimere la questione.

Massimiliano Allegri lo ha detto chiaro: spostare Thiago Silva da centrocampo e riportarlo in difesa mi spiace. Il tecnico rossonero ha fatto questa considerazione, in risposta ad una domanda sul fatto che il brasiliano a centrocampo protegga due reparti, centrocampo e difesa dove arrivano meno palloni e meno giocabili, mentre in difesa ne protegge uno soltanto. De gustibus. Resta il fatto che la storia più o meno recente del Milan è popolata di giocatori a metà fra il centro della difesa e il cuore del gioco a centrocampo. Il primo era Frank Rijkaard che sentiva suo il ruolo di centrocampista e giocava in difesa, da stopper, con professionalità ma senza entusiasmo. Il secondo era Marcel Desailly che, nel centrocampo a quattro del Milan di Capello, recuperava palloni su palloni e li appoggiava al vicino Demetrio Alberini. Ma Thiago cos’è e chi è? Rijkaard o Desailly? Probabilmente un mix, lui si sente difensore e non centrocampista, anche se il ruolo in genere del centrocampista centrale nel calcio di oggi e nel calcio in senso lato è più da protagonista rispetto a quello del difensore. Nello specifico, sembra più Rijkaard che Desailly. Il francese era molto più difensivo che propositivo, mentre l’olandese fondeva maggiormente in sé la rocciosità del centrocampista ad una certa visione di gioco. Se dovessimo andare al voto, preferiremmo al fotofinish Thiago a centrocampo.

Il Milan ha svoltato. Dal giorno di Ferragosto 2010 ad oggi sono trascorsi cinque mesi e mezzo. Non un’eternità. Eppure al Milan sembra sia passata davvero un’era geologica. Dopo gli stenti dell’estate 2008, dove era un problema anche lo stanziamento per il buon Emerson, e dell’estate 2009 con la partenza di Kakà e il rischio sfiorato della partenza di Pirlo, è tutto un altro mondo. Sono fasi normali, transitorie, soprattutto se parametrate sul lungo periodo di una presidenza come quella di Silvio Berlusconi. Ma, certamente, molto diverse fra loro. Kevin Prince Boateng, dopo quel famoso Ferragosto, approdò al Milan il 18 Agosto. Da quel momento in poi il Milan ha messo insieme praticamente una squadra di nuovi innesti: Amelia; Montelongo (Rodrigo Ely), Sokratis, Yepes, Vilà: Boateng, Van Bommel, Emanuelson; Robinho; Cassano, Ibrahimovic. E’ un nuovo Milan messo in piedi nel giro di pochi mesi, una squadra da sola forte e in grado di tenere il mare, magari non da Scudetto ma probabilmente da zona Champions, nelle acque del Campionato italiano. Sono svolte che di solito non propagano i loro effetti, i tifosi rossoneri si augurano benefici, solo su una stagione.

Giampaolo Pazzini è il nuovo, grande, investimento dell’Inter. E’ un giocatore che sa punire anche grandi avversarie e che merita molto rispetto e molta considerazione. In questo momento, contrariamente ad Antonio Cassano che lo è, non è titolare nel suo ruolo della Nazionale italiana, ma giocando nell’Inter potrà diventarlo. Pazzini, che non può giocare la Champions League esattemente come Cassano, ha davanti a sé una grande sfida, la pressione centrifuga della grande piazza. Alberto Gilardino, che in questo momento lo precede di stretta incollatura in Nazionale così come era già accaduto nella Fiorentina, non l’ha retta del tutto. Lui ce la farà? Nei mesi vissuti senza Cassano alla Sampdoria, non è stato molto prolifico. Per lui sarà importante il rientro di Sneijder. L’Inter ha in ogni caso speso molto, dopo qualche discorso sul fair play finanziario, sul mercato di Gennaio. Malcontati, sono 24 i milioni messi sul piatto di Genova per gli arrivi di Ranocchia e Pazzini. E’ una cifra cinque-sei volte superiore a quella sborsata dal Milan sul fronte dei quattro arrivi di questo mese, da Cassano ad Emanuelson, da Van Bommel a Vilà. E’ corretto che l’Inter, alla pari del Milan in Champions e in Coppa Italia ma in svantaggio in Campionato, si sia rinforzata, ma non si potrà dire che Leonardo non sia stato aiutato dalla proprietà. I rinforzi, anche costosi, sono arrivati. Adesso tocca a lui.

[Mauro Suma – Fonte: www.tuttomercatoweb.com]