Gravina: “Il calcio deve ripartire subito, abbiamo già perso 500 milioni”

239

Gravina

Le parole del presidente della Federcalcio Gravina nel corso di un’intervista rilasciata al magazine “Riparte l’Italia”.

ROMA – Il presidente della FIGC Gravina, ospite del magazine “Riparte l’Italia”, ha rilasciato dichiarazioni interessanti circa la ripartenza del calcio italiano. Queste le sue parole: “Se il calcio non riparte subito, ci sarà un danno irreparabile, abbiamo già perso 500 milioni di euro. Occorre difendere 100 mila lavoratori, 1,4 milioni di tesserati, 4,7 miliardi di fatturato. Ripartire vuol dire giocare. Il calcio in Italia rappresenta uno straordinario fattore sociale ed economico, un ineguagliabile generatore di entusiasmo. La sua capillare penetrazione nelle diverse Comunità della Penisola lo ha reso, nel corso degli anni, un elemento di coesione e di sviluppo, un moltiplicatore di passione e uno straordinario volano per l’economia, in grado di affascinare la quotidianità di milioni di italiani molto più di altri settori produttivi del Paese.

La diffusione del contagio da Covid-19 ha stravolto le nostre vite, ha imposto cambiamenti radicali alle nostre abitudini e messo in discussione le relazioni interpersonali. Ma non ha spezzato il filo d’amore che lega il calcio all’Italia. Lo hanno dimostrato i numeri straordinari e i commenti positivi delle iniziative messe in campo dalla FIGC nel difficile periodo del lockdown, ispirate ad un senso di responsabilità sociale che la Federazione sente proprio, a maggior ragione in un momento così drammatico”.

Gravina ha, poi, aggiunto: “Siamo partiti col mettere a disposizione della Protezione Civile fiorentina il Centro Tecnico Federale di Coverciano, la Casa delle Nazionali italiane di calcio poi ribattezzata la Casa della Solidarietà, che per 40 giorni ha ospitato 48 pazienti positivi al Covid-19. Grande successo hanno riscosso, inoltre, le iniziative #leregoledelgioco e #loScudettodelCuore, ideate per promuovere i comportamenti responsabili ai tempi del Coronavirus grazie al coinvolgimento delle Azzurre e degli Azzurri nonché per celebrare tutte le categorie professionali impegnate nella lotta all’epidemia assegnandogli uno scudetto simbolico. Le due campagne insieme hanno avuto ampio risalto, facendo registrare oltre 25 milioni di contatti su tutti i mezzi di comunicazione e più di 10 milioni di contatti sui social FIGC. A queste attività se ne sono sommate diverse altre promosse dai singoli Club e della Leghe, tutte accomunate da un minimo comun denominatore: coinvolgere il più possibile l’ampia platea degli appassionati. Finalmente, una volta superata la fase più critica della pandemia, i bambini hanno ricominciato ad uscire di casa con il loro fedele compagno di giochi sotto il braccio: il pallone. In fondo, quello che affermava Jorge Luis Borges (“ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa per strada lì ricomincia la storia del calcio”) è poesia, ma anche una splendida realtà”.

E infine: “Le ragioni profonde dell’azione intrapresa dalla FIGC sono da ricercare nell’impatto reale che il calcio ha nel nostro Paese. Si tratta di un movimento che in Italia coinvolge 4,6 milioni di praticanti, con circa 1,4 milioni di tesserati, di cui 833.000 calciatori tesserati nell’ambito dell’attività giovanile. Ogni anno in Italia si disputano circa 570.000 partite ufficiali, ovvero 1.600 partite al giorno (una ogni 55 secondi). Questi numeri si traducono in importanti riflessi dal punto di vista economico; il fatturato diretto generato dal settore calcio è stimabile in 4,7 miliardi di euro. Di questa cifra, il 23% viene prodotto dai campionati dilettantistici e giovanili, dalla FIGC e dalle leghe calcistiche (1,1 miliardi di euro), mentre il restante 77% (3,6 miliardi) dal settore professionistico, ovvero dal valore della produzione generato dai club di Serie A, Serie B e Serie C. Un dato che evidenza quanto il comparto professionistico rappresenti il principale attore all’interno del sistema calcio e dell’intero sport italiano. Analizzando – conclude Gravina – ciò che il calcio italiano genera non è quindi così difficile capire perché la Figc persegue pervicacemente la via della ripartenza. Ce lo abbiamo nel DNA e lo portiamo anche nel nostro nome: per noi ripartire vuol dire tornare a giocare”.