La Corte di Giustizia UE mette in discussione l’assolutismo del TAS: i lodi arbitrali sportivi devono essere soggetti a controllo giurisdizionale

19 0

tribunale tas-casBRUXELLES — Una sentenza destinata a lasciare il segno nel mondo dello sport professionistico è stata pronunciata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Con la causa C-600/23, i giudici europei hanno chiarito un principio che potrebbe ridefinire i rapporti tra giustizia sportiva e giustizia ordinaria: le decisioni del Tribunale Arbitrale dello Sport (TAS) non possono essere sottratte al controllo dei tribunali nazionali.

La vicenda nasce in Belgio, dove il Royal Football Club Seraing ha contestato un lodo arbitrale ritenuto lesivo dei propri diritti. Il club ha sollevato dubbi sulla compatibilità della decisione con il diritto dell’Unione, in particolare con i principi di tutela giurisdizionale effettiva e rispetto del giusto processo. La questione è arrivata fino alla Corte di Giustizia, che ha accolto le preoccupazioni del club e ha stabilito un precedente importante.

Secondo la Corte, i lodi arbitrali sportivi, anche se emessi da un organismo riconosciuto come il TAS, non possono essere considerati intoccabili. I giudici nazionali devono avere la possibilità di esaminarli nel merito, soprattutto quando sono in gioco diritti fondamentali garantiti dal diritto europeo. In altre parole, l’autonomia della giustizia sportiva non può trasformarsi in un’isola priva di garanzie.

La decisione ha già suscitato reazioni nel mondo sportivo. Molti esperti di diritto hanno salutato la sentenza come un passo verso una maggiore trasparenza e responsabilità. Per i club e gli atleti, si apre ora la possibilità di contestare lodi arbitrali non solo per vizi formali, ma anche per violazioni sostanziali dei loro diritti.

Questa pronuncia non mette fine al ruolo del TAS, ma lo ridimensiona. Lo sport rimane un ambito con regole proprie, ma non può sottrarsi ai principi fondamentali che regolano la convivenza giuridica in Europa. E in questo equilibrio tra autonomia e controllo, la Corte ha tracciato una linea chiara.

A cura di Francesco Forziati