La fedeltà di Palombo e la competenza di Sensibile: ecco le basi per ripartire

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Non siamo ancora scesi in campo, sembra passata un’eternità e invece fino a poche settimane fa eravamo travolti da rabbia, disperazione, dolore e stupore, ma, al tempo stesso, tanta, tantissima passione, dignità e umiltà. Non avremmo mai voluto né parlare, né pensare, né pronunciare la seconda lettera dell’alfabeto, vuoi per scaramanzia, vuoi per speranza, vuoi per fiducia, invece è capitato il peggio e con la realtà dobbiamo fare i conti, non siamo i tipi che si nascondono.

A parole e finora sembra anche con i fatti, la società ha voluto e dovuto voltare pagina, ma non soltanto, si è cambiato perfino il libro da leggere e sfogliare. Il mercato deve ancora prendere velocità, siamo ancora alle fasi embrionali, come da tradizione le trattative estive prenderanno velocità, intensità e solidità nelle prossime settimane, ma tanto è già successo in casa blucerchiata e merita  un’analisi dettagliata.

Ho atteso le prime mosse del nuovo corso prima di esternare le prime impressioni e sinceramente non possono che essere positive. Con la premessa che un paragone risulta fuori luogo perché nell’ultima stagione è successo davvero l’impensabile ed è sinceramente meglio stendere l’ennesimo velo pietoso su chi ha operato, non ci sono assolutamente dubbi sulla bontà della scelta operata dalla società nel ruolo chiave di Direttore Sportivo. È sempre stato, ma ancora più nel calcio di oggi, nel quale se si cade a vuoto si fa tanto rumore in termini di perdite finanziarie, o si vuole operare con oculatezza e imitare modelli perfettamente funzionanti, il ruolo del Ds rappresenta una scelta fondamentale, delicata, determinante, da non sbagliare.

Pasquale Sensibile mi ha finora pienamente convinto e conquistato: ha giocato a calcio nel cuore del centrocampo dove si lotta, si combatte e si danno geometrie alla manovra, spesso in squadre non dal nome troppo altisonante, ma capaci di incarnare due qualità fondamentali: la fame di calcio e la voglia di sorprendere, come quel Castel di Sangro, capace nella stagione 1998-1999 di sfiorare il ritorno in serie B, ma soprattutto, con alla guida mister Sala, di incantare e sorprendere un’intera nazione eliminando in Coppa Italia compagini di categoria superiore come Perugia e Salernitana, sfiorando il colpaccio con l’Inter di Ronaldo, Roberto Baggio e Djorkaeff: 1-0 per i neroazzurri a San Siro, 1-1 rocambolesco e pieno di polemiche al ritorno in Abruzzo.

Sensibile non è uno che ha sempre lavorato dietro ad una scrivania, ha conosciuto sulla propria pelle cosa significhi sudare in campo, onorare una maglia, essere il cervello e il combattente a centrocampo dove spesso e volentieri si decidono e le partite, lottare per il salto di categoria. Una volta appesi gli scarpini al chiodo, ha intrapreso la carriera dirigenziale e, anno dopo anno, il lavoro svolto ha ottenuto un numero crescente di apprezzamenti, attestati di stima e rapporti di fiducia con i propri colleghi, in virtù di qualità fondamentali per un osservatore, un direttore sportivo, un dirigente di calcio: competenza, fiuto per gli affari e abilità nell’ottenere il massimo da ogni trattativa, anche da quella apparentemente più intricata. Il capolavoro svolto a Novara, con la doppia promozione dalla vecchia C1 alla massima serie, rappresenta l’esempio più eclatante.

È vero, nel calcio contano le vittorie, i punti, gli obiettivi raggiunti, e, da questo punto di vista, quello più importante, finora Pasquale Sensibile rappresenta una certezza, oltre che una persona sempre alla ricerca di nuovi stimoli, ambizioni e traguardi, come la decisione di salutare, si spera per noi soltanto momentaneamente, la serie A, conquistata, sudata e voluta con tanti anni di sacrifici, per contribuire alla risalita della nostra amata Sampdoria. Al di là dei fatti, il nuovo Ds mi ha convinto e molto anche con il microfono in mano, dimostrando di essere un ottimo comunicatore, qualità non trascurabile ai giorni nostri, riuscendo a toccare con precisione, determinazione e serietà i punti cardine del momento post retrocessione: voglia di riscatto, chiarezza nei ruoli, motivazioni e compattezza.

Se il riscatto di Volta e la maxi operazione con il Parma rappresentano un buon inizio per la nuova campagna acquisti – cessione, il primo tassello, il mattone più pesante, le fondamenta della casa blucerchiata portavano e portano tuttora il nome di Angelo Palombo, l’acquisto più importante. Lo ha dichiarato lui stesso che un Capitano si vede in questi momenti e lui non ha tradito le attese, dimostrando con i fatti, sempre più difficili da riscontrare nel calcio moderno, e non con le parole, arricchite da molti suoi colleghi con ipocrisia, falsità e predisposizione a salire al volo sul primo treno che passa se si tratta del miglior offerente, di tenere davvero alla nostra maglia.

Intendiamoci, è dall’estate 2002 che lo dimostra, alla Sampdoria ha dato tanto in termini calcistici, umani, contribuendo significativamente all’ascesa blucerchiata e mettendoci sempre la faccia nei momenti più bui, nei quali era facilissimo giocare a nascondino, ma lui, da autentico Capitano, da vero Uomo, non dimentica il significato della parola “riconoscenza”. Non si è scordato di quanto ha ricevuto anche dalla Sampdoria, che lo ha prelevato da ragazzino dal fallimento della Fiorentina, portandolo in serie A, in Europa, ai preliminari di Champions, in Nazionale, ma anche dagli stessi tifosi blucerchiati, che gli sono sempre stati vicini, attribuendogli il ruolo di leader, bandiera, riferimento unico all’interno della squadra, soprattutto dopo la squalifica e l’interruzione del matrimonio calcistico, ma non affettivo, con Francesco Flachi.

Oltre che una persona riconoscente, stiamo parlando di un professionista serissimo e un vero Sampdoriano in campo. Sarebbe stato semplice scaricare colpe e responsabilità sulle spalle di chi ha distrutto in pochi mesi un giocattolo costruito con cura e competenza in otto lunghi anni, su chi non correva in campo, su tutti coloro che sono mancati nel momento clou della stagione, invece lui non l’ha fatto, anzi. Probabilmente, avendo il cuore tinto dei nostri colori, sarà il primo a guardare esclusivamente a se stesso, a rendersi conto che anche lui non ha reso come ci si sarebbe aspettati, non riuscendo nel difficile compito di prendere in pugno una squadra allo sbando e finendo invece per restarne travolto. Questa sarà l’ennesima ragione, uno stimolo in più che ha portato l’Angelo Blucerchiato a ribadire la volontà di finire la carriera nella Sampdoria, dentro di lui smania la voglia di contribuire al ritorno in serie A e al rilancio della sua e della nostra squadra nel campionato che le compete.

Da una parte la Sampdoria, i suoi tifosi, la serie B da giocare e una serie A da riconquistare, dall’altra la Nazionale, ingaggi superiori e contratti pluriennali, ambizioni di Europa League o perfino di Champions, piazze blasonate, treni che passano soltanto una volta.  Angelo ha scelto la Sampdoria, in serie A o in serie B poco importa, non è un vecchietto, ma nemmeno più un ragazzino, è nella fase cruciale della carriera e la vuole vivere indossando la nostra maglia e per questa ragione merita la stima e il bene di qualunque appassionato di calcio, perché ormai le bandiere sono casi sempre più rari.

Il pianto e le scuse pubbliche al triplice fischio finale di Sampdoria – Palermo hanno fatto il giro del mondo, ma, cosa che più conta, hanno dimostrato che ai Sampdoriani seduti sugli spalti bisogna aggiungerne un altro; lui scende in campo, ha il numero 17 sulla schiena, è nato a Ferentino il 25 settembre 1981, la carta d’identità riporta Angelo Palombo.

[Diego AnelliFonte: www.sampdorianews.net]