La sentenza del mercato delle banane: la Serie A è un campionato senza futuro. Ultimi botti tra oggi e domani

227

Mio nonno detestava i giri di parole. Se una cosa era fatta male non diceva “è quasi bella”, preferiva “fa schifo”. Di questo italico mercato delle banane, per capirci, non direbbe “Le nostre squadre si sono mosse in maniera saggia: fair-play finanziario non ti temiamo!”, piuttosto virerebbe su un meno entusiasmante “La serie A che tarda come i treni del controesodo, sarà un campionato composto da mezze squadre, costruite da presidenti che per un motivo o per l’altro hanno guardato più al portafoglio che al cuore”. Badate bene, nessuno dice che non ci divertiremo, che sarà un torneo scialbo e poco combattuto (in fondo anche all’oratorio si assiste a partite entusiasmanti), ma di sicuro scordiamoci di competere con “quelli là”, gli strafottenti, quelli che se il fair-play esiste certo non riguarda le casse dei rispettivi club. In ordine sparso: Manchester (City e United), Real, Barça, Chelsea, Bayern (e qualche altra ancora che evitiamo di elencare

per non deprimerci troppo), sono tutti squadroni meglio attrezzati e in salute dei nostri. Poi – per carità – sono ammesse sorprese, ma a due giorni dalla fine della fiera pallonara possiamo ragionare su almeno tre amare certezze.

1) Il palazzo del calcio tricolore è diventata la sede di qualche confraternita di quelle che si vedono nei b-movie americani. Mentre negli altri Paesi si muovono per migliorare il prodotto-calcio (stadi più accoglienti, idee per aumentare i fatturati, accordi con petrolieri arabi, sponsorizzazioni pluriennali e milionarie con multinazionali), da noi: A) Si è passata l’estate a parlare di prescrizione, scommesse illegali, penalizzazioni per squadre che non pagano stipendi, scudetti da assegnare/revocare/cartonare/plastificare, B) E’ stato annunciato, poi minacciato, infine realizzato lo sciopero più ridicolo della storia d’Italia. Perché ridicolo? Se una categoria sciopera rinuncia a una paga: con i calciatori non accade. Se una categoria sciopera perde irrimediabilmente un giorno di lavoro: con i calciatori semplicemente si sposta in là una giornata di campionato. Se una categoria sciopera è perché si trova con l’acqua alla gola: da noi nessuno ha messo le mani in tasca ai calciatori, si stava solo ragionando sulla possibilità di tassare i lavoratori dipendenti più fortunati da Aosta ad Agrigento. In tutto questo delirio i capoccioni del palazzo si son messi a litigare tra loro senza accorgersi che fuori dai confini, ormai, hanno smesso persino di prenderci in giro talmente contiamo poco.

2) I club italiani sono all’ammazzacaffè. Posto che gli altri hanno più palanche da spendere, ci restava una sola carta da giocare: quella del virtuosismo. Vent’anni fa il calcio era “affare nostro”, poi la situazione si è equilibrata ma abbiamo fatto la differenza grazie ai dirigenti tricolori (i migliori). Ora l’amara verità: siamo squattrinati e privi di operatori capaci di fare affari. Risultato: a meno di 48 ore dall’inizio dei processi, i nostri club migliori sono saturi di materia prima (c’è chi ha più di 30 giocatori a libro paga) ma privi di veri fenomeni. Chi voleva il calciatore “Tizio” si è dovuto accontentare del calciatore “Caio”, chi prometteva di comprare fenomeni adatti al modulo X ha acquistato mezze tacche buone per il modulo Y, senza contare che da più parti sono stati scelti allenatori che a torneo non ancora iniziato sono già detestati dai rispettivi tifosi. In 48 ore c’è ancora spazio per rimediare, ma sempre mio nonno amava ripetere: “Se in una gara sui 10mila metri ti ritrovi davanti a tutti e non sei sudato, molto probabilmente ti stanno doppiando”. Tradotto: chi doveva completare la propria rosa l’ha già fatto, noi possiamo arrangiarci con i saldi ma recuperare il gap ormai è impossibile.

3) Con le rose imbottite e i direttori sportivi angosciati perché son senza titolari validi, attendiamoci due giorni roventi. Tra oggi e domani sarà un susseguirsi di prestiti, finte cessioni, baratti, tentativi disperati di mettere a segno colpi a buon prezzo. La verità – ahimè – è che quelli che per tutta l’estate abbiamo chiamato top player o “Mister X” hanno già trovato casa. Cosa accadrà? Azzardiamo in poche righe. Il Milan metterà a segno un colpo giusto per rinfrescare la memoria (un anno fa arrivarono in extremis Ibra e Robinho): i nomi – Kedira o Pedro Leon del Real – son decisamente meno allettanti ma tant’è. Balotelli? Solo l’intervento del presidente può realizzare il miracolo. Capitolo Inter: lo spogliatoio è rovente, più ora che ai tempi di Benitez. Tevez non arriverà, Kucka solo a giugno, Palacio è in bilico con la Roma, Sneijder (strafottente…) resta solo per mancanza di acquirenti dell’ultim’ora (ma occhio alle sorprese…). La sensazione è che il patron voglia attendere l’anno prossimo per liberarsi di tanti fra gli 11 giocatori in scadenza di contratto per poi ricominciare ad investire. Contento lui…

Juve: il continuo viavai in casa bianconera è sintomo di confusione. Grosso torna in rosa dopo essere stato trattato come un Pulcino, Ziegler sarà ceduto, lo scambio con lo Zenit Bonucci-Alves si concretizzerà solo in caso di una cospicua iniezione di quattrini destinata ai russi, Elia può essere l’ultimo acquisto ma solo se Marotta avrà il coraggio di spendere altri 10 milioni (l’Amburgo non abbassa l’offerta). Come dire: i dirigenti bianconeri c’hanno provato, ma le operazioni di quest’anno ricordano molto quelle della stagione passata. Infine la Roma: l’acquisto di Osvaldo lascia molti dubbi (che senso ha prendere un’altra prima punta?), se Sabatini sarà bravo arriveranno due tra Kjaer (dal Wolfsburg), Fernando Gago o Lassana Diarra (ai margini nel Real). In tutto questo bailamme il club più centrato sembra il Napoli: Juan dell’Internacional è vicino e completa una squadra ben assortita. La stessa squadra – per capirci – che ne ha prese cinque dal Barcellona. E dire che fino a pochi anni fa si spergiurava: “La serie A è il campionato più bello del mondo”. Bei tempi…

[Fabrizio Biasin – Fonte: www.tuttomercatoweb.com]