Lazio: quasi infallibile nelle finali

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logo-lazioSbagliare, nel calcio come nella vita, è assolutamente umano, strettamente necessario. Chi sbaglia impara dai propri errori ed arricchisce il proprio bagaglio d’esperienza. Ci sono appuntamenti tuttavia nei quali è richiesto sangue freddo e cinismo spietato: le finali non ammettono diritto di replica, o si vince o si perde, non ci sono nuove opportunità nell’immediato. La tua gente è sugli spalti, ti spinge al successo: o si esulta o si piange. L’obiettivo stagionale è lì ad un passo, le fatiche di un’intera stagione concentrate in 90 minuti più eventuali extratime, senza alcun grado d’appello. La Lazio, nella sua storia, raramente ha fallito l’appuntamento con il destino. Forse talvolta è venuta a mancare nel momento del salto di qualità in campionato, senza riuscire a trovare la giusta continuità per motivi differenti. Nella finale, nella partita secca, la Prima Squadra della Capitale è infallibile, o quasi. In 14 finalissime disputate tra coppe nazionali e continentali, la Lazio ha centrato il bersaglio in ben 11 occasioni: una media del 78,5 % di trionfo, di esplosione di gioia. Dal 1958, anno della prima Coppa Italia, al 2013, la storia si ripete e dipinge la Lazio come un cecchino che fa sempre buon uso dell’unico colpo in canna.

GLI ESORDI – In principio fu l’inzuccata di Maurilio Prini da Pontassieve, contro la sua Fiorentina, squadra che lo aveva lanciato nel grande calcio. E’ il 24 settembre del 1958, la Coppa Italia è spezzettata tra una stagione e l’altra. Prini regala il primo trofeo della storia biancoceleste, per la prima volta viene apposto lo stemma sulla maglia. E’ la Lazio di Bernardini, eroe della Capitale, che vinse al primo colpo. Premio di 700mila lire stanziato dal patron Stiliato e Prini, oltre alla gloria eterna, si comprò anche un bel appartamentino. Nel 1961 la pistola si inceppa, la Lazio fallisce il primo appuntamento decisivo: il calendario segna 11 giugno, la Fiorentina consuma la sua vendetta, 2-0 e primo colpo a vuoto. La macchina del tempo ci catapulta negli anni ’90, dopo uno Scudetto e l’incubo della B, gioie e dolori.

L’ETÁ DELL’ORO – Trentasette anni dopo lo scenario cambia completamente. La Lazio non è più solo gioia per gli occhi dei suoi tifosi, ma un abbozzo di creatura meravigliosa, che tende alla perfezione aristotelica. Sven-Goran Eriksson si è appena stanziato in panchina: in campionato centra un settimo posto (come in questa stagione), è all’esordio (come Petkovic) e conquista la seconda Coppa Italia ai danni del Milan, ribaltando lo 0-1 di San Siro con un perentorio 3-1 con Gottardi on fire. Era il 29 aprile, il 6 maggio c’è la possibilità di conquistare il primo trofeo europeo, la Coppa Uefa: al Parco dei Principi Ronaldo, il numero uno al mondo, conduce l’Inter ad un perentorio 3-0. Il doppio passo che stende Marchegiani nel terzo gol rappresenta uno dei momenti di maggior dolore della storia laziale, ma ciò che non uccide fortifica ed inizia una serie impressionante di finali conquistate. Il 29 agosto un guizzo del nuovo arrivato Conceiçao al 93’ stende la Juve ed è Supercoppa Italiana. Il Milan ci soffia lo Scudetto all’ultimo respiro, ma la stagione è assolutamente trionfale: il 19 maggio al Villa Park di Birmingham Vieri e Nedved firmano il successo ai danni del Mallorca, la Coppa delle Coppe è della Lazio. L’anno seguente una grande rimonta porta il secondo Scudetto in bacheca, ma non è finita qui. El Matador Salas toglie la Supercoppa Europa dalle grinfie di Ferguson e del Manchester United, condita con la Coppa Italia conquistata ai danni dell’Inter. Nell’anno del Giublieo la Lazio è ancor più forte ma non va oltre lo spettacolare 4-3 in Supercoppa Italia contro l’Inter.

I TEMPI MODERNI – Il 12 maggio 2004 altro colpo centrato: Mancini ha tolto gli scarpini per sedersi in panchina e guida i suoi alla vittoria nel doppio confronto in Coppa Italia contro la Juventus. L’anno seguente terzo appuntamento fallito: Shevchenko sale in cattedra e regala la Supercoppa Italiana al Milan con una perentoria tripletta. Il resto è storia recente, l’età lotitiana. Ousmane Dabo calcia il rigore decisivo contro la Sampdoria il 13 maggio 2009, è la quinta Coppa Italia. In estate Matuzalem e Rocchi annientano l’Inter in Supercoppa. Non tutti gli esami hanno una stessa valenza. Uno è più importante di tutti, e non si può fallire. Il 26 maggio è la Data, 71’ è il Minuto, Senad Lulic è il Cecchino. Sesta Coppa Italia, undicesimo trofeo su 14 finali. La Città. Infallibile.

[Davide Capogrossi – Fonte: www.lalaziosiamonoi.it]