Livorno-Bologna 2-1: i rossoblù franano al Picchi

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logo-bolognaLo scrivevo a fine giugno dell’anno scorso: “Siamo allo sbando”. A malincuore, lo confermo oggi. Il Livorno, non esattamente il Real Madrid, fa il suo dovere, tra alti e bassi, gioca a pallone, vince una partita da vincere, cosa che Perez e compagni non avevano saputo fare la scorsa settimana in casa contro il piccolo Sassuolo. E lo meritano questo successo gli amaranto, e probabilmente meritano anche la salvezza, perché hanno cuore e dignità, perché schierano giocatori giovani e interessanti, perché fanno gol. Noi no, niente di tutto questo. I nostri giocatori sono scarsi, mediocri, ma non gliene si può fare una colpa. La colpa è di chi li ha ingaggiati e continua a pagarli fior di quattrini, dopo aver venduto tutti, ma proprio tutti, quelli forti. Certo, senza Diamanti siamo più forti, come no.

Finisce 2-1 al Picchi, dopo un primo tempo decisamente brutto ma nel complesso equilibrato, e una ripresa un po’ più emozionante, ma non certo per merito dei rossoblù. I padroni di casa si fanno preferire nei primi venti minuti e si rendono pericolosi con un colpo di testa di Paulinho al 12’, fuori di poco, poi il Bologna si sveglia, si produce in qualche fraseggio interessante e sfiora il vantaggio con una bella punizione di Lazaros dalla distanza al 42’, deviata in bello stile da Bardi. Nell’intervallo Di Carlo sostituisce l’opaco ex Belfodil con Emeghara, inspiegabilmente lasciato a prendere polvere in panchina, e dopo appena un minuto dalla ripresa delle ostilità il nigeriano sfugge via a un paio di difensori sulla destra e mette in mezzo per l’accorrente Benassi, tutto solo, che di destro trafigge Curci. Non passano nemmeno cinque minuti e il Livorno raddoppia: ancora Benassi, scatenato, prova a servire Paulinho, Antonsson si inserisce sulla traiettoria del passaggio ma si accartoccia goffamente sulla sfera e la serve su un piatto d’argento al brasiliano, che da due passi salta Curci e insacca a porta vuota. E vai col liscio! Notte fonda.

Ballardini, già orfano di Kone, costretto ad abbandonare il campo dopo un quarto d’ora per il riacutizzarsi del problema all’inguine che già lo aveva tenuto ai box per una settimana, inserisce Pazienza e Moscardelli, che manco a dirlo combinano poco o nulla, fatta eccezione per una rasoiata molto potente e poco precisa dell’attaccante barbuto al 20’. Il Livorno però decide di complicarsi la vita da solo, prima a causa di un’ingenuità di Mbaye, che già ammonito tocca il pallone con un braccio al 36’ e si fa espellere, poi con una sciocchezza di Emeghara, anche lui già punito da Bergonzi con un cartellino giallo, che al 40’ trattiene in area Morleo, provoca un calcio di rigore e si guadagna la doccia anticipata. Lazaros, per distacco il migliore in campo, trasforma dal dischetto, ma nei minuti successivi, in undici contro nove, i rossoblù non vanno oltre un paio di palloni alti spediti in avanti a cercare la testa di Natali, centravanti improvvisato. Finisce così, nella desolazione più totale.

Terz’ultimi, zona retrocessione, il posto che ci spetta. No, non a noi tifosi, soprattutto a quegli splendidi 400 che hanno avuto la forza e il coraggio di seguire questa sottospecie di squadra fino all’Ardenza, è quello che spetta a questo Bologna, il Bologna di Albano Guaraldi, che dopo tutto quello che ha combinato non merita di gioire, di sorridere, di tirare un sospiro di sollievo. Non merita di salvarsi. Lo so, è un paradosso, perché saremmo noi i primi a soffrire, e sarebbe questa gloriosa maglia la prima a rimetterci, ma oggettivamente un soggetto che lavora e si comporta in questo modo non merita alcuna soddisfazione, merita solo di sprofondare.

Certo, domenica saremo tutti al Dall’Ara, “per amore”, “per la fede”, “perché dal Sassuolo al Chievo sono ancora tutte lì”, “perché mancano ancora dieci giornate”, “perché ci crediamo”, bla bla bla. I soliti discorsi, le solite favole, sicuramente meravigliose ed encomiabili, intrise di orgoglio e passione, ma poi in campo ci vanno Cristaldo e Acquafresca. Va bene, crediamoci, crediamoci pure, del resto c’è ancora chi crede a Babbo Natale e alla pace nel mondo, perché non dovremmo farlo noi?

[Simone Minghinelli – Fonte: www.zerocinquantuno.it]