Testa a testa: Reja vs Conte

269

logo-lazioLazio e Juventus. Due squadre appartenenti a due emisferi opposti, con filosofie societarie agli antipodi e con obiettivi e prospettive totalmente diversi. Compassata, quasi sorniona, la prima, pronta a sfruttare gli errori avversari e colpire con le giocate funamboliche e altalenanti dei suoi giocatori di maggior talento. Forte, compatta e stradominante dal punto di vista atletico, impreziosita dalla caratura mondiale dei suoi campioni la seconda. Fino a qualche settimana fa era una sfida quasi improponibile. Troppo il divario tra le due compagini, ampiamente testimoniato dai due precedenti stagionali che hanno visto la netta affermazione della Vecchia Signora quasi senza l’onore delle armi, con i capitolini incapaci di infastidire i bianconeri, quasi timorosi d’incappare nel reato di lesa maestà di romana memoria.

Dall’avvento del Reja-bis però le cose sono cambiate. Il tecnico goriziano ha ridato fiducia ai suoi, sistemando il reparto arretrato e ottenendo anche (cosa non trascurabile nel calcio) risultati confortanti. Basti pensare che dal rientro dalla sosta (coincisa col ritorno dell’ex allenatore del Napoli), i biancocelesti sono secondi in classifica insieme a Napoli e Fiorentina, alle spalle proprio della capolista e del Parma. Cifre quanto mai effimere e di peso specifico relativo, che rendono però l’idea del cambiamento di tendenza avvenuto nelle parti di Formello.

Due squadre che rispecchiano nel rettangolo verde il carattere dei rispettivi allenatori. Due modi opposti di intendere il calcio. Aggressiva, grintosa, quasi indemoniata in certi momenti della gara, la Juventus fa del pressing la sua arma migliore. La cura maniacale dei particolari e la classe cristallina degli interpreti fanno il resto. Con tutta l’abnegazione e il furore del mondo, ovviamente tutto risulta più facile quando gli attori rispondono al nome di Tevez, Pirlo, Pogba, Vidal e tanti altri. Senza dubbio però mister Antonio Conte è maestro nello stimolare i suoi, nel tenerli sempre sulla corda: il tecnico pugliese rappresenta un vero valore aggiunto. La Lazio, dal canto suo, dopo aver ridato fiducia al pacchetto arretrato – fondamentale il rientro di Biava – rivela un atteggiamento molto più pragmatico, quasi speculare alle avversarie che incontra di volta in volta. Una squadra che non fa grande possesso palla, ma preferisce lasciare agli altri il pallino del gioco, pronta a colpire con la velocità di Candreva, il senso del gol di Klose e la classe di Hernanes. E’ stato proprio il Profeta, probabilmente distratto dalle sirene di mercato, il grande assente di questa prima parte di campionato. Ma le sue giocate sono quelle che poi risultano decisive, vedi la magia di Udine. Anche dal punto di vista caratteriale, emerge tutta la diversità dei due allenatori.

Eccentrico e accentratore come una star di Hollywood il leccese, ha trasferito in panchina il suo modo grintoso e spesso fuori dagli schemi, per non dire antipatico, che aveva quando indossava gli scarpini. Più sobrio, quasi a voler lasciar la scena agli altri, il tecnico goriziano, senza per questo difettare in personalità: le tante espulsioni e i battibecchi con gli esponenti societari delle varie squadre in cui ha allenato sono la testimonianza che anche lui non le manda certo a dire. C’è pero una cosa che li accomuna. L’importanza estrema che danno al gruppo, e che li porta ad essere amati dai propri calciatori, dai quali sono in grado di ottenere il massimo. Due modi diversi d’intendere il calcio, due generazioni a confronto. Lazio-Juventus è anche questo.

[Andrea Francesca – Fonte: www.lalaziosiamonoi.it]