Tim Cup, Lazio-Bassano 7-0: l’analisi tattica

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logo Tim CupE pensare che il primo tempo si era concluso tra i fischi del pubblico. Aver chiuso il primo round senza il becco di un gol, contro una formazione di Lega Pro, non era andato giù ai circa 10 mila tifosi accorsi all’Olimpico. Eppure la Lazio era arrivata più volte alla conclusione, aveva provato a ordire trame di gioco a uno-due tocchi, scambi rapidi nello stretto alternati a percussioni sulle fasce. L’umile quanto grintoso Bassano aveva però giocato al meglio le proprie, ridotte carte: difesa serrata, spazi concessi con il contagocce, ripartenze a tutto gas. Biancocelesti imbrigliati, nonostante un Keita subito pimpante e un Felipe Anderson in cerca di gloria.

Proprio il brasiliano è stato uno dei migliori in campo della prima frazione, tanto che non vederlo più in campo a inizio ripresa aveva sbalordito l’assemblea sugli spalti. Poi, dopo neanche 30 secondi, un certo Antonio Candreva – entrato al posto dell’ex Santos – ha messo la palla in rete al primo colpo. Quando si dice spaccare la partita. Dal gol sblocca-risultato in poi, per la Lazio l’incontro ha preso la piega di una discesa attrezzata di ogni comfort. E Pioli ci ha chiarito il tipo di calcio che vuole far vedere a Roma. Un calcio che rigetta i lancioni lunghi e i cross sistematici e disperati, per sposare il gioco palla a terra, gli uno-due veloci mentre i centrocampisti s’inseriscono. Una filosofia che riporta alla mente l’ormai lontana Lazio di Delio Rossi, ancor più di quella di Petkovic (che prediligeva le ripartenze). Pioli chiede di dominare il gioco, di non aspettare che sia l’avversario a compiere il primo passo.

Contro il Bassano, per carità, altro copione non era previsto e non sarebbe stato accettabile. Ma le buone intenzioni della nuova Lazio valgono, in prospettiva, in senso assoluto. Il mister emiliano vuole che gli esterni offensivi si accentrino e creino densità in area, che i centrocampisti partecipino alla manovra in maniera dinamica, senza schiacciarsi staticamente sulla linea degli attaccanti. Principi basilari, anche semplici. Ma dai tempi dei tempi che il calcio si nutre di regole chiare, spoglie di ogni incastro cervellotico. Ciò non toglie che di accorgimenti se ne possono attuare a volontà. A cominciare dal fatto che Parolo ha giocato meglio quando è stato lui a recitare il ruolo di incursore centrale, con Lulic che prendeva ad allargarsi: l’ex Parma ha qualità tecniche e di passaggio più spiccate rispetto al bosniaco, è giusto che sia lui a giostare da raccordo centrale tra mediana e attacco. Buona anche la prova di Djordjevic in fase di apertura degli spazi e di appoggio ai compagni: il serbo ha la capacità di portare via con séanche due marcatori contemporaneamente. L’ex Nantes però è l’unico a non aver partecipato alla festa del gol degli esordienti: da lui ci aspetta anche la zampata giusta, magari aiutato in questo dai cross di Basta. Che potrebbero diventare la chiave alternativa a un’idea di gioco – tutta palla a terra – che promette bene.

[Stefano Fiori – Fonte: www.lalaziosiamonoi.it]