Torino: 16 maggio, 37 anni dopo …

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Trentasette anni sono tanti eppure i tifosi del Toro, nonostante tutto, sperano un giorno di poter gioire per la vittoria di un altro scudetto, sarebbe l’ottavo della storia granata, perché uno fu revocato nel lontano 1927. Ricordare che trentasette anni fa fu vinto il campionato non è, come pensa qualcuno, aggrapparsi al passato, vivere di nostalgia o non essere capaci di calarsi nel presente non apprezzando quello che c’è oggi, ma è avere delle radici, un’identità, un basamento composto da quella dignità che permette di sopportare il piccolo presente, alle volte spacciato per grande da chi si fa bello perché c’è stato anche di peggio.

I tifosi del Toro più giovani non sanno neppure che cosa significhi vincere uno scudetto e anche i loro papà e le loro mamme se lo ricordano appena visto che erano piccoli quando accadde l’ultima volta, solo chi ha mezzo secolo di vita e più ne è pienamente consapevole per averlo vissuto in età della ragione. L’allenatore e i giocatori di quel Torino sono signori che da un po’ di tempo hanno i capelli grigi, alcuni anche bianchi, e qualcuno non c’è più come Gorin, però sono sempre nei cuori dei tifosi. Radice, l’allenatore; Castellini, Cazzaniga e Pelosin, i portieri; Caporale, Gorin, Lombardo, Mozzini, Pallavicini, Salvadori e Santin, i difensori; Bacchin, Pecci, Roccotelli, Claudio Sala, Patrizio Sala e Zaccarelli, i centrocampisti; Bertocchi, Garritano, Graziani e Pulici, gli attaccanti. Senza dimenticare il presidente Pianelli, ormai deceduto da qualche anno, e il vice allenatore Ferrini, che ha fatto appena in tempo a vedere lo scudetto prima di morire anche lui.

Il Torino di oggi è ben lontano dall’ambire allo scudetto, negli ultimi anni si è barcamenato fra serie A e serie B, però almeno nelle intenzioni dell’attuale allenatore, Ventura, c’è la volontà di costruire una squadra capace di posizionarsi stabilmente nella parte sinistra della classifica. Questo sì che è il primo passo vero per provare ad aprire un ciclo che porti fra qualche anno, diciamolo chiaramente ben più di cinque e non ne basteranno neppure dieci, a competere per lo scudetto. I tifosi si meritano che s’intraprenda questa strada, altrimenti se si continuerà a vivacchiare mediocremente il popolo granata diminuirà numericamente per ragioni d’età e allora sì che i supersiti potranno solo più aggrapparsi al passato e vivere di ricordi. Cairo è di fronte a un bivio: porre le basi per un futuro che preveda la programmazione, nel tempo, della scalata alla classifica oppure continuare come ha fatto finora e portare il Toro a un lento e inesorabile declino. Nella storia del calcio italiano il Torino del 16 maggio 1976 c’è, quello del 16 maggio 2013 no, però il tempo dirà se potrà rientraci come il primo di un nuovo ciclo che porterà la squadra granata al vertice del campionato.

[Elena Rossin – Fonte: www.torinogranata.it]