Ventura: “Con il Varese si è visto un pò di cuore Toro”

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Nel giro di quattro giorni si è visto un altro Torino cosa è cambiato?
“Non è cambiato niente. La lettura della partita, l’interpretazione e la consapevolezza unite alla serietà e la professionalità con cui si allenano fanno si che i giocatori stanno pian piano capendo che il problema non è la squadra che si ha davanti o la pressione che ci può essere dentro lo stadio, ma è quello che sei, quello che fai e come lo fai. In un discorso di crescita è normale che ci siano dei picchi: quello di Ascoli, secondo me, è stato un picco altissimo che non è stato molto apprezzato, perché poi l’Ascoli ha fatto tre gol fuori casa e con il Vicenza ha pareggiato 1 a 1, e poteva fare quattro o cinque gol, mentre con noi non aveva fatto neanche un tiro, subendo dieci palle gol e allora significava che avevamo fatto una grande partita. Poi abbiamo avuto un picco molto più basso contro il Cittadella, mentre con il Varese per un ora e dieci abbiamo fatto una buona partita. Il Varese è una squadra che ha una grande corsa, una condizione buonissima, chiude bene gli scarichi e ha una buona organizzazione di riconquista, eppure gli abbiamo fatto due gol e potevamo farne anche degli altri. Abbiamo avuto delle situazioni che definirei bizzarre: il tiro al bersaglio di Ebagua e Verdi. Sono un po’ meno soddisfatto degli ultimi venti minuti, ma li capisco c’era la voglia di dare e poi eravamo sul due a zero e quando non si riesce a fare il terzo si inizia a dare per scontate alcune cose ed è la conferma che in B non si può dare nulla per ovvio, ma questo ci servirà per un’ulteriore crescita nel futuro. Ripeto con il Varese c’è stato un altro picco importante, si è visto, passatemi l’espressione, un po’ di cuore Toro, di rabbia e di voglia attraverso un raziocinio di giocate. Se avesse fatto gol Guberti e se non ci fosse stato quel fuori gioco inesistente sarebbe stata una partita perfetta. Abbiamo fatto anche cose buone. Con il Cittadella secondo me, delle tre, era la partita più facile per come eravamo messi, ma è stata letta male e quindi mal interpretata e puntualmente abbiamo avuto delle difficoltà. In un discorso di crescita con il Varese la risposta c’è stata: loro correvano molto, ma noi abbiamo creato. Qualsiasi risultato avessimo fatto oggi, a me interessava la partecipazione. Stiamo buttando giù le basi per costruire una squadra. Una vera squadra non è formata da venti giocatori, ma da venti uomini che hanno qualità. Questi ragazzi forse hanno più qualità di quanto loro stessi possono immaginare e devono solo capire cosa fare per tirarla fuori e essere protagonisti di un gruppo che può diventare sempre più importante per loro stessi, ma anche per la città e la società”.

Con il Varese si sono visti più lanci lunghi: erano dovuti all’avversario o ai giocatori del Torino che erano in campo?
“All’atteggiamento dell’avversario ecco perché parlavo di lettura. Con il Varese quando si vedeva che non si potevano fare determinate cose immediatamente se ne facevano delle altre e questo è sinonimo di una squadra che sta crescendo nella consapevolezza. Non è la vittoria, il pareggio o la sconfitta che per me va a incidere sui giudizi, ma quello che ho visto: un gruppo di giocatori che volevano attraverso quello che sapevano e credo che questo possa crescere ogni settimana sempre di più, vincendo qualche partita o perdendo, ma questo fa parte del gioco. Lo dico perché a volte si perde di vista la realtà e io credo che un po’ di equilibrio non guasterebbe, non lo dico per far polemica sia ben chiaro. Porto due esempi che faccio sempre non quando gioco in A, ma in B. C’era una squadra che si chiamava Vicenza che alla fine del girone d’andata era ultima a tre punti dalla penultima e alla fine del campionato ha perso la serie A per un punto, mentre c’era una squadra che si chiamava Alzano allenata da Foscarini, che quattro giorni fa era qui e spiegava come il Cittadella aveva giocato, che alla fine del girone d’andata era terza o quarta e alla fine del campionato è retrocessa. Questo cosa vuol dire? Che in serie B non si ha mai la certezza di niente e con le parole, le chiacchiere e i proclami non si va da nessuna parte, ma si ottengono risultati attraverso le proprie capacità e conoscenze e soprattutto la personalità tecnica e non solo tecnica, cioè con la consapevolezza che se vuoi puoi, ma anche con la consapevolezza che se hai le qualità puoi affermarti, nel momento in cui i giocatori prendono la coscienza di questo diventano inattaccabili e per inattaccabili intendo non può esserci l’arbitro che può darci fastidio se ci fischia contro, sono io che gesticolo un po’ troppo per fare scena per il pubblico (ride, ndr) e non interessa a nessuno, e dobbiamo essere più forti del pubblico che ci fischia contro, non parlo dei tifosi del Toro che ringrazio infinitamente. Avevo detto durante le interviste di quattro giorni fa che ringraziavo il pubblico per aver dato una risposta incredibile e avevano capito la serietà di questo gruppo che sta cercando di lavorare. Poi mi ha fermato una persona che mi ha detto: “Sono dispiaciuta perché se voi aveste fatto una buona partita con il Cittadella con il Varese saremmo venuti di nuovo in diciassettemila” e io ho risposto che non potevo prevedere e che speravo che qualcuno sarebbe venuto anche con il Varese, ma che noi avremmo dovuto fare più partite come quella di Ascoli per poter pretendere l’applauso e la considerazione della gente. Invece mi hanno smentito clamorosamente perché prima ancora di iniziare a giocare con il Varese la curva ci incitava, ho capito una volta di più cosa significa allenare e giocare qui e avere la maglia del Toro addosso”.

Dopo i gol si è visto il gruppo quando chi era in panchina si è precipitato in campo ad esultare.
“E’ quello che continuo a dire e un giorno verrò pure creduto, io ho pazienza. E’ un gruppo che giorno per giorno sta nascendo e tutti lavorano con serietà, forse lavorano addirittura troppo e dovrò dargli qualche giorno di riposo, hanno voglia di fare perché stanno capendo quello che possono diventare. Io credo che questo la gente l’abbia capito e cominci ad apprezzare al di là delle parole e delle chiacchiere. La gente capisce che c’è voglia e serietà. Dateci un po’ di serenità e alla fine riusciremo ad accelerare i tempi, questo me lo auguro proprio”.

Per settanta minuti la difesa non solo ha interdetto, ma ha proposto il gioco.
“Due tre volte siamo usciti palla al piede con il portiere quando l’avversario attaccava che è qualche cosa, che tra virgolette,  per me è importante, ma queste sono cose per addetti ai lavori. Quando parlo di lettura della partita ci sono squadre che ci permettono di giocare da dietro e altre che non ce lo permettono e quindi dobbiamo dare un po’ più di profondità, ma questo fa parte del bagaglio che ogni giorno noi dobbiamo incamerare per far si che qualsiasi cosa facciano gli avversari noi possiamo avere immediatamente la risposta tecnica da dare sul campo. Stiamo crescendo e sono soddisfatto soprattutto per questo, non per vincere o per essere primi in classifica (ride, ndr) siamo alla terza di campionato …. non facciamoci ridere dietro a dire queste frasi”.

Gli spazi sia in fase di difesa sia in quella d’attacco sono stati occupati meglio.
“Perché c’era molta più serenità e i centrocampisti, secondo me, Basha e Iori, hanno fatto una buona partita, poiché non avevano più il pallone che scottava fra i piedi e giocavano la palla con personalità, a volte hanno perso qualche pallone, ma fa parte del gioco. Piano piano stanno tornando ad essere quelli che erano in ritiro e mi avevano sorpreso. L’ho detto ai ragazzi prima di entrare in campo che in ritiro che mi stavo divertendo, mentre ultimamente un po’ meno e che volevo tornare a vedere giocare a calcio e la risposta c’è stata, perché sono in grado di farlo, ma ci vuole un po’ di calma e bisogna dare serenità ai giocatori. Se non si capisce questo i tempi si allungano e ci sono rischi maggiori, se si capisce questo, e credo che la gente lo stia capendo, si può accelerare”.

Quando parlava di cuore Toro ha fatto venire in mente Ebagua che forse il gol l’avrebbe meritato per come ha giocato.
“Con il Varese  il Torino ha giocato e non Ebagua, tutti si sono dati da fare ognuno con le proprie caratteristiche. Ad esempio Stevanovic è stato male tre giorni e io ho voluto farlo giocare perché intendevo coinvolgerlo e la cosa più bella che ha fatto è quando mi ha chiesto la sostituzione: ha capito che per essere veramente utile alla squadra prima ha fatto gol e poi è uscito per far entrare uno più fresco, questi sono i primi segnali. Basta pensare che ad Ascoli sono entrati Antenucci e Oduamadi con lo spirito giusto e con il Cittadella Basha e Sgrigna pure e anche chi è subentrato con il Varese lo ha fatto. Sono segnali che chi li vuole intendere li intende e chi non li vuole vedere non li vede, io non ci posso fare nulla”.

Giacomo Ferri a un certo punto ha avuto da ridire con Mauro Milanese che cosa è successo?
“Non mi sono accorto di questo episodio. Con tutta la palestra che fa Giacomo Milanese è stato fortunato se ha solo discusso con lui (ride, ndr) sto scherzando ovviamente”.

A proposito di serenità i giocatori hanno percepito i cori che all’inizio e alla fine della partita sono partiti dall’intero stadio e in primis dalla Maratona nei confronti di Benito Carbone e hanno capito che a Torino i giocatori sono amati e non c’è poi tutta questa pressione?
“Non credo che ci fosse bisogno dei cori per Carbone per capire questo. Con una squadra reduce da due annate negative, io parlo del mio vissuto perché non posso parlare di altro, quando siamo partiti quarantacinque giorni fa tra una, tra virgolette, tensione, depressione e rabbia generalizzata e, dopo quest’inizio, alla seconda di campionato in una sera feriale ci sono state diciassettemila persone allo stadio il discorso di Carbone è insignificante. La risposta dei tifosi più importante sono i diciassettemila per la propria squadra e per i propri giocatori, Carbone lo è stato, questi lo sono e lo saranno e spero che rimarranno nella storia perché vorrà dire che hanno scritto una piccola pagina quest’anno, che è i loro obiettivo. Quando prima dicevo che si capisce cosa significa indossare la maglia del Toro non è una paraculata o una slinguazzata nella speranza di crearmi della benevolenza, ma giorno per giorno lo capisco io, ma lo stanno capendo anche loro. Ho detto ai giocatori che i diciassettemila non sono venuti perché giocava il Toro, ma perché hanno capito che forse voi avete voglia di dare qualche cosa. E’ un tutt’uno che sta nascendo e noi dobbiamo lavorare in questa direzione poi se ci riusciamo bene e se non ci riusciamo ne prenderemo atto, però la voglia di serietà c’è”.

[Elena Rossin – Fonte: www.torinogranata.it]