Zaccheroni:”A fianco di Andrea c’è di nuovo Giraudo”

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Da poco più di una settimana non è più l’allenatore della Juventus, e – come Ferrara – adesso pure Alberto Zaccheroni può raccontare la sua verità sul disastro bianconro. “E’ cominciato tutto col 3-3 col Siena, lì c’è stato il crollo. Con i giocatori ho avuto un ottimo rapporto, mi volevano tutti bene eccetto uno. Del Piero? Lui mi ha sempre seguito, mai un’incomprensione. Non ha più i 90 minuti ma resta il migliore. Melo è un giocatore eccezionale, ha una forza fisica atomica. Diego è un fuoriclasse ma non si è adattato, e andrà via. La Juve comunque tornerà a sfidare l’Inter per lo scudetto, anche perché dietr gli Agnelli c’è sempre Giraudo”. Leggi di seguito l’intera intervista a Zac.

Se fosse rimasto, Alberto Zaccheroni sarebbe stato l’unico allenatore in serie A ad aver vinto uno scudetto. Lui e Mourinho, via tutti e due…

«Uguali ma poi diversi, lui ha sempre bisogno di trovare un nemico, se non lo trova all’esterno, lo cerca all’interno e offende, questo non mi piace. Tatticamente vale poco, mandai dei tecnici a studiarlo a Riscone, nel ritiro atesino dell’Inter. Tutte le sere mi chiamavano e mi dicevano: “Mister, ce ne andiamo, qui non si impara niente”. Quando ha detto che l’Inter avrebbe vinto anche senza di lui ho capito che se ne sarebbe andato. Ma a Madrid farà bene, nessuno come lui sa motivare i giocatori, sfrutta il patrimonio della società, la felicità di ogni presidente».

Lui se n’è andato, lei…

«Non mi sarei riconfermato neppure io senza il quarto posto. Eppure era già tutto fatto, mi chiedevano di rinnovare, dicevo che non avevo tempo, troppi impegni, 14 partite in 42 giorni e più della metà dei giocatori infortunati o reduci da infortuni».

Com’è finita?

«La svolta a Siena, 3-0 dopo pochi minuti, poi Grygera si perde Maccarone e c’è il crollo, andiamo a Londra e succede il disastro contro il Fulham. In una squadra ci vuole qualità, e c’era, gambe, e non c’erano, testa, e quella dopo Siena non c’era più. Eravamo lì senza Iaquinta, Amauri, Buffon, Chiellini, Sissoko, Marchisio e forse ne dimentico qualcuno, quel Fulham era poco. Il primo tempo era sempre ottimo, nel secondo sparivamo. E meno male che c’era Del Piero».

Ma come?

«Lui non ha più la forza di prima ma resta l’unico che la mette dentro. L’ho usato con parsimonia, lo sostituivo, lo mettevo in panchina, mi ha sempre seguito. Non ha più i novanta minuti ma resta il migliore. E con lui mai una incomprensione, neppure quella volta del cambio con Marchisio che poi non feci, scrissero che era come Totti, decideva lui al posto dell’allenatore. Ma anche in quella occasione avevamo avuto la stessa intuizione».

E con gli altri?

«Ero benvoluto da tutti, sapevano in quali condizioni lavoravo. Blanc è sottostimato eppure aveva messo in piedi una squadra di grande qualità. Felipe Melo eccezionale, negli allenamenti nell’uno contro uno nessuno voleva marcarlo, ha una forza fisica atomica, Sissoko ne ha passate di tutti i colori, ha vissuto un dramma, lasciamo perdere, è finita che si è dovuto far carico dei sei fratelli minori della moglie, psicologicamente era distrutto. Buffon mi aveva proposto per la nazionale, Diego un fuoriclasse che non è riuscito ad adattarsi. Andrà via. Quando Del Neri arrivò al Porto disse: “Diego? Grande talento ma con me non gioca”».

Tutti con l’allenatore…

«Tranne uno. Venne da me e mi disse: Mister, io sono qui ma non conti su di me».

Adesso?

«La Juventus sta facendo una grossa squadra. Anche perché Giraudo, sebbene da Londra, continua a gestire il patrimonio di Agnelli (Umberto, padre del presidente bianconero Andrea – ndr). La Juve sarà l’antagonista principale dell’Inter».

Arriva Benitez, Moratti non sembra molto convinto…

«Non era convinto neppure di Mancini e Mourinho. Mi ha sempre detto che il suo allenatore preferito è Capello, ma lui un club non lo vuole più allenare, lo convincerebbero solo i soldi, Moratti potrebbe riuscirci. Mihajlovic era una scelta, tatticamente è cresciuto molto, alla Fiorentina si completerà, era già un allenatore in campo, prima o poi allenerà l’Inter».

E lei?

«In Italia dopo il Milan non ho mai avuto la possibilità di avere una squadra dall’inizio del campionato, magari adesso mi chiamano prima che inizi».

E all’estero…

«Ero del Real Madrid sotto la presidenza di Lorenzo Sanz, dissi di no perché c’era stata una stretta di mano con Moratti. Poi non andai né a Madrid né all’Inter. Ero già dello Zenit, Advocaat aveva preso l’impegno come ct dell’Australia, all’ultimo momento pagò la penale e tornò a San Pietroburgo. Magari adesso gli arabi mi chiamano anche se il sogno è allenare il Barcellona. Mica male, no?».

[Claudio De Carli – Fonte: www.nerosubiancoweb.com]