Zanetti a 360°: “Quella statua a San Siro, poi su Mou, Moratti e Pelè…”

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Per descrivere Javier Zanetti sono finiti gli aggettivi. E allora la sua vita la facciamo raccontare direttamente a lui. Il Capitano durante questa intervista al mensile argentino Grafico, che FcInterNews vi riporta, racconta a 360° la sua esperienza all’Inter, tra aneddoti, ricordi e futuro.

Che cosa penserai quando arriverai a 1000 partite giocate (è a quota 968, ndr)?
Emozione e orgoglio per aver giocato così tanto. E soprattutto, ringrazio mio padre che mi ha dato questo fisico e che mi ha permesso di avere continuità. E grazie anche alla mia famiglia, che per me è fondamentale che sia in armonia. Ti puoi dedicare alla tua carriera al massimo solo sapendo che quando arrivi a casa trovi i tuoi figli e tua moglie che ti aspettano. Non ti danno nessun tipo di problema e ti fanno stare sempre tranquillo.

Il gol più importante della tua carriera? All’Inghilterra (Mondiali ’98), alla Lazio in finale di Coppa Uefa, alla Roma nel 2008 o al Mondiale per Club?
Tutti e quattro sono stati importanti, perché tutti hanno aiutato a vincere. Quello all’Inghilterra ci ha permesso di andare ai rigori e di passare il turno. Contro la Lazio abbiamo vinto la Coppa Uefa. Quello con la Roma è stato la chiave per vincere lo scudetto. E quest’ultimo ha aiutato a vincere il Mondiale per Club, il titolo che ci mancava. Ognuno ha un significato importante.

“La fatica non si compra”, dice Bielsa. La pensi allo stesso modo?
Sì, esattamente. Le cose che richiedono il massimo dello sforzo sono anche le più belle da ottenere.

Ci sono ancora le 12 statue al Meazza?
Sì, sono fatte di cera e una è mia. In realtà sono 12 dell’Inter e 12 del Milan. Sono i migliori giocatori della storia di entrambi i club. Quando l’hanno fatta, non ci potevo credere. E’ anche abbastanza simile a me. Anche il taglio di capelli è lo stesso (ride). Un bel riconoscimento.

Perché non vuoi diventare allenatore?
Perché richiederebbe molto impegno, ma io preferisco stare con la mia famiglia. Ho dato tanto al calcio e il calcio ha dato tanto a me. Sicuramente Moratti mi darà un incarico importante per rimanere legato all’Inter e in modo che possa portare benefici a questa società.

Moratti aveva fatto un annuncio in cui chiedeva di localizzare i tuoi antenati italiani per darti la cittadinanza?
Si, è successo. Poi venne un avvocato e con mio padre andammo a registrare tutto.

Sogni di partecipare a un musical? Sei stato invitato a “Ballando con le stelle”?
No, il mio sogno è quello di cantare… non mi ci vedo a ballare.

Riesci a essere di buon umore per 365 giorni all’anno?
E’ così. Bisogna iniziare la giornata in modo positivo, sentirsi bene. E mio figlio è uguale a me: si alza sorridendo e cantando. Mia figlia invece è un po’ più come la madre, col risveglio difficile.

Per come sei fatto, sicuramente parleresti con Maradona se ne avessi la possibilità.
Certo, non ci sarebbe nessun problema.

Sembra che nessun allenatore sia capace di prendere l’eredità di Mourinho e Benitez è stato uno di questi.
Penso che ogni allenatore che arriva si debba dimenticare di quello che ha fatto Mourinho. Deve contare sulla sua esperienza e cercare di vincere il più possibile.

Ci sono leggende su come sia negoziare con Moratti. E’ così facile?
Dipende con chi (ride)… Io quando devo discutere del contratto, la cosa di cui parlo meno sono le cifre.

Si dice sempre che l’Inter è una grande famiglia. Puoi spiegarlo meglio.
Per esempio, da quando sono arrivato il cuoco è sempre lo stesso. Anche i camerieri sono sempre gli stessi. Nella sede lavorano persone che il presidente conosce da anni. E ad Appiano Gentile anche i pensionati hanno la possibilità di fare qualcosa. Quando giochiamo fuori casa, loro portano le auto all’aeroporto. Quando la squadra vince festeggiamo tutti insieme e quando perde stiamo tutti male allo stesso modo. Impressionante.

Com’è un discorso tecnico di Mourinho?
Non lascia niente al caso, analizza tutti i dettagli. E quando si va in campo sa dove colpire la squadra rivale. In questo senso è molto simile a Bielsa.

Qual è stata la dimostrazione di affetto che ti ha sorpreso di più in questi anni all’Inter?
Non è facile, tante cose. L’altro giorno abbiamo fatto una cena della Fondazione Pupi e un ragazzo, alto quasi due metri, aveva tatuata sulla schiena l’immagine di me che alzo la Champions. Non ci potevo credere. Mi ha detto che ci ha messo cinque giorni per farlo. Tremendo. Mi ha chiesto di firmare e si è tatuato anche la firma. “Giuro che non riesco a crederci” -mi ha detto. Beh, io ho firmato.

C’è un coro dei tifosi che ti paragona a Pelè?
Ti giuro che non ci potevo credere quando me l’hanno spiegato. Però dissi: “Bene, ragazzi, se vi piace cantarlo, cantatelo”.

Sta crescendo la Fondazione Pupi? Quante persone beneficiano del vostro lavoro?
Ormai più di mille persone.

Hai un museo personale?
Si, lo sto facendo in Italia. Ho molte cose di valore, tra cui una maglietta di Marangoni dell’Independiente e una di Baggio della nazionale.

Come ti sei sentito quando hai conosciuto il Papa?
Mi tremavano le gambo, è stata una grande emozione, un momento unico. Una personalità che non si vede tutti i giorni. Una sensazione davvero molto bella.

Burdisso, Samuel, Cruz, Cambiasso, Solari… tutti leader silenziosi di basso profilo come te.
Si, sono venuti all’Inter molti argentini, con una personalità abbastanza simile alla mia, che hanno vinto e lasciato un grande ricordo. Se posso aiutare qualcuno, per me è motivo d’orgoglio.

Il compagno che ti ha fatto più ridere?
Sono stati tanti, però dico Roberto Carlos. Anche se è stato solo un anno all’Inter mi sono divertito molto con lui. Ma era un’altra epoca, gli unici stranieri eravamo noi due, Rambert e Ince.

[Guglielmo Cannavale – Fonte: www.fcinternews.it]