Catania: alla scoperta di Lucas Castro Nahuel

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CATANIA – La parola “Pata”, nell’idioma argentino, può assumere diversi significati a seconda della locuzione nella quale viene inserita. “Hacer la Pata”, ad esempio, è un’espressione pittorica per dire “corteggiare”, il coinquilino dell’italiano “fare il filo”. Ed il filo, il Catania, al “Pata”, alias Lucas Castro Nahuel, l’ha fatto con insistenza, discrezione e rapidità. Un’ottima strategia, per scoingiurare che il filo s’annodasse in una bandiera sventolante ai quattro venti del calciomercato, rischiando di strapparsi e mandar all’aria l’affare che invece si doveva fare si è fatto. Con buona pace di chi, come Valencia e Lazio, se l’è visto soffiar da sotto il naso.

Ma “Hacer la pata” significa anche esser d’aiuto, di sostegno. Giusto la ragione che ha indotto il Catania a spingersi fino in Argentina, a spingersi fino a 2mln di euro circa per portar in Sicilia con sé il centrocampista argentino, classe 1989, prelevato dal Racing Club ma il cui cartellino era diviso per il 50% al Gymnasia La Plata e per il restante 25% allo stuolo di agenti che lo circonda. Lavorare su tre fronti, riuscendo a mantenere l’anonimato fino all’imbarco del giocatore per il volo che lo ha condotto in Italia, è roba da gente in gamba. Per lui, contratto quinquennale.

“In gamba”, ecco un’altra accezione del termine “Pata”. Lo è stato il Catania, nel vestirlo di rossazzurro, lo è senza dubbio il ragazzo per meritarsi il salto nel calcio europeo. Se le passate stagioni erano passate in archivio come interlocutorie, è nell’ultima, con la casacca del Racing Club de Avelaneda, che è arrivata la consacrazione come titolare e goleador nella prima divisione argentina. Ben 32 partite e 7 reti, più della metà delle totali realizzate in carriera (13, con le maglie di Gimnasia y Esgrima la Plata). Dopo aver esordito, ventenne da tre giorni, nel massimo campionato argentino col Gimnasia (che l’aveva acquistato nel 2003), e dopo la convocazione prima ed unica in nazionale (nel 2011), per il ragazzo di Buenos Aires era arrivato il momento di misurarsi con quello che in patria chiamano semplicemente “Calcio”.

Se chiedi informazioni, o le spulci leggendo stralci dei giornali locali come brevi messaggi dei tifosi che l’hanno visto, conosciuto ed apprezzato, allora ecco un’altra possibile ragione che giustifichi l’attribuzione del soprannome “Pata”, al dizionario semplicemente “gamba”. Ed “El Pata”, Castro, è un giocatore che la “gamba” ce l’ha, sia per correre che per calciare che per contrastare. La gamba, insomma, non la tira mai via, mai la risparmia, in qualunque frangente occorra. Resistenza e velocità, doti ricercate perché non certo facili da trovare, se poi abbinate a buon dribbling ed un tiro (destro) forte e preciso, ecco il prototipo del giocatore “universale”, capace di far più che bene in qualsiasi squadra se integrato in un sistema di gioco ed in uno spogliatoio che sappia come farlo ambientare, dentro e fuori dal campo.

D’altronde “Pata” significa pure “amico”. Ed a Catania, “El Pata”, di amici potrebbe trovarne tanti, e più di quanti non immagini parlino la sua stessa lingua, l’argentino. Anche andassero via Ricchiuti, Andujar e Barrientos, ne resterebbero sette e non è comunque detto non ne arrivino degli altri. La Secunda Seleccion quindi, manterrà probabilmente il proprio status, fatto anche di serate tra gauchos a base di mate (bevanda tipica) ed asado. Insomma, c’è tutto per poter “bailar en una pata”, ovvero “esser molto contenti”.

Sul rettangolo verde, Castro è uno che sa “echar la pata”, sia che parta da centrocampo che da posizione più avanzata. Cerca sempre il fondo, e quando questo con può coincidere col fondo della rete avversaria, è il fondo del campo da cui metter al centro cross per i compagni. “Echar la pata” significa proprio superare, spingersi in avanti. Uno che, insomma, “hache la pata ancha”, ovvero non ha paura di affrontare sfide ed avversari. Qualità indispensabili per affrontare la serie A, anche se privata di qualche (very) big, e mettere “patas arriba”, sottosopra, le difese avversarie.

E quindi non resta che aspettare si conquisti una maglia da titolare, non resta che aspettare le prime giocate ed i primi goal che magari festeggerà al ritmo del “Pata Pata”, un’espressione intraducibile che ha dentro sé la gioia di vivere, un po’ come il calcio.

[Marco Di Mauro – Fonte: www.mondocatania.com]