Catania, il punto: gli errori che hanno condannato alla B …

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logo-cataniaCATANIA – Per settimane abbiamo messo in stand-by i verdetti, i giudizi e la ricerca di presunti colpevoli. Adesso, dopo aver ricevuto il verdetto finale, è giusto e doveroso tirare le somme alla ricerca degli errori che hanno condizionato il cammino del Catania. Se, infatti, la squadra rossazzurra non è riuscita a difendere la categoria in una Serie A di livello mediocre, qualcosa deve sicuramente essere andata storta. Anzi, più di qualcosa.

Il rammarico più grande è quello di essersi resi conto che, svegliandosi un po’ prima, il dramma sportivo sarebbe potuto essere evitato. La condanna alla Serie B, infatti, arriva per appena una manciata di punti e dunque, ogni singolo errore, di gestione o individuale, pesa adesso come un macigno sulla stagione rossazzurra.

Parlare col senno di poi è facile, ma – a conti fatti – gli errori della società etnea sono cominciati già in estate­. Troppo bassa la cifra richiesta per lasciar partire Alejandro Gomez, la cui cessione – temporeggiando un po’ – sarebbe potuta essere monetizzata in maniera migliore. Reputare Castro il sostituto naturale del ‘Papu’ è stato un altro errore grossolano: non per il livello assoluto del calciatore, ma perché a questo Catania serviva proprio un calciatore imprevedibile come Gomez, capace di saltare l’uomo e creare la superiorità numerica, oltre che di finalizzare con una certa regolarità. Gomez, insomma, non è stato sostituito.

Altra gestione errata è stata quella di Francesco Lodi: reduce da una stagione brillante, il numero 10 – anche per sua esplicita volontà – andava sì ceduto, ma in cambio di una contropartita importante tenuto conto della più che positiva annata di ‘Ciccio’. Invece, in cambio della comproprietà del regista è arrivato Panagiotis Tachtsidis, reduce da una stagione alla Roma che definire insufficiente appare eufemistico. Sia economicamente che sul piano strettamente tecnico, uno scambio inaccettabile. Insistere, poi, sul greco ha rappresentato uno dei tanti peccati di ostinazione che, alla lunga, hanno condannato il Catania alla retrocessione.

Sul fronte acquisti, Gino Peruzzi e Sebastian Leto erano stati acquistati per dare il loro manforte non appena avessero recuperato del tutto dagli infortuni, ma se per Peruzzi è stato possibile recuperare al 100% prima di andare in campo e dimostrare il suo valore (a parte qualche peccatuccio di ingenuità), Leto è stato costretto a scendere in campo in condizioni precarie, rivelandosi più un peso che altro nel corso della prima metà della stagione. Monzon si è dimostrato poco adatto al calcio italiano, ma ha pagato uno dei pochissimi errori commessi da Rolando Maran, vale a dire quello di mandarlo in campo allo sbaraglio a Firenze nel tentativo di fronteggiare Cuadrado. Dopo quella gara e la successiva interna contro l’Inter, Monzon non è più riuscito a ritrovare se stesso. Sicuramente inappropriati alla Serie A Freire e Boateng (se una società li rileva e poi non li impiega praticamente mai ci sarà un perché, nessuno è autolesionista), Biraghi e Guarente invece apparivano sulla carta rinforzi utili, salvo poi non mantenere le attese. Jaroslav Plasil, tenuto conto della stagione nel suo complesso, è stato forse il rinforzo più azzeccato.

Il Catania, però, portava con sè degli errori commessi già nelle passate stagioni: Legrottaglie ed Almiron non potevano più dare le solite garanzie e nessuno sembrava essersene preoccupato, Andujar aveva già più volte mostrato tutte le proprie lacune, caratteriali e tecniche, ma è sempre rimasto lì, incollato alla porta. Chissà cosa sarebbe successo se Frison – al netto degli infortuni subiti – avesse avuto maggiore fiducia e fosse stato chiamato a rimpiazzare prima un Andujar protagonista soltanto in negativo.

Dopo la partenza difficile, l’esonero di Maran sembra essere la punta dell’iceberg degli errori della società. L’immeritata e sfortunata sconfitta di Cagliari non andava certamente imputata al tecnico trentino, esonerato ingiustamente. Anche la scelta di De Canio si è rivelata errata, sebbene anche chi vi scrive non si attendeva una gestione così fallimentare da parte del tecnico di Matera.

Su De Canio, la società si è ostinata ancora una volta, ma fortunatamente non troppo, esonerando il tecnico dopo meno di tre mesi e richiamando in panchina proprio Rolando Maran. A gennaio, però, la situazione era ancora ampiamente recuperabile e, dopo aver riportato in Sicilia Lodi (nessuno avrebbe potuto immaginare un rendimento così mediocre da parte del centrocampista campano), Pulvirenti e Cosentino hanno portato in Italia anche Fabian Rinaudo, mediano rivelatosi poi tra i migliori in assoluto dell’annata rossazzurra. Ceduti Maxi Lopez, Guarente, Tachtsidis e Freire, ci si attendeva però qualche rinforzo in più, ma il 31 gennaio il mercato in entrata del Catania si è limitato all’acquisto del giovane Fedato. Insieme al primo esonero di Maran, quello di non essere riusciti a portare a casa un attaccante di categoria – cercato con insistenza per settimane – risulta essere l’errore più pesante dell’annata.

Superato gennaio, il tempo iniziava a stringere e il Catania aveva bisogno di accelerare il passo, approfittando dei ritmi molto bassi tenuti dalle dirette concorrenti. Invece via al festival delle occasioni sprecate: il pareggio interno con il Livorno (3-3), la mancata vittoria di Parma nonostante una prestazione eccellente (0-0), il ko nello scontro diretto contro il Chievo (2-0), il pari inaspettato, al ‘Massimino’ contro il Cagliari (1-1). Lì, in molti, hanno smesso di crederci. Ancor prima del match di Reggio Emilia contro il Sassuolo, vero crocevia della stagione etnea: quella sconfitta in rimonta, ad oggi, pesa in maniera mostruosa sull’economia della classifica.

Nonostante tutto, però, il Catania era ancora ancorato alle speranze di salvezza, nonostante la doppia sconfitta interna contro Juventus e Napoli (la pagina più nera della stagione), ma un super Scuffet impediva ai rossazzurri di compiere un balzo importante facendo risultato a Udine. Anche in quell’occasione, la mancanza di un vero bomber ha contribuito a far crescere i rimpianti per ciò che sarebbe potuto essere ed invece non è stato.

Poi, il 6 aprile, la regina di tutte le ‘follie sportive’: la rimonta subita in casa contro il Torino, a pochi minuti dalla fine, che ha spento le residue reali speranze di salvezza. Un’altra incertezza di Andujar, un’altra volta la mancanza di personalità e cinismo: la perfetta sintesi dei difetti del Catania, venuta fuori nel momento più importante. Da lì in poi soltanto speranze, effimere ma diventate pian piano sempre più reali prima di svanire al momento del triplice fischio finale di Cagliari-Chievo che, nonostante la vittoria di Bologna, condanna il Catania alla Serie B. A metterci la faccia è stato Maurizio Pellegrino, allenatore-simbolo della squadra battagliera delle ultime settimane. Una squadra con uno spirito che, fosse stato adottato un po’ prima, avrebbe forse permesso al club di salvarsi.

Le incertezze del portiere, l’ostinazione della società su alcune scelte, un calciomercato rivelatosi inadeguato, l’assenza di un vero bomber, i tanti infortuni e la mancanza di personalità nei momenti più importanti della stagione: sono questi, a conti fatti, i motivi della retrocessione del Catania che qualcuno cerca altrove, tra complotti e scelte programmate a tavolino. Ma il Catania, in Serie B, c’è finito solo e unicamente per via dei tanti errori commessi. In campo e fuori.

[Renato Maisani – Fonte: www.mondocatania.com]