Coronavirus il calcio vissuto all’estero: retroscena sul comportamento delle altre nazioni

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UEFA

Mentre l’Uefa chiede alle squadre di finire quanto prima il campionato, Inghilterra, Spagna e Francia provano a stilare un calendario con enormi difficoltà. La Germania è pronta a ritornare a giocare da subito

L’incertezza sul ritorno dei campionati non è solo una prerogativa italiana. In Europa dopo il forfait del campionato belga avvenuto a fine marzo tutte le federazioni sono profondamente indecise su modalità e ognuna sembra voler utilizzare un metodo diverso.

Poco importa alla Uefa delle modalità purché vengano finiti campionati, questo è quanto enucleato oggi dal Comitato esecutivo del organismo europeo per il calcio. Vediamo ora di visionare il panorama calcistico delle più importanti federazioni europee.

La Premier League inglese sospesa fino al 30 aprile tornerà secondo un calendario enucleato dal board inglese con l’intenzione di far giocare 4 partite al giorno concentrate in un’unica struttura Wembley.

In Spagna, paese con il più alto numero di morti per Coronavirus, tornerà ad allenarsi secondo la versione del presidente della Liga Tebas agli inizi di maggio con la possibilità di ritornare a giocare tra il 27 maggio e il 27 giugno. La decisione alquanto singolare per la gravità della situazione stona con il grido di dolore di un’intera nazione. Inizialmente la federazione spagnola aveva individuato le Canarie un luogo in cui concentrare le partite ma tale decisione è stata scartata dai top club.

La Germania, contrariamente dalle altre nazioni, è l’unica ad aver dato il via libera agli allenamenti ed è pronta a far ritornare il calcio sul prato erboso ma rigorosamente a porte chiuse.

In Francia c’è una spaccatura in atto: se la F.F.F. è pronta ad approcciare ad un protocollo di ritorno i giocatori, invece, sono preoccupati e l’associazione di categoria ha etichettato l’idea alquanto prematura e preoccupante. Le date di ripristino del campionato francese, con ancora 10 giornate da giocare e con un titolo praticamente già assegnato al Psg (+13 dalla seconda), è attestato tra il primo e il 17 giugno.

Ma qual è il minimo comune denominatore della faccenda? Perché le federazioni spingono per un ritorno ad una normalità inesistente? Possono i soldi prevaricare gli aspetti sanitari? La risposta a queste domande implica due ragionamenti distinti, da una parte c’è la salute pubblica imprescindibile dove tutto deve avvenire nella massima sicurezza e dove ci devono essere le condizioni minime; dall’altro c’è l’aspetto economico dove ci sono squadre che tra diritti TV e sovvenzioni vedrebbero perdite da capogiro come in Inghilterra dove la mancanza sarebbe di un miliardo di sterline.

La macchina dunque non si può fermare e deve continuare a muoversi perché in ballo non c’è solo uno sport ma anche una “banca” piena di soldi che inattiva è destinata al fallimento.