DirittiTV: Accordo sì, ma Juve da penalizzazione

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MILANO – Fumata bianca per i diritti tv …  o quasi. Trovata la mediazione per distribuire gli ultimi 197 milioni di euro riducendo l’impatto dell’Auditel dal 33% al 16%. Questo ha consentito alle tre big di racimolare qualche milioncino in più di quelli prospettati nello scenario precedente, e precisamente 4 la Juve, 2.5 l’Inter e 1.8 il Milan. Al Catania, come a quasi tutte le medio – piccole, circa mezzo milione di euro in meno, e i proventi passano da 26.6 a 26.1 milioni. Fatto l’accordo più impellente resta il nodo delle linee guida fino al 2015, con le medio – piccole che spingono a questo punto per dare più peso ai risultati sportivi con la formula 40(parti uguali)-39(invece che 30 per la meritocrazia)-21(bacini d’utenza). L’accordo politico ha iniziato a prendere forma, e a sentire l’entusiasta presidente Beretta sarebbe grazie alla mediazione di Juve e Inter che “hanno partecipato in maniera proficua al clima costruttivo” e si è potuto così evitare “il rischio di ulteriori cause e interventi esterni”.

Le cose non stanno esattamente così. Per quanto concerne il clima costruttivo forse ha pesato, più del decaduto stile Juve, la notizia che il tribunale di Milano aveva bocciato il ricorso bianconero alla giustizia ordinaria per bloccare i contratti sottoscritti con le società demoscopiche. In quanto al rischio paventato da Beretta di ricorsi o interventi esterni, ricordiamo come sia in piena contraddizione con il regolamento sportivo rivolgersi ai tribunali ordinari. Non solo il distratto Presidente di palazzo non avrebbe dovuto permettere che una società usasse un’arma impropria come minaccia in sede di contrattazione, ma avrebbe dovuto intervenire per sanzionare l’illecito con la commisurata sanzione, penalizzazione o squalifica. Il perché è presto detto.

Per la Fifa l’articolo 61-2 dello statuto dispone infatti che “qualsiasi ricorso dinanzi a un tribunale ordinario è proibito, eccetto se è specificamente previsto dai regolamenti del Fifa”. L’articolo 61-3 prevede inoltre che le federazioni debbano “inserire nei loro statuti una disposizione secondo la quale i loro club e i loro membri non possono portare una controversia dinanzi ai tribunali ordinari, ma devono sottoporre ogni eventuale vertenza agli organi giurisdizionali della federazione, della confederazione o della Fifa”.

E in effetti per la FICG esiste una norma chiara ed inequivocabile. L’adesione all’ordinamento sportivo deriva dal sistema del tesseramento per i singoli, e dell’affiliazione per le società. Il tesseramento e l’affiliazione comportano l’adesione incondizionata del soggetto alla cosiddetta clausola compromissoria, attraverso cui l’affiliato acconsente che le controversie insorgenti per questioni interne all’ordinamento sportivo vadano risolte da organismi, sempre sportivi, appositamente costituiti.

La violazione del vincolo di giustizia sportiva è sanzionabile con la penalizzazione, l’inibizione o la squalifica. Eppure la Juventus avrebbe dovuto aver imparato la lezione dopo che nel 2006, per le note vicende che la coinvolsero, la Fifa minacciò di sospendere la FIGC se la società torinese avesse continuato a ricorrere al tribunale ordinario, e ribadì la competenza del Tas.

L’impossibilità a ricorrere ad un tribunale ordinario porta con sé ipotesi di illegittimità perché violano gli articoli 24, 103 e 113 Cost., ed essendo norme regolamentari sono subordinate a quelle di rango costituzionale. L’efficacia di ogni provvedimento dovrebbe cadere dunque a seguito di un ricorso davanti all’organo di giustizia sportiva, se l’impugnazione ha ad oggetto questioni rilevanti o che comportino pregiudizio economico per  il ricorrente, mentre per materie diverse il singolo dovrebbe mantenere la possibilità di ricorrere al giudice.

Chiarire se la questione sia stata economica, di sola competenza quindi degli organi preposti dall’ordinamento sportivo, o meno sembra un insulto all’intelligenza del lettore.

[Daniele Lodini – Fonte: www.mondocatania.com]