Due anni dopo il 24esimo spetta ad un giocatore del Cagliari

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Era già successo ad Andrea Cossu vestire i panni del “ventiquattresimo”, un ruolo che più che un onore, alla luce dei fatti risulta essere un onere. Alla vigilia della partenza per il Sud Africa le condizioni di Mauro Camoranesi destavano più di una preoccupazione, così Lippi pensò bene di aggiungere alla comitiva il fantasista rossoblù, pronto a sostituire lo juventino in caso di forfait. Così non accadde, Cossu fece mesto ritorno in Sardegna, Camoranesi rimase nell’elenco dei convocati in vista di un suo recupero completo per gli ottavi di finale. Ottavi che l’Italia poi non raggiunse.

Due anni dopo il copione è lo stesso. Stavolta il ruolo di ventiquattresimo spetta ad Astori. Ancora una volta, sulla strada di un cagliaritano, si trova uno juventino. Andrea Barzagli, protagonista di una grande stagione, è vittima di uno strappo muscolare che rischia di tenerlo fuori per tutta la durata dell’Europeo. Ma l’ultimo responso del dottor. Castellacci gioca a suo favore. “Cercheremo di recuperarlo per la partita con l’Irlanda”, ultima sfida del girone. Anche stavolta dunque la nazionale preferisce andare avanti con un giocatore in meno, sottopondendosi al rischio di trovarsi in situazioni d’emergenza, pur di tentare il recupero di un giocatore che, se le cose dovessero andar male, giocherà una partita. Ancora una volta va in soffitta qualsiasi tipo di ragionamento meritocratico. Tanti allenatori sottolineano come solo il lavoro e la condizione atletica possano essere la base per poter disputare grandi prestazioni. Ci si chiede: un giocatore che resta fuori 20 giorni per infortunio, può essere pronto a fare la differenza una volta recuperato in una competizione che dura poco meno di un mese? Una domanda a cui Prandelli ha risposto, coi fatti, positivamente.

Un ragionamento, questo, tutto italiano. Non è difficile pensare che, se Puyol e Villa fossero stati italiani, il nostro ct avrebbe fatto carte false pur di recuperarli, non lasciandoli a casa. È successo in passato e continuerà a succedere. D’altronde i media italiani, in un anno di tempo, non sono mai riusciti a capire la filosofia dell’asturiano Luis Enrique: una formazione diversa ogni domenica, tanti giocatori importanti lasciati in panchina o in tribuna. In nome di un semplice principio. Non conta il nome che porti, ma il modo in cui lavori e la condizione fisica e mentale che hai per metterti al servizio della squadra, del collettivo. Il nostro è un paese che continua a rifiutare la meritocrazia, in ogni settore. E pensare che Prandelli aveva cominciato così bene, con l’applicazione rigorosa del suo “codice etico”, morto e sepolto il giorno in cui Bonucci e Criscito sono stati sottoposti a un trattamento diverso in virtù di una differenza formale, che però non ha il potere di cambiare la sostanza.

[Niccolò Schirru – Fonte: www.tuttocagliari.net]