Ecco come il Fair Play finanziario cambierà il mercato italiano

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Gentili lettori dopo la pausa Natalizia è mia intenzione illustrare, per la fine dell’anno, un argomento che nei prossimi mesi diverrà oggetto di discussioni accese, ovvero il famigerato e tanto sbandierato Fair Play Finanziario.

In cosa consiste? Quando entrerà in vigore? Come inciderà sul mercato del clubs italiani? Cercherò di fare luce su questa delicata disciplina che, credo, cambierà il modus gestionale delle società di calcio e di conseguenza il mercato dei calciatori.

Oggi tutti parlano di Fair Play Finanziario ma pochi ne conoscano i contenuti.

Per questo motivo il mio scritto vuole divenire uno strumento di consultazione utile e fruibile per tutti gli appassionati di calcio al fine di potersi orientare in anticipo nelle dinamiche di mercato delle società per cui tifano.

È chiaro ed evidente che l’introduzione, a partire dalla stagione sportiva 2011- 2012, di queste regole muterà gli scenari non solo del calcio mercato ma anche della gestione della società sportiva professionistica che, per forza di cose, dovrà esser affidata a veri e propri managers esperti nella gestione societaria.

La società sportiva professionistica, già dopo le riforme legislative introdotte con la legge 586/96, era stata concepita dal Legislatore per produrre utili ma, di queste riforme, se ne erano accorti in pochi ed il “circo del pallone”, negli anni d’oro del benessere economico, ha continuato ad esser gestito senza cambi di strategie e con molta approssimazione.

La situazione finanziaria globale sebbene sia lentamente cambiata, negli anni scorsi, ha evidenziato come le società calcistiche non siano state in grado di adattarsi alle nuove dinamiche di mercato e siano state letteralmente travolte dal mutato quadro economico improntato su una maggior competitività.

È inutile in questa sede ricordare i fallimenti di clubs illustri.

Molti imprenditori si sono rovinati con il calcio poiché tutti, sino a poco tempo fa, hanno accettatocon rassegnazione il principio secondo cui l’ente sportivo professionistico sia un “vuoto a perdere” e solo chi possiede grandi disponibilità economiche ( da buttare) possa acquistare un giocattolo nel quale, regolarmente, si debbono ripianare le perdite.

Ciò poteva esser vero in passato, non oggi.

Le regole dell’economia sono decisamente mutate dato che lo sport, oltre ad avere un impatto sociale, incide nell’economia di un singolo paese poiché le società di calcio professionistico sono soggetti rilevanti sia per il fisco che per intere categorie di lavoratori ( i calciatori e tecnici solo per citarne alcuni).

Questo è uno dei motivi per cui si sono rese necessarie nuove regole volte tutelare tutti i soggetti che intrattengono rapporti economici e commerciali con le società di calcio professionistico.

A breve le cose cambieranno poiché bisognerà esser virtuosi anche dietro la scrivania, oltre che in campo, dato che la Uefa ha deciso di dare “un giro di vite” sulle spese folli che, in futuro, le società potranno permettersi solo a fronte di utili e non in base al continuo ricorso all’indebitamento.

Non si potrà spendere più di quanto si guadagna poiché, allo stato attuale, è inaccettabile che i sodalizi più prestigiosi d’Europa siano anche i più indebitati.

La società professionistica dovrà esser in grado di autofinanziarsi producendo ricavi.

L’adeguamento ai nuovi parametri, tuttavia, sarà graduale poiché tutti i sodalizi dovranno raggiungere la parità di bilancio entro l’anno 2017 non potendosi pretendere l’immediato allineamento ai nuovi standards da parte della maggior parte dei clubs europei che, oggi, presentano bilanci disastrosi.

Come detto l’adattamento alla normativa Uefa sarà graduale ed il periodo 2011-2017 verrà suddiviso in due trienni: il primo dall’anno 2011 sino al 2014 dove i clubs potranno dichiarare perdite sino a 45 milioni mentre, nel 2014- 2017, la cifra scenderà a 30 milioni. Attenzione in questo caso le perdite si riferiscono a quelle finali del triennio di riferimento. In ogni caso le perdite dovranno esser ripianate con aumenti di capitale o donazioni e non con prestiti che, essendo debiti (che devono esser restituiti), pesano sul deficit di bilancio. La differenza non è di poco conto, credetemi!

Scopo dell’Uefa è ovviamente quello di limitare spese che pesano sull’andamento economico della società sportiva come quelle riferite ad ingaggi e acquisti di atleti, che oggi rappresentano i costi maggiori, mentre verranno incentivate le spese “virtuose”, ovvero quelle effettuate per gli stadi di proprietà, settori giovani e progetti sociali.

L’indebitamento sarà legittimo, di conseguenza, ove finalizzato alla creazione di business per la società sportiva che dalla spesa dovrà ottenere ( come nel caso dello stadio di proprietà) un ritorno in termini di solidità economica e strutturale.

Dal 2017-2018, pertanto, le società non potranno spendere più di quanto fatturano.

Verrà ovviamente creato un organismo di controllo che dovrà vigilare sul corretto adempimento degli obblighi finanziari imposti dalla Uefa ed, in caso di deferimento agli organi disciplinari, si rischieranno sanzioni pesantissime.

Ciò ovviamente inciderà in modo determinante sulle scelte di mercato delle compagini professionistiche che potranno investire sugli atleti solo a fronte di ricavi che lo consentiranno e di bilanci assolutamente in linea con i parametri dettati dalla Uefa.

Ulteriore conseguenza di tutto ciò sarà che i dirigenti di società professionistiche dovranno affinare le loro competenze in campo aziendale, fiscale e giuridico oppure, in caso contrario, lasciare spazio a una nuova generazione managers.

Il mercato e l’abilità gestionale faranno la differenza come, del resto, avviene in qualsiasi altro settore dell’economia.

[Cesare Di Cintio – Fonte: www.tuttonapoli.net]