Hernanes: “Il presidente della Lazio è stato categorico nel dichiararmi incedibile. Va bene così”

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logo-lazioMetà agosto, calcio d’estate. Tempo di preliminari per alcuni e di finali per altri. Vedi la Lazio, che il 18 agosto allo stadio Olimpico si giocherà il primo trofeo stagionale, la Supercoppa italiana, contro la Juventus. Chi non vuole perdere l’occasione di alzare il terzo trofeo nel giro di pochi mesi è Anderson Hernanes de Carvalho Viana Lima, meglio conosciuto come Hernanes. Il Profeta è tornato carico dalla pausa extra concessa ai nazionali e si è ripreso di forza il posto da titolare. Su di lui tuttavia continua ad aleggiare un alone di incertezza. Il gong del calciomercato è sempre più vicino, e il pericolo che possa arrivare un’offerta monstre per il brasiliano è dietro l’angolo. Il patron biancoceleste ha annunciato di aver offerto il rinnovo al suo gioiello, che di tutta risposta avrebbe gentilmente declinato. Del suo futuro e non solo ha parlato proprio il numero 8 biancoceleste in una lunga intervista concessa ai microfoni di odia.ig.com.br. Ve la riproponiamo integralmente.

Sei stato il dodicesimo giocatore del Brasile in Confederations Cup. Nutri qualche sentimento di gratitudine per Scolari che ti ha fatto tornare in Nazionale?

“Sì, mi ha dato una possibilità, mi ha dato  fiducia. Ero pronto a conquistare la sua fiducia. Mi mancava proprio questo, la fiducia  dell’allenatore. Ho dimostrato che potevo giocare in Nazionale e sono grato a lui per ogni cosa”.

Quali sono stati i momenti migliori della Confederations Cup?

Ci sono stati diversi momenti piacevoli, ma quando i fan al Maracanà hanno cominciato a gridare “Campioni di nuovo” è stato il massimo. Io e tutto il gruppo avevamo intenzione di riconquistare i tifosi. Volevamo che la gente si fermasse per veder giocare la Seleção e ci siamo riusciti. Abbiamo riacceso la fiamma nei supporters brasiliani”.

Hai lavorato con tre allenatori in Nazionale: Dunga, Menezes e Luiz Felipe Scolari. Quali sono le caratteristiche di questi tre coach?

“Guardate (respira e ci pensa ndr), è difficile da dire. Non ho avuto molte possibilità di giocare con Dunga e Menezes. Ognuno ha la sua parte tattica, un modo di guardare il calcio. La scuola degli allenatori in Brasile è simile. Scolari ha più esperienza e si distingue per le sue vittorie”.

Come hai preso la notizia dell’esclusione dai Mondiali in Sud Africa del 2010, dopo aver ben figurato alle Olimpiadi di Pechino nel 2008?

“La cosa più importante è quella di ottenere la fiducia del coach. A quanto pare, mi era messo in luce, ma non così tanto. A volte ho pensato di non essere pronto per la Nazionale”.

Hai detto che eri depresso dopo le Olimpiadi di Pechino perché il Brasile non era riuscito a vincere la medaglia d’oro. Quello è stato il momento più frustrante della tua carriera?

“Sì. Avevo voglia di vincere le Olimpiadi, anche più del Mondiale. Voleva davvero la medaglia d’oro, volevo qualcosa di nuovo”.

Nel febbraio del 2011 hai rimediato un’esplusione in amichevole contro la Francia. Hai temuto che la tua esperienza in Nazionale potesse finire lì?

“No, in alcun modo. Ho sempre pensato che avrei riconquistato il mio posto in Nazionale. Il mio punto di forza è la determinazione. Non mi arrendo mai. Sapevo che si trattava di un incidente e che lo avrei superato”.

Hai ricevuto offerte per lasciare la Lazio. Cosa la spinge a rimanere nel suo club?

“Offerte, no. Conversazioni. Finora non so nulla di cosa c’è stato, il giocatore di solito è l’ultimo a sapere le cose. Il presidente della Lazio è stato categorico nel dichiararmi incedibile. Va bene così”.

Cosa ritieni che debba cambiare nella Seleção in vista del Mondiale e cosa dovrebbe invece essere mantenuto?

“Dobbiamo mantenere lo stesso spirito e la nostra enorme determinazione. Siamo sempre entrati in campo per vincere, avevamo bisogno di vincere. Era essenziale. Dobbiamo invece migliorare sempre dal punto di vista tecnico e tattico”.

Come ex giocatore del club, stai seguendo il momento attuale del San Paolo nel Brasileiro?

“Sia come giocatore che come tifoso, non avevo mai visto il San Paolo attraversare una fase così complicata. Ma penso che sia una questione di tempo. Quando arriverà la prima vittoria, sono sicuro che la squadra abbia quello che serve per recuperare. Hanno Autuori, un grande allenatore, e buoni giocatori che sapranno uscire da questa situazione. Io sono lì a tifarli”.

Prima della finale di Confederations Cup contro la Spagna, hai consegnato ai tuoi compagni una foto della coppa. E’ stata una profezia?

“Non è stata assolutamente una profezia, era solo un modo per concentrarsi sull’obiettivo. Volevo far capire agli altri giocatori che non eravamo lì in attesa che le cose accadessero, bensì per diventare campioni. Volevo trasmettere questa immagine ai miei compagni e il modo migliore che ho trovato è stato dare loro una foto della coppa, con un messaggio per ognuno di loro”.

Se non avessi fatto il calciatore, cosa saresti adesso?

“Un ingegnere. Un ingegnere civile. Fin dall’infanzia mi ha sempre affascinato questo lavoro. Guardavo gli edifici, sono un osservatore. Se tutto va bene, ci diventerò dopo aver terminato la carriera”.

Che cosa stai leggendo in questo periodo?

“Augusto Cury. Non ricordo il titolo”.

Di cosa parla? Di aiuti in campo?

“Parla di come funziona il cervello, l’intelligenza. La conoscenza di sé è veramente la migliore arma psicologica”.

[Centogambe/Fiori – Fonte: www.lalaziosiamonoi.it]