Il calcio e le sue mutazioni filosofiche

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Il calcio si è fatto troppo veloce e troppo fisico. La forza, la fantasia, hanno unito per anni lo spettacolo con la sostanza. L’estro non può essere imbrigliato nei rigidi schemi. A Ibrahimovic . forza dirompente e tecnica allo stato puro, è inutile chiedere di rispettare alla lettera le disposizioni tattiche. Zlatan deve sentirsi libero di muoversi a piacimento secondo istinto. Nel suo caso è la squadra che deve assecondare i suoi movimenti liberandogli gli spazi intuendo la direzione in cui lo svedese si va a posizionare. Sono i compagni che devono occupare la zona che lui lascia libera e seguire la sua azione per approfittare dei suoi assist (13 la scorsa stagione).

Al giovane Ibra dissero: “Se tu sei capace di mettere la palla sul piede di un tuo compagno solo davanti al porta lui magari segna , ma tu sei stato bravo quanto e più di lui. Anche tu sai fare gol e nel calcio soprattutto agli inizi conta la quantità ma essenziale è la qualità. E tu sei uno dei pochi che possiede il dono della qualità”. Ibra anche quando non segna (nel girone di ritorno del campionato ha realizzato solo 4 reti) gioca sempre ad alti livelli catalizzando la manovra della squadra e creando non poche difficoltà agli avversari. Anche se a volte sciupa occasioni abbastanza semplici. Zlatan comunque è il faro della squadra e un punto di riferimento fondamentale, ma quando il team diventa Ibra dipendente può essere un limite (fermato lui, la manovra offensiva non ha pochi sbocchi) ecco perchè la manovra deve avere delle valide alternative. Allegri le ha trovate e allora il Milan, nonostante un Ibra in tono minore nella fase discendente della stagione, ha egualmente vinto lo scudetto.

Una volta si sosteneva che un allenatore, per quanto bravo, avrebbe inciso soltanto marginalmente sui risultati della squadra. Oggi ha assunto un’importanza superiore. Altrimenti non si assisterebbe ad aste plurimilionarie per accaparrarsi i migliori sulla piazza. Il Chelsea, per liberare dal Porto Villas Boas, ha sborsato 15 milioni di euro più un ingaggio triennale da 6 milioni di euro a stagione Premesso che i giocatori di qualità rimangono determinanti, ma devono essere funzionali al progetto del tecnico. Ibra nel Barcellona di Pep Guardiola non è riuscito a inserirsi proprio perchè certi meccanismi non gli erano congeniali. Eppure Zlatan è più forte di Villa o di Pedro che sono indispensabili per Guardiola. Il collettivo esalta le qualità. Messi è un fenomeno perchè gioca con la squadra e per la squadra.

Ci sono allenatori che in epoche diverse hanno cambiato il modo di concepire il calcio. Senza risalire agli antipodi negli anni Sessanta il primo è stato Helenio Herrera. Il suo “taca la bala”, attacca la palla vale a dire metti rabbia in quello che fai, sbalordì i conservatori di allora. Helenio più che la tattica catenacciara fece leva sullo spirito di squadra. Il Mago era un istrione geniale capace di caricare a molla il suo gruppo. Con lui un giocatore di medio valore diventava un fenomeno. La rivoluzione nel calcio nasce in Olanda sul finire degli anni Sessanta. Con Rinus Michels e Kovacs vero precursore della nuova tendenza. Pressing, fuorigioco, due esterni bassi che spingono molto, il libero regista del reparto arretrato, centrocampisti che oltre a costruire hanno il compito di concludere a rete dalla media e lunga distanza, gli attaccanti rientrano spesso e pressano i difensori avversari. E’ una rivoluzione anche dei ruoli. Molti centrocampisti diventano terzini fluidificanti, qualcuno addirittura si adatta a fare lo stopper.

Tutti, però, costruiscono il gioco in ogni zona del campo. Arrigo Sacchi sul finire degli anni Ottanta modifica sostanzialmente la filosofia italiana principalmente basata sul difensivismo ad oltranza. Anche Righetto, grazie a campioni straordinari, trova la chiave tattica, molto vicina ma più moderna di quella olandese, per incantare il mondo. Nella storia un posticino di riguardo spetta anche a Carlo Ancelotti che contro ogni logica ha dimostrato come più trequartisti (quattro) possono coesistere nello stesso undici senza creare squilibri tattici e fornire contributi decisivi. Josè Mourinho ha vinto molto riportando in auge i metodi di Helenio Herrera. Massima dedizione, spirito di sacrificio, abnegazione e un gioco difensivo (da ricordare Eto’o posizionato spesso sulla linea dei terzini…) che puntava su rapidissime ripartenze in massa. Schemi efficacissimi (difesa e attacco più forte del campionato) e una Champions vinta dopo 45 anni di astinenza. Massimiliano Allegri non ha portato particolari innovazioni tattiche, ha più semplicemente usato il buon senso rivedendo l’assetto poco producente con scelte più razionali che hanno prodotto risultati concreti. Scusate se è poco.

[Tiziano Crudeli – Fonte: www.tuttomercatoweb.com]