La formula che fa grande il Catania

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Primo tempo disarmante, secondo arrembante.

C’è tutto il bene ed il male del Catania diviso nei 90’ della sfida contro il Genoa. Squadra capace di rischiare un passivo di tre reti al fischio dell’intervallo, per poi dimostrarsi, tornata fuori dagli spogliatoi, in grado di rimontare una delle compagini più in forma del torneo. Quindi, rischiare d’esser costretta al pareggio più in superiorità numerica che non a numero di effettivi in campo ristabilito.

Più che scossa di metà partita si dovrebbe parlare di inizio ad handicap. Potenza subito in difficoltà, ulteriormente provato da un acciacco fisico che sin dapprincipio mette Schelotto in corsia di riscaldamento; Alvarez spento, Augustyn pasticcione, Ledesma scombussolato, Lopez inoperoso, Bergessio senza ruolo. E’ nelle prestazioni dei singoli che il Catania paga dazio. La smania di far bene è un’attenuante fin troppo generica e ritrita per giustificare la prestazione dei primi 45’, inguardabili più per l’atteggiamento in campo, remissivo, che non per il gioco espresso, tanto elaborato da far desistere la fortuna dall’accompagnarlo.

Ed è così che proprio dai singoli parte la riscossa. Simeone, ancora una volta, ha il merito di sbagliare con cognizione di causa, sapendo quindi bene dove andar a modificare l’assetto della propria squadra una volta fallito il progetto numero 1. Fuori Ledesma, continua a deludere, e Potenza, in forma improponibile. Cambia il modulo, cambiano principalmente gli uomini: Ricchiuti dimostra quanto due gare trascorse in panchina giovino al suo rendimento, miscela di grinta ed acume tattico; Schelotto riscatta l’opaca prestazione di Napoli, consacrandosi come miglior terzino destro in dote a Simeone. Due innesti, il Catania cambia volto, la partita cambia volto, ed il risultato di conseguenza.

Per l’ennesima volta i rossazzurri dimostrano di rischiare meno e combinare di più se sprezzanti del pericolo, spregiudicati, con nulla più da perdere. Dato risaputo, almanacchi alla mano, ma che solo il cambio tecnico, assecondando parzialmente la naturale inclinazione offensiva della squadra, è riuscito a far riemergere dall’oblio. Il secondo tempo di Napoli aveva già consigliato l’impiego di due punte, schierate quest’oggi; l’impressione adesso è che la rimonta sul Genoa abbia giovato alla comprensione definitiva di modulo, ruoli ed interpreti; indicazioni preziosi, che ignorare sarebbe delittuoso.

Singolare come l’alchimia rossazzurra, pur avendo ormai poco di misterioso, debba annualmente esser prima accantonata e poi riscoperta, quasi per caso, per esser compresa, accettata e dare buoni frutti, sorprendenti solo per chi dimentica le potenzialità di questa squadra, e della sua gente, il cui umore è da sempre indice di quanto sapientemente o meno siano dosati gli ingredienti nella ricetta alchemica.

Non servono biasimi a chicchessia, astensioni, fischi, né scurrili paroline magiche o ceffoni morali. Sono anzi queste le storture che hanno affossato il Catania, impedendogli finora di venir fuori dai bassifondi della classifica. Colpevoli tutti. Né giudici né accusatori, né tantomeno santoni del calcio da bar dello sport. Tutto quel che gli occorre, il Catania ce l’ha già. Deve solo evitare di confondersi le idee, lavorando con serena convinzione di poter ottenere ciò che vuole, nel rispetto della propria natura, dei propri equilibri.

Ed al raggiungimento ed al mantenimento di questa serenità, concorriamo tutti.

[Marco Di Mauro – Fonte: www.mondocatania.com]