Lazio, l’angolo tattico: con il Milan baricentro troppo basso

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logo-lazio“L’Angolo Tattico dei primi 17 minuti di Milan-Lazio”: se non fosse chilometricamente estesa, l’intestazione della rubrica suonerebbe oggi così. Questo indipendentemente dagli effetti sul risultato che l’espulsione di Candreva ha senza dubbio provocato. Reggere l’urto milanista, a San Siro, per più di 70 minuti era apparsa subito un’impresa dai contorni epici. D’altra parte, la rabbia per l’evidente errore arbitrale avrebbe anche potuto far scattare una reazione d’orgoglio nel ‘dieci’ biancoceleste, uno stimolo in più a compattarsi e a vendere cara la pelle. Ma, appunto, tale discorso attiene più alle conseguenze sul risultato che all’atteggiamento tattico della Lazio. Il quale ha mostrato evidenti lacune proprio nel quarto d’ora che ha preceduto il “pasticciaccio brutto di San Siro”.

LIVELLO SQUADRA: BARICENTRO TROPPO BASSO – Partiamo dall’atteggiamento complessivo. Nei primi minuti gli spettatori allo stadio e quelli seduti sul divano hanno pensato: “Se l’inizio è questo, sarà una partita spettacolare!“. Due occasioni pericolose per il Milan (entrambe con El Shaarawy), una nitida per la Lazio, con la conclusione debole di Floccari sull’invitante cross basso di Candreva. Che i rossoneri fossero più arrembanti, più fluidi nella manovra, però, si è visto quasi da subito: scambi rapidi, quasi tutti di prima; tagli orizzontali ad aprire le maglie biancocelesti; gli inserimenti di El Shaarawy e Pazzini, con Boateng a fare da cerniera con il centrocampo. La Lazio, invece, si è posizionata in campo con un baricentro piuttosto basso, rinunciando a pressare nella trequarti avversaria per serrare le maglie nella propria metà campo. La velocità di fraseggio del Milan e le qualità individuali del tridente offensivo hanno però evidenziato gli ingranaggi fallati dello schieramento laziale. Uno su tutti.

LIVELLO SINGOLI: PEREIRINHA NON É UN TERZINO – E qui veniamo al discorso sul singolo. Bruno Pereirinha non ha le caratteristiche necessarie per giocare da terzino destro, almeno nel campionato italiano. Può ricoprire quel ruolo in gare ‘sotto controllo’ (vedi quella con il Pescara), non certo quando lo sfidante nella sua zona di competenza è un certo El Shaarawy. E non si tratta di una sua colpa: le sue doti sono chiaramente quelle di un esterno avanzato, ruolo per il quale possiede proprietà di palleggio e anche una buona propensione al cross. A suffragare questo ragionamento ci ha pensato proprio il primo quarto d’ora di gioco. Prima l’involontario assist in scivolata per l’italo-egiziano, su cui ci ha messo una pezza Marchetti in uscita. Quindi la marcatura persa, sempre sul Faraone, libero di staccare di testa da pochi metri (conclusione alta sopra la traversa). Non è un caso allora se – complice ovviamente l’inferiorità numerica – Petkovic abbia chiesto a Lorik Cana di scaldarsi: anche il tecnico biancoceleste si è reso conto che la difesa a quattro, con Pereirinha terzino, si è rivelato un esperimento non riuscito.

In questo, l’unico spunto tattico espresso dal secondo tempo è stato rivelatore: la difesa a tre, con Alvaro Gonzalez esterno destro di centrocampo – ma anche con lo stesso Pereirinha – sarebbe stato molto probabilmente lo schieramento migliore con cui iniziare la partita. Soprattutto, il 3-5-2 – anzi, il 3-4-1-1 – diventa ora la soluzione più realistica per tutto il periodo in cui Abdoulay Konko rimarrà fuori. Con i tre in difesa è arrivata la disfatta di Siena? Vero, ma in quell’occasione mancava un perno fondamentale come Stefan Radu. L’alternativa? Reintegrare Luis Pedro Cavanda. Per carità, la sola presenza del belga non avrebbe magari scongiurato la sconfitta di ieri sera, ma di sicuro il ruolo di terzino lo sa ricoprire. Di utopie, però, non vive il mondo. Figuriamoci il calcio…

[Stefano Fiori – Fonte: www.lalaziosiamonoi.it]