Nel corso dei decenni, il calcio non è solo cambiato nel ritmo, nella tecnica e nella preparazione atletica, ma ha vissuto una vera e propria rivoluzione strategica. Alla base di questa trasformazione c’è l’evoluzione dei moduli tattici, schemi che raccontano non solo la disposizione dei giocatori, ma anche la filosofia degli allenatori e l’essenza di un’intera epoca calcistica.
I primi moduli erano offensivi e squilibrati: il 2-2-6 o persino il 1-1-8 riflettevano un calcio “kick and rush”, basato sulla forza e sulla verticalità. L’introduzione della piramide di Cambridge (2-3-5) nei tardi anni ‘800 segna il primo tentativo di organizzazione razionale: difesa, centrocampo e attacco iniziano a dialogare.
Nel 1925, con la riforma del fuorigioco, nasce il Sistema WM (3-2-2-3) ideato da Herbert Chapman: più compatto e difensivo, introduce il concetto di mezzali e terzini moderni.
Negli anni ‘30 e ‘50, con Karl Rappan e successivamente con il genio tattico italiano, prende forma il catenaccio: marcature a uomo, libero staccato, contropiede fulmineo. Un’epoca in cui la tattica diventa quasi arte difensiva.
Negli anni ‘70 l’Olanda di Cruijff sconvolge il mondo con il calcio totale: giocatori che si scambiano ruoli, movimenti simultanei, pressing organizzato. È qui che nasce la base del 4-3-3 moderno, poi perfezionato da Guardiola con la sua visione “liquida”: dal 4-3-3 al 2-3-2-3, in funzione del possesso palla.
Nel calcio attuale, i moduli non sono più rigidi: diventano principi di gioco adattabili. Ma il confronto tra 3-5-2 e 4-3-3 resta centrale:
* Il 3-5-2 garantisce copertura difensiva, densità centrale e sfrutta gli esterni in fase offensiva. È un modulo solido, perfetto per ripartenze e transizioni rapide, ma dipende dalla tenuta atletica dei “quinti”.
* Il 4-3-3 è sinonimo di ampiezza, intensità e possesso palla. Utilizzato dai club più offensivi, richiede esterni rapidi e centrocampisti dinamici, ma può soffrire contro squadre compatte e chiuse.
Allenatori come Conte, Spalletti, Guardiola, Klopp e Gasperini hanno dimostrato che non è il modulo a vincere le partite, ma la capacità di adattarlo ai giocatori e al momento tattico della gara.
E tra questi passaggi e cambi di modulo, si nasconde il desiderio eterno del calcio, toccare l’anima di chi guarda, far battere il cuore al ritmo di un pallone che rotola, e magari trovare un frammento di bellezza, fugace, ma indimenticabile in una verticalizzazione, in una sovrapposizione, in un gol che sembra poesia.
Perché in fondo, il calcio è un bacio dato alla palla e alla logica o alla sregolatezza, da un sogno chiamato talento.
A cura di Francesco Forziati
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