Lo straziante ricordo di un assurdo pomeriggio di Aprile

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Lo straziante ricordo di un assurdo pomeriggio d'aprile

Il 14 Aprile di otto anni ci lasciava Piermario Morosini, il nostro commosso ricordo del ragazzo scomparso troppo presto.

PESCARA – E’ uno di quei giorni strani, lo riconosci dall’allergia mattutina e da quella strana sensazione che succederà qualcosa, bella o brutta che possa essere. Succederà e tu resti lì, inerme, sperando che qualcuno venga a svegliarti per dirti che stavi sognando o sudando. E’ un sabato distante da quella Primavera disegnata da un bimbo di scuola elementare, un ghigno del cielo plumbeo in quel pomeriggio di metà aprile. C’è la partita, un altro capitolo di quel libro meraviglioso che sta scrivendo il Pescara. C’è un però: sono in punizione e lo stadio resterà solo un minuscolo monte da osservare con un binocolo stretto, per una volta dopo anni di regolare timbro del cartellino.

E’ uno di quei pomeriggi strani e te ne accorgi subito perché il Pescara, dopo un quarto d’ora, è sotto di due reti con un modesto Livorno. No dai, non può essere vero. Magari dovremmo aspettare ancora qualche minuto prima di riciclare questa frase, avvolta da un macabro senso di sconfitta. Già perché la partita, dopo mezz’ora, non ha più nulla da dire ma, d’un tratto, l’incubo: c’è un giocatore, in basso al teleschermo, che si accascia ripetutamente, lo fa almeno per tre volte prima di accasciarsi al suolo. Preso dalla foga del momento lo invito a rialzarsi credendo che sia il solito infortunio ma, dopo un micro secondo, capisco tutto e lo capisce anche mio padre, seduto vicino a me.

Ricordo ogni gesto come se fosse ieri: le mani nei capelli, la salivazione azzerata, le corse dei giocatori e il telecronista che continua a ripetere: “E’ Morosini, è Morosini”. Gli innumerevoli replay sbiancano il mio volto, c’è un Ambulanza che corre ma il “Moro” non si alza. Attoniti gli spettatori, attonito il mondo dentro una stanza, tutto in terzo piano.
Gli attimi che intercorrono sono interminabili, la fuga in ospedale e la drammatica notizia annunciata poche ore dopo: Piermario Morosini è morto. Mentre la pioggia scende, come ora, mentre tutti riflettono su quanto sia fragile il confine tra i destini, da ciò che deve accadere nonostante tutto. Mentre tutto scorre c’è la vita di un ragazzo che non scorre più e quel tragico destino che, dalla notte dei tempi, ha segnato la sua vita.

Ed è accaduto tutto all’improvviso, come un fulmine a ciel sereno, come un pomeriggio di aprile senza un perché, senza risposte, dominato da quell’invincibile senso di fragilità e da un sogno a cui hanno tarpato le ali troppo presto.