È disponibile sul canale YouTube PrimeVideoSportIT il nuovo episodio di Fenomeni, il format originale Prime Video Sport condotto da Luca Toni, campione del mondo 2006 ed esperto di Prime Video in occasione delle partite di UEFA Champions League. Ospite della puntata è Hernán Crespo, attaccante argentino che, a cavallo tra gli anni Novanta e i Duemila, ha vestito le maglie di Parma, Lazio, Inter, Milan e Genoa conquistando tre Scudetti, una Coppa Italia, cinque Supercoppe e una Coppa UEFA.
Nel corso della chiacchierata con Luca Toni, Crespo tocca tutti i momenti principali della propria carriera, dai successi con il Parma alla delusione di Istanbul fino ai tre Scudetti consecutivi in nerazzurro, svelando tra le altre cose i retroscena legati ai trasferimenti di mercato che lo hanno visto protagonista.
L’episodio completo è disponibile sul canale YouTube @primevideosportit, insieme a quelli precedenti: Buffon, Vieri, Bonucci, Nesta, Sneijder.
Di seguito alcune dichiarazioni tratte dall’intervista:
Il Milan di Berlusconi il club perfetto. Ma in Italia non ho una maglia: mi rispettano tutti
Per i giocatori della mia generazione, il Milan di Berlusconi rappresentava la perfezione del calcio. Tutto funzionava, tutto era perfetto: parlavano solo Berlusconi, Galliani e Braida, noi dovevamo pensare a giocare a calcio e fare bene. E non è un caso che abbia vinto per tantissimi anni. A livello emotivo tutti i club mi hanno dato molto, il Parma, l’Inter, la Lazio, il Chelsea e tutti gli altri. In generale sento di non avere una maglia in Italia: ovunque io vada mi salutano e mi ricordano con rispetto, per me è una grande soddisfazione.
L’addio al Milan e i messaggi dopo Atene: questa Champions è anche tua
Avevo già firmato per rimanere, poi Galliani ha deciso di prendere Vieri e io sono andato al Chelsea. Mi è dispiaciuto moltissimo andare via, è stato durissimo: era un gruppo fantastico, sano, di persone vere. Finivamo le partite e mangiavamo insieme con le famiglie. Due anni dopo, quando il Milan vinse la Champions League ad Atene e io ero all’Inter, mi sono arrivati dei messaggi da ex compagni e addetti ai lavori del Milan: mi dicevano che quella coppa era anche mia. Per me, per assurdo, è stato il trofeo più grande.
Il primo addio all’Inter: sono uscito piangendo dalla Pinetina. Mourinho? Un grande
Io volevo restare all’Inter e avevo anche preso casa. Poi succede che la società mi vende al Chelsea, dove non volevo andare. Vieri alzò la voce dicendo che dovevo restare e scatenò un gran casino, ma Cuper aveva altri piani. Non dimostrò empatia. Sono uscito dalla Pinetina piangendo, all’Inter stavo alla grande. Ma il calcio è così, è la società che decide. Quando torno all’Inter, dopo i primi due Scudetti con Mancini, la società mi mette un po’ al capolinea. Nell’estate 2008 potevo andare alla Roma, ma la società non voleva perché era concorrente diretta. A gennaio c’era la possibilità di andare al Real Madrid, ma dissi di no per vincere il terzo Scudetto consecutivo, il primo sotto Mourinho. Con Jose il rapporto andava alla grande: il suo modo di trattare i giocatori era incredibile.
I giovani Buffon e Messi
A Parma un giovane Buffon a fine allenamento ci sfidava: “Mi sono rotto, adesso non mi fate neanche un gol”. Calciavamo io, Veron, Chiesa, Balbo, Asprilla, da fuori area nessuno segnava. Sì capiva che poteva diventare il numero uno, aveva personalità a mille. Si lanciava di testa sui piedi come se nulla fosse, era impressionante.
Messi era uno spettacolo, l’ho visto per la prima volta a 18 anni. In allenamento dribblava tutti con la palla attaccata ai piedi, la toccava trecento volte e non la perdeva mai. I vari Burdisso, Milito e Scaloni gli davano certe stecche, lui si alzava e li ripuntava ancora, non si tirava mai indietro: ti puntava, ti saltava, ti guardava senza dire nulla, poi di nuovo da capo. Aveva una personalità impressionante.