Mancini a Il Sole 24 Ore: “Spero di tornare presto in campo”

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Roberto Mancini

Le parole del Commissario Tecnico della Nazionale italiana nel corso di una lunga intervista rilasciata a Il Sole 24 Ore.

ROMA – Roberto Mancini, Commissario Tecnico della Nazionale, ha rilasciato una lunga intervista a “Il Sole 24 Ore”. Queste le sue parole a cominciare dalla situazione attuale: “Il momento in cui ci troviamo, tutti, non ha paragoni. L’aspetto peggiore è vedere ammalarsi e morire così tante persone e non avere alcun potere per impedirlo. Spero che questo incubo finisca presto, che si possa tornare a una vita normale… Non posso non pensare a tutte le famiglie che stanno vivendo questi lutti”. Mancini ha, poi, aggiunto: “Valuteremo quando si torneranno a disputare i campionati nazionali, vedremo le decisioni dell’Uefa. Quando potremo cominciare a vederci, quando torneremo a giocare insieme, ci sarà modo per pensarci. Spero che questo accada presto, perché vorrà dire che questa triste situazione sarà terminata e non vedremo più gente morire”.

Il momento più difficile da allenatore? Mancini ha risposto così: “Difficile dirlo, perché solitamente un allenatore basa la preparazione della partita studiando la squadra avversaria in generale. Poi certo, può succedere di incontrare Messi, che se è in giornata, non puoi fare nulla. Ecco, direi che pensi un po’ di più al singolo giusto se incontri giocatori come Messi, Cristiano Ronaldo o Ronaldo l’altro, “il Fenomeno”. Anzi, a pensarci bene, direi lui: è stato il calciatore migliore in assoluto a essere arrivato in Italia dopo Maradona. Io ho sfidato quel Ronaldo sia da giocatore sia da allenatore. Mi ricordo la finale di Coppa Uefa del 1998 a Parigi contro l’Inter. Giocavo nella Lazio e in campionato li avevamo dominati vincendo 4-0 in casa nostra, all’Olimpico, e 5-1 a San Siro. Poi siamo arrivati in finale e lui quel giorno lì… Ecco, direi che era abbastanza in forma”.

Sulla vita dei calciatori nell’epoca dei social ha dichiarato: “Sono ragazzi che hanno molte più distrazioni rispetto a quelli delle generazioni precedenti, che pensavano di più a giocare ed erano ben consci della grandissima fortuna che avevano avuto: fare del gioco preferito della loro infanzia un lavoro. Anche oggi trovi qualcuno che lo è, sia chiaro. Per quanto riguarda il mio ruolo, è impossibile tenere lo stesso comportamento che avevo prima: non puoi fare altro che adeguarti, cercando di metterli nelle condizioni migliori possibili per rendere al massimo in campo, nonostante tutto quello che gli ruota attorno”.