Milan: da Ancelotti a Allegri, dal 4-4-2 al 4-3-1-2

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logo-milanSi dice che il calcio sia una questione di moduli e numeri. Numeri che mescolati possono dare origine ad alchimie in grado di far sognare i tifosi e segnare intere epoche calcistiche. Non tutti gli allenatori di calcio però hanno dimestichezza nel trovare la formula giusta per la propria squadra e invece di valutare le caratteristiche dei propri giocatori per creare su misura lo schema migliore che li faccia rendere al meglio, preferiscono imporre incondizionatamente il proprio credo calcistico.  Ancelotti ed Allegri sono due allenatori che ben rappresentano questo concetto.

Il buon Carlo quando arrivò al Milan, dopo aver analizzato il materiale umano a sua disposizone, preferì scartare il 4-4-2 e propose quel rombo di centrocampo che fece la fortuna sua e del Milan per molte stagioni. Invece di creare un inutile dualismo tra un giovane Pirlo (allora promessa inespressa) e Rui Costa, decise di utilizzare entrambi posizionando il bresciano davanti alla difesa e il portoghese dietro le due punte. A completare quel centrocampo stellare c’erano poi un unico incontrista a tutto campo (Gattuso) e una mezz’ala sinistra dal piede fatato e dalla classe immensa e cristallina (Seedorf). Una squadra dai piedi buoni e dal tasso tecnico spaventoso che era in grado in qualsiasi momento di tirare fuori dal cilindro l’invenzione per sbloccare qualsiasi partita e piegare ogni sorta di avversario.

Se Ancelotti ebbe la capacità di plasmare uno schema nuovo in grado di far rendere i suoi uomini al 100%, Allegri ha quasi sempre operato con una filosofia di pensiero molto diversa. Indipendentemente dagli uomini a sua disposizione ha sempre cercato di far giocare la squadra con il modulo che rispecchia di più le sue convinzioni, ovvero il 4-3-1-2 (con tre mediani portati a inserirsi e un trequartista a supporto delle due punte) passando solo recentemente all’attuale 4-3-3 dopo l’avvio disastroso che aveva fatto piombare il Milan in piena zona retrocessione.

Gli stravolgimenti e i riposizionamenti sono stati innumerevoli e a volte inspiegabili. Emanuelson ad esempio, comprato per ricoprire il ruolo di terzino sinistro, in due stagioni ha giocato praticamente ovunque tranne che in difesa se non in casi di assoluta emergenza. Boateng nonostante sia chiaramente un centrocampista i cui punti di forza sono il dinamismo, la potenza e la qualità è stato schierato fino all’esasperazione (anche su pressione dello stesso ghanese) in posizione di trequartista senza avere la benché minima visone di gioco e capacità di dettare l’ultimo passaggio tipica di chi è stato grande e ha fatto la storia di questo ruolo. Da qualche settimana il Prince rossonero viene addirittura schierato nel ruolo di esterno destro alternandosi a Niang, le cui caratteristiche sono invece da punta centrale e Bojan che ha dimostrato nelle poche volte in cui è stato schierato di essere più un trequartista che un esterno d’attacco.

Boateng ha recentemente dichiarato di aver giocato al 100% solo in poche partite nell’arco di questa stagione, segno evidente che inizia a serpeggiare un certo malumore tra quei giocatori troppo spesso impiegati fuori ruolo e non messi in condizione di rendere al meglio. Ancelotti a differenza di Allegri è riuscito a vincere per anni regalando spettacolo. Abbiamo ancora tutti negli occhi le imprese di quella squadra che terrorizzava l’europa conquistando a ripetizione trofei sia in campo nazionale che internazionale. Difficile ormai che il tecnico toscano possa cambiare il proprio credo calcistico e questo purtroppo resterà alle cronache come uno dei suoi più grandi limiti.

[Francesco Ciociola – Fonte: www.ilveromilanista.it]