Palermo, Rossi: “Questa squadra ha futuro! Pastore è il giocatore più talentuoso che abbia mai avuto”

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Delio Rossi rivive il momento rosanero in un’intervista al Corriere dello sport, soffermandosi sui giovani e su Pastore, sugli obiettivi del Palermo e sulla quella qualificazione in Champions League che è sfumata nelle ultime giornate.

Signor Rossi, se le dicessi che quello di domenica sera è stato il Palermo più bello della stagione, lei cosa risponde­rebbe?

“Le direi che ha ragione in parte, che il Palermo più bello è stato quello del se­condo tempo con la Roma e quello del primo tempo col Bologna”.

Lei è considerato un tecnico che inse­gna calcio. Come si «plasmano» i giova­ni?

“Tanto per cominciare, devono avere delle qualità altrimenti possono crescere fisicamente, possono migliorare tattica­mente ma si fermano lì. In primo luogo, devi convincerli che quelle qualità le de­vono mettere al servizio della squadra. Quindi, devi avere pazienza e essere cre­dibile nel senso che i ragazzi devono cre­dere in quel che proponi”.

In queste settimane è venuto qualcuno a dirle: mister non ce la faccio…

“Sì che è capitato. Ma è il generale pro­blema dell’apprendimento: arriva un momento in cui hai l’impressione non so­lo di non andare avanti, ma di tornare in­dietro. Allora il ragazzo viene e ti dice: io sapevo fare A, perché lei mi vuol far fa­re B? E tu devi convincerlo che non vuoi che lui smetta di fare A ma che vuoi met­terlo nelle condizioni di fare anche B”

Quando questa crisi è affiorata?

“In qualche partita di Europa League. Poi una cosa è che in un contesto conso­lidato inserisci un paio di giovani, altra cosa è che ne butti in campo tanti e tutti insieme. Adesso, però, va meglio”.

Va così bene che domenica avete na­scosto il pallone alla Roma…

“La Roma è più forte di noi e risultati come questi producono autostima: i ra­gazzi si convincono che sono sulla strada giusta”.

Poi lei è uno specialista nel rifilare gol a grappoli alla Roma. Predisposizione naturale, caso o studio scientifico?

“E’ un caso, solo un caso…”

Forse la Roma la ispira.

“No, non in maniera particolare: io le partite vorrei vincerle tutte”.

Può essere la vittoria della svolta defi­nitiva?

“Il fatto è che ogni anno bisogna co­minciare da capo. Anche quest’anno, d’altro canto rispetto alla passata stagio­ne giochiamo in maniera diversa”.

Perché?

“Perché abbiamo cambiato tutto l’asse centrale: un difensore, Kjaer, abbiamo inserito Bacinovic e Ilicic. Lo stesso Pa­store lo scorso anno all’inizio non era ti­tolare visto che giocava Simplicio”.

Ilicic è una vera forza della natura…

“Forse va così bene perché non parla italiano e non mi capisce… Scherzo, ov­viamente. Il fatto è che ha una dote natu­rale: sa stare in campo. Non si sa bene quale sia il suo ruolo ma può farne tre, centrocampista, trequartista e attaccan­te. Ha grande tecnica e le sue giocate non sono mai banali”.

Poi, però, avete bisogno di un “vec­chietto” come Miccoli. Quanto aggiun­ge?

“Miccoli in carriera ha raccolto meno di quanto avrebbe potuto raccogliere. Forse si allenava un po’ meno, forse inse­guiva più la giocata. Ma un grande gioca­tore deve essere un esempio e Miccoli ora lo è. Qui ha trovato la dimensione giusta, ha sposato la causa”.

Aiuta una città come Palermo?

“Sì. Palermo non è una città opprimen­te. I tifosi vivono il momento, sono ap­passionati ma discreti”.

Non è Roma…

“Non è Roma, non è Napoli, non è Sa­lerno”.

Una situazione che l’aiuta.

“Un allenatore si deve adattare all’am­biente: se mi trasferisco in Russia non posso pensare di essere lo stesso di Pa­lermo. Quando sono arrivato, ho sentito le aspettative che venivano riposte in me. E questa situazione mi ha dato grandi motivazioni”.

C’è una partita in questo avvio di sta­gione che rigiocherebbe?

“Mi piacerebbe giocare di nuovo quel­la con la Lazio: il risultato finale fu bu­giardo”.

Per il fatto che la Lazio tirò una sola volta in porta…

“A dir la verità superò una sola volta la metà campo. Ma non è un dramma, que­sto è il calcio”.

In che misura è maturato Pastore?

“Pastore è un giocatore di grande ta­lento, il giocatore più talentuoso che io abbia mai avuto. Lo scorso anno tutti era­no anmmirati dalle sue giocate. Ora, pe­rò, è arrivato il momento del salto di qua­lità: da giocatore talentuoso si deve tra­sformare in uomo-squadra”.

A volte lo è.

“Sì. A volte, però, gioca un pò troppo per se stesso. Ma è normale: è titolare da un anno appena”.

Anche Munoz sembra aver superato alcune incertezze iniziali.

“Con i giovani è così, c’è sempre il mo­mento della crisi. Munoz è arrivato che aveva diciannove anni, sostituiva un di­fensore molto giovane come Kjaer che, però, aveva avuto due anni per inserirsi”.

In che cosa deve migliorare?

“Dal punto di vista tattico”.

Lo ha ammesso lui stesso: all’inizio non ci capiva nulla.

“Ora sta cominciando a capire. Ma è normale: solo chi non è abituato a lavora­re con i ragazzi non lo capisce”.

Una questione di pazienza. Il suo pre­sidente è paziente?

“No, ma tutti i presidenti che ho avuto non lo erano”.

La vittoria con la Roma fa pensare a una vostra crescita continua, a un giro­ne di ritorno decisamente felice…

“Con i ragazzi devi avere la possibilità di lavorare. Partecipando a due manife­stazioni, avendo dieci nazionali, tempo per lavorare ne abbiamo avuto poco. Ma credo che se la squadra sarà integrata in certi ruoli, in particolare a metà campo, il nostro girone di ritorno potrà essere molto interessante. L’ho detto quando le cose non andavano bene e lo ripeto ora: questa squadra ha un futuro. Grazie an­che al lavoro di Sabatini: molti di questi ragazzi li ha individuati lui”.

Se la sente di promettere la zona Champions?

“La Roma facendosi battere dalla Samp ha perso lo scudetto e ha fatto per­dere a noi la Champions. Dal punto di vi­sta dei punti, eravamo lì. Quest’anno ci sono squadre più forti del Palermo però tutto può accadere”.

[Alessandro Buttitta – Fonte: www.tuttopalermo.net]