Il primo magico Pescara del profeta Giovanni Galeone

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Esattamente trent’anni fa il Pescara disputava una stagione meravigliosa che sarà ricordata per sempre in riva all’Adriatico.

Il primo magico Pescara del profeta Giovanni Galeone

PESCARA – Molo sud. Un nonno ed un nipote passeggiano nel vecchio porto Canale ascoltando il suono del mare che si infrange sugli scogli. Fa troppo caldo per essere un giorno di Novembre ed il sole picchia cosi forte che non lascia spazi ombrosi per riposarsi o forse si. Il nonno (forse stanco) chiede al nipote se vuole riposarsi nell’unico spazio d’ombra che c’è, sono al porto Turistico ed esattamente sotto il famoso palo verde scuro da dove si può vedere tutta la città come se fosse una fotografia eterna. Il bambino degusta una pizza mentre il nonno si allontana per scartare l’ennesimo pacchetto di Marlboro Rosse, sta per accenderne una quando il nipote, alzando lo sguardo verso qualcosa che si trova di fronte a lui, esclama: “Nonno cosa illuminano quei fari che vedo in lontananza?”. L’uomo rimanda la sua Marlboro nel pacchetto e si risiede accanto al bambino spiegandogli che quello è lo stadio dove gioca il Pescara ma non ci mette più piede da tempo. Il bimbo, però, non si accontenta e chiede al nonno il perché di questa scelta. Lui, con un sorriso malinconico, prende il portafogli, estrae una foto e inizia a recitare, come se fosse un Ave Maria, queste parole: “Gatta, Camplone, Ciarlantini, Bergodi, Benini, Bosco, Loseto, Gasperini, Pagano, Rebonato, Gaudenzi ed il Profeta.”

Un flashback e trent’anni di vita passano davanti agli occhi dell’uomo che inizia a raccontare come un nastro di una cassetta che gira all’infinito. C’è una data, come sempre, a fungere da linea di demarcazione del tempo: è il 15 giugno 1986 e allo Stadio Adriatico si gioca Pescara-Triestina, ultima giornata del campionato cadetto e sfida decisiva perché a lottare per non retrocedere sono Palermo e, appunto, Pescara. Giugno è un mese strano perché l’estate ancora entra nel vivo e le temperature sono spesso ingannevoli ma alle 5 di pomeriggio, a Pescara, c’è un vento gelido perché la squadra perde in casa 2-1, il Palermo vince e la Serie C è una macabra realtà. Sembra l’inizio della fine ma il 26 Agosto uno scandalo colpisce il Palermo ma nulla di che, solo cinque punti di penalizzazione. Il fatto diventa eclatante qualche giorno più tardi quando la squadra rosanero fallisce. Il Pescara viene ripescato in Serie B.

La squadra, secondo molti esperti, non è all’altezza perché allestita per disputare un campionato di Serie C. Tempo al tempo perché la società ingaggia un giovane allenatore alle prime esperienze: Giovanni Galeone, ecco il Profeta. A Pescara si respira una buona aria, si gioca timidamente a calcio con il religioso 4-3-3, anche se le prime uscite non ripagano quanto fatto di buono dagli Abruzzesi ma poiché questa è una storia di Karma, tenacia e destino ecco l’altra data: 4 Gennaio 1987, Pescara-Pisa.  I ragazzi di Galeone non si trovano in cattive acque ed il pubblico, sempre più presente, inizia a credere in qualcosa. L’inizio è drammatico perché il Pescara va sotto ma, come scende il sole, scende anche il Pisa e con le reti di Gaudenzi, Benini e Pagano gli Abruzzesi volano. E’ in questa partita che il pubblico si affeziona a questa squadra perché da li in poi ci saranno altre tre vittorie che proiettano il Pescara secondo al giro di boa.

E’ un campionato che tutti possono vincere ma l’inverno gioca brutti scherzi al Pescara che, nelle prime otto giornate del girone di ritorno, racimola solo 6 punti ma ormai l’affiatamento tra città e squadra va oltre il semplice tifo ed ecco che arriva la terza data di questa storia di Karma, tenaci a e destino:  10 maggio 1987, Riviera delle Palme: Sambenedettese-Pescara. Una marea biancazzurra accorre allo stadio tanto che molti non riescono a capire chi giochi in casa o meno. La fede spasmodica dei tifosi viene ripagata con una doppietta di Rebonato (in quell’anno segna pure quando dorme) e la convinzione che tutto può succedere nel rush finale ed è cosi perché le ultime tre partite sono da urlo. 7 giugno 1987, Pescara-Bologna. Un caldo infernale e più di 30mila persone nel catino infernale dell’Adriatico. Il caldo blocca anche i giocatori e, con il passare dei minuti, il risultato non si sblocca ed il sogno sembra andare in frantumi poi, a qualche minuto dal termine, Pagano prende palla sulla fascia destra saltando con un sombrero un difensore del Bologna, aspetta e mette in mezzo…In quella frazione di secondo un silenzio irreale scende sull’Adriatico ma quando Marchegiani si tuffa come un nuotatore navigato tutti capiscono che quella palla andrà in rete, ci deve andare per forza, 1-0 si va ad Arezzo. Nella terra Toscana altra invasione Pescarese con le barriere che si spezzano a causa della folla pronta a spingere la squadra verso il penultimo passo: serve vincere o pareggiare per giocarsi tutto all’ultima giornata. Il Pescara va sotto ma poi si arriva al ventisettesimo del secondo tempo (segnatevi questo minuto):  Gasperini va a battere un calcio d’angolo dalla sinistra, la alza come meglio non può, Benini svetta più in alto di tutti e insacca, 1-1 e il boato si sente fino a Livorno.

Pescara-Parma

Adesso ci si gioca la Serie A in casa, contro il Parma distante solo due punti in classifica. E’ uno spareggio ma i Pescaresi sono abituati agli spareggi perché già qualche anno prima avevano invaso Bologna. Ora bisognava festeggiare in casa. E’ il 21 giugno 1987, un anno prima il Pescara stava raccogliendo gli stracci di una stagione fallimentare. Si gioca alle 4 ma già due ore prima, e con 40 gradi, lo Stadio ingloba già 42mila spettatori, mai vista cosi tanta gente all’Adriatico. Sventolano centinaia di bandiere, qualche aeroplano sorvola l’Adriatico e c’è chi guarda oltre l’aereo per sperare in una aiuto di divino ma, quando c’è il Profeta non serve guardare in alto. Il Pescara gioca in blu perché già lo stadio è tutto biancazzurro e, all’ingesso in campo delle due squadre, un enorme bandierone ( largo tutta la curva) si leva da sotto a sopra creando un colpo d’occhio mastodontico. Mancano solo 90 minuti al sogno. Tutta Pescara è li, qualcuno anche sugli alberi e c’è anche qualcuno dal cielo che veglia sulla squadra. La tensione non si calcola e la squadra fatica a creare gioco (che quell’anno era spettacolare) fin quando si arriva al ventisettesimo del secondo tempo, ecco il Karma: Dicara manovra in difesa, lancia lungo per Rebonato che (non so come) mette Bosco davanti al portiere. Pausa.

Ecco, questo istante dura un anno per ogni Pescarese presente allo stadio. Un anno di delusioni, gioie e momenti idilliaci. Un anno in cui nessuno poteva lontanamente immaginare di trovarsi ad un metro dalla Serie A. Un anno durato secoli di rivalse e di rivincite alla faccia dei soliti scettici. Bosco controlla il pallone, tutti si alzano ( anche se la maggior parte è già in piedi), lo perde un attimo di vista , anche il sole si ferma per guardare. Poi arriva il tiro, la palla si insacca, rete. Un boato terrificante si leva dagli spalti, l’Adriatico implode su se stesso e c’è chi giura di aver sentito muoversi le fondamenta dello stadio. Sono curioso di guardare cosa hanno registrato i sismografi alle 17.30. Bosco corre, tutti corrono e vanno tutti da lui, dal Profeta. Il maestro del 4-3-3, colui che a Pescara è più di un allenatore e per lui Pescara è più di una città. Città che, alle 17.50 esplode. E’ Serie A. Nella maniera più folle e meravigliosa possibile. Giri di campo, feste, caroselli e Galeone portato in trionfo da una città intera. Una città che è tornata grande anche se agli occhi di tutti lo è sempre. Schermo nero.

Il nonno riapre gli occhi, guarda il nipote con una lacrima che gli solca il viso pieno di rughe, e dice: “Pescara è la mia vita, la mia fede ma , nella sua storia, c’è stata una sola squadra capace di farmi piangere di gioia sempre”. Eh si, perché quella squadra non è stata solo una formazione da tramandare agli almanacchi ma ha rappresentato qualcosa di più per ogni Pescarese. Ha rappresentato la tenacia, la voglia di non mollare mai, la rivalsa, l’onore, la coesione e l’amore per la maglia, l’amore per una città che vive di calcio. E’ ora di andare a casa, il nonno incontra ancora una volta lo sguardo del nipote, lo abbraccia e gli dice: “Domenica ti porto allo stadio, ti porto a sognare ed io ricomincerò a sognare insieme a te.”

Fonte foto: Wikipedia e SoloPescara.com